Cristianesimo e sfide per il futuro. Cinque parole di Paolo Naso, si parte dalla responsabilità

Albert Schweitzer nel 1913 parte da Bordeaux in direzione del Gabon. Lascia l’Europa dei fasti e dello sviluppo tecnico e industriale per aprire un ospedale in uno spazio che fino a quel momento era stato un pollaio. La sua è una medicina in stile africano perché da genio dell’intercultura colloca la sua azione nel contesto che abita.

Hans e Sophie Scholl insieme ai giovani della Rosa Bianca hanno perso la vita a causa della follia nazista nel 1943 perché avevano lucidamente e coraggiosamente scelto di opporsi al regime in maniera civile e non violenta. La loro è una assunzione di responsabilità guidata da una fede sincera.

Johan Adam Heyns era un pastore calvinista vissuto in Sudafrica tra il 1928 e il 1994. Per lungo tempo è stato razzista in una nazione che separava nettamente bianchi e neri e riservava privilegi per gli uni e umiliazione per gli altri. Quando capisce che non si può dare giustificazione teologica alla divisione nota a tutti come Apartheid invita la sua Chiesa a chiedere perdono. Era il 1986, l’alba di un cambiamento epocale. Per il suo impegno riconciliatorio verrà ucciso da un fondamentalista.

Bruno Hussar è noto a come il fondatore di Nevè Shalom, il “villaggio per la pace”: una minuscola esperienza nella quale ebrei, musulmani e cristiani israeliani e palestinesi vivono insieme. Il villaggio a poca distanza da Gerusalemme esiste dal 1972 ed è una profezia: la visione di un mondo nuovo che interpella la storia e le sue dinamiche.

Rosa Parks con il suo atto di disobbedienza civile ha aperto un tempo di cambiamento per tutta l’America. Era una donna semplice, una sarta, ma consapevole del ruolo che la storia le stava affidando quando con convinzione ha rifiutato di cedere il posto sull’autobus a un bianco ed è stata arrestata. 

Il politologo Paolo Naso, ospite di Molte Fedi sotto lo Stesso Cielo lunedì 9 ottobre 2023, ha scelto queste figure come esempi di una fede adeguata alle sfide di questa epoca. Le storie di queste personalità, insieme a quelle di molti altri, mostrano il ruolo che i credenti possono giocare oggi alla luce del messaggio evangelico: non “spettatori” che benedicono i fatti quando accadono, nemmeno “crocerossine della storia” chiamate a prestare soccorso per tutti i mali del mondo, ma soggetti coscienti di sé e capaci e di avviare processi di cambiamento, azioni capaci di far intravedere un’umanità nuova. 

“Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa”. 

Papa Francesco

Naso suggerisce quindi che una delle parole chiave per comprendere il cristianesimo in questa fase storica sia proprio “responsabilità”: una vocazione a dare risposte alle sfide del tempo corrente. La lettura dello studioso di sociologia ed esperto del dialogo tra culture e religioni parte da una constatazione numerica: i dati mostrano come i cristiani nel mondo siano complessivamente aumentati negli ultimi 25 anni.

La loro presenza è drammaticamente in calo in Europa e nei luoghi storicamente legati alla presenza cristiana, eppure molto in crescita in alcune aree geografiche come l’Africa. Ciò fa pensare che il baricentro della vita ecclesiale si sposterà dal Mediterraneo verso altri luoghi come per esempio la Nigeria.

Le periferie della Chiesa saranno nuovi centri

Si tratta di una globalizzazione policentrica: il cristianesimo sarà sempre meno descrivibile attraverso il binomio Europa-uomo bianco. Le nuove forme di vita ecclesiale saranno meno centralizzate e più varie e territoriali. Quelle che oggi sono considerate le “periferie” della Chiesa saranno i nuovi centri. Tutto questo porterà molta diversificazione, sarà quindi necessario trovare la via per custodire l’unità.

Il cambiamento di prospettiva si colloca in una società che conosce il fenomeno della secolarizzazione. Dalle nostre parti lo si può identificare con il fatto che le chiese siano praticamente vuote e che dilaghi “l’analfabetismo religioso”, sintomo del fatto che la trasmissione della fede tra una generazione e l’altra sia interrotta.

Il linguaggio religioso viene marginalizzato nel dibattito pubblico perché non gli viene più attribuita la capacità di essere portatore di valori, ma solo retaggio di una cultura ormai al tramonto.

In questo mondo si moltiplicano le forme di “spiritualità” diverse dalle religioni tradizionali e crescono le manifestazioni di “fondamentalismo”: un fenomeno nato nel mondo cristiano quando si è scontrato con la rivoluzione scientifica e la teoria sull’evoluzione della specie e che ora interessa molte comunità religiose.

Eppure, esistono le condizioni perché si esca dalla confusione storica dei ruoli tra potere religioso e civile e si affermi un incontro maturo tra le chiese nella forma di un autentico ecumenismo e un serio dialogo interreligioso. Come già è accaduto durante lo svolgersi del secolo scorso grazie al processo di incontro tra le varie confessioni cristiane, i credenti si possono ritrovare uniti attorno ad alcune sfide epocali quali la giustizia e la pace, la tutela dell’ambiente e il governo delle migrazioni. A differenza di quanto si pensa, c’è grande spazio per la religiosità se accetta la sfida profetica della responsabilità.

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