I cent’anni di Italo Calvino: “Uno scrittore che sta a mezz’aria, tra cielo e terra”

Giorgio Biferali per celebrare i cent’anni dalla nascita di Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985), scrive “Italo Calvino. Lo scoiattolo della penna” (La Nuova Frontiera Junior 2023, Collana “Scrittori del ‘900”, Illustrazioni di Giulia Rossi, pp. 96, 13,50 euro). 

In queste pagine dedicate ai giovani lettori, l’autore rende un vero e proprio omaggio a Calvino, seguendo il filo della sua biografia, raccontando l’uomo e lo scrittore, intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento.

Abbiamo intervistato Giorgio Biferali, nato a Roma nel 1988, che collabora con “l’Espresso”, il “Messaggero” e il “Fatto Quotidiano”.

  • Quando ha voluto approfondire i libri di Calvino? 

«Il mio rapporto con Calvino, uno degli scrittori italiani più conosciuti e tradotti al mondo, si divide in due fasi. Nella prima fase avevo una sorta di repulsione nei confronti della lettura, frequentavo le scuole medie, a scuola ti obbligano a leggere dei classici, e l’obbligo legato al piacere, si sa, non funziona… Allora non amavo leggere, ma, nella seconda fase, leggendo “Il sentiero dei nidi di ragno”, scoprii un mondo e che sì, leggere mi piaceva. L’esperienza nella Resistenza fu fondamentale per il giovane Italo e di Resistenza parla “Il sentiero dei nidi di ragno”, vista attraverso gli occhi di un ragazzino, Pin. Calvino ha avuto il merito di sbloccare qualcosa che c’era dentro di me. Ho approfondito Calvino all’Università, quando frequentavo la facoltà di Lettere, durante la preparazione di alcuni esami, ebbi modo di leggere saggi e romanzi sperimentali di Calvino, quindi conoscere il Calvino meno conosciuto, cioè andare oltre la trilogia fantastica de “I nostri antenati”: “Il Visconte Dimezzato”, “ll Barone Rampante”, “Il Cavaliere inesistente”».

  • Quando Cesare Pavese lesse “Il sentiero dei nidi di ragno” definì Calvino come uno “scoiattolo della penna”. Che cosa voleva dire? 

«Pavese, tra l’altro, grande amico di Italo, aveva intuito la cifra, la poetica e lo stile di Calvino. Una scrittura esatta, precisa, limpida che riesce a farti immaginare le storie, le persone, le cose narrate. Una scrittura che sta a mezz’aria, tra cielo e terra. Un po’ come uno scoiattolo». 

  • È vero che il rapporto con la casa editrice Einaudi fu centrale nelle attività di Calvino, anche se talvolta intermittente ma ricco di incarichi sempre diversi e via via più importanti? 

«Sì, Calvino diceva sempre che nella sua vita si era più occupato dei libri degli altri più che dei suoi. Con Einaudi ha fatto diversi passaggi: prima ha fatto una sorta di venditore porta a porta mostrando il catalogo, poi è diventato un editor, poi ha pubblicato per la casa editrice torinese. Ricordo inoltre che proprio da Einaudi Calvino ottenne il suo primo e unico rifiuto. Se entriamo in libreria e troviamo i libri di Beppe Fenoglio, Elsa Morante e Anna Maria Ortese è anche grazie a Calvino che decise di puntare su quei giovani, perché credeva davvero che avessero qualcosa da dire». 

  • Il mondo di Calvino è come sospeso fra il reale e l’immaginario? 

«Ogni libro di Calvino è così. Penso al Barone rampante, Cosimo Piovasco di Rondò, che si rifugia su di un albero, ma tutta la vita sopra un albero non si può certo vivere». 

  • Chi è “Marcovaldo” (1963) e Amerigo Ormea, protagonista de “La giornata d’uno scrutatore” (1963)

«Marcovaldo, padre di una famiglia numerosa, è un uomo di campagna che va a vivere in città e suo malgrado, si ambienta. Amerigo Ormea, il cognome anagramma della parola “amore”, rappresenta un po’ tutti noi, perché la vita è una continua scoperta. In quella giornata particolare del 1953, l’intellettuale comunista Ormea aveva un compito preciso da assolvere, ma se lo dimentica, perché scopre un altro mondo. Amerigo scopre varie forme d’amore».  

  • Italo Calvino, figlio di Mario, un noto agronomo e di Eva Mameli, una botanica di grande valore, era uno scrittore ecologista? 

«Sì, sua era l’idea di una ecologia universale. La natura è sempre presente nei suoi libri, il suo sguardo spesso si alza verso il cielo per osservare altri mondi. 

  • Che cosa possono insegnare i libri di Calvino agli adolescenti di oggi distratti dai social e dalla realtà virtuale? 

«Probabilmente i libri di Calvino possono insegnare alle giovani generazioni a conoscere sé stessi, a pensare e a immaginare. Calvino era preoccupato per questo continuo bombardamento di immagini e di messaggi dall’esterno, ed è morto nel 1985… In realtà lo scrittore ci invita a chiudere gli occhi e a immaginare qualcosa di diverso e di nuovo che abbiamo dentro di noi, giovani e adulti». 

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