L’appello del cardinale Pizzaballa: “Le bombe portano solo distruzione, odio e rancore. È tempo di fermare questa violenza insensata”

A woman reacts next to the rubble of a building following Israeli strikes on Rafah in the southern Gaza Strip on October 24, 2023, amid ongoing battles between Israel and the Palestinian group Hamas. (Photo by Mohammed ABED / AFP)

“La coscienza e il dovere morale mi impongono di affermare con chiarezza che quanto è avvenuto il 7 ottobre scorso nel sud di Israele, non è in alcun modo ammissibile e non possiamo non condannarlo. Non ci sono ragioni per una atrocità del genere. Sì, abbiamo il dovere di affermarlo e denunciarlo. Il ricorso alla violenza non è compatibile col Vangelo, e non conduce alla pace. La vita di ogni persona umana ha una dignità uguale davanti a Dio, che ci ha creati tutti a Sua immagine”.

A ribadirlo è il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, in una lettera alla diocesi, diffusa oggi, in cui descrive quello attuale come “uno dei periodi più difficili e dolorosi della nostra storia recente”.

“La stessa coscienza, tuttavia, con un grande peso sul cuore – scrive il cardinale – mi porta oggi ad affermare con altrettanta chiarezza che questo nuovo ciclo di violenza ha portato a Gaza oltre cinquemila morti, tra cui molte donne e bambini, decine di migliaia di feriti, quartieri rasi al suolo, mancanza di medicinali, acqua, e beni di prima necessità per oltre due milioni di persone. Sono tragedie che non sono comprensibili e che abbiamo il dovere di denunciare e condannare senza riserve. I continui pesanti bombardamenti che da giorni martellano Gaza causeranno solo morte e distruzione e non faranno altro che aumentare odio e rancore, non risolveranno alcun problema, ma anzi ne creeranno dei nuovi. È tempo di fermare questa guerra, questa violenza insensata”.

Gesù non ha vinto con le armi, ma sulla croce

Volgere lo sguardo “verso l’Alto”, perché “abbiamo bisogno di una Parola che ci accompagni, ci consoli e ci incoraggi. Ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo”.

È l’invito che il cardinale Pizzaballa lancia a tutti i fedeli della diocesi patriarcale. Parlando della guerra in corso tra Israele e Hamas il patriarca ricorda le parole di Gesù ai suoi discepoli alla vigilia della sua passione: “Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).

“Gesù – spiega il cardinale – non dice che vincerà, ma che ha già vinto. Anche nel dramma che verrà, i discepoli potranno avere pace. Non si tratta – rimarca il cardinale – di una pace irenica campata in aria, né di rassegnazione al fatto che il mondo è malvagio e che non possiamo fare nulla per cambiarlo. Ma di avere la certezza che proprio dentro tutta questa malvagità, Gesù ha vinto. È sulla croce che Gesù ha vinto. Non con le armi, non con il potere politico, non con grandi mezzi, né imponendosi. La pace di cui parla non ha nulla a che fare con la vittoria sull’altro. Ha vinto il mondo, amandolo. Una pace così, un amore così, richiedono un grande coraggio”.

“Le nostre parole devono essere creative”

E “avere il coraggio dell’amore e della pace qui, oggi, – ha avvertito Pizzaballa – significa non permettere che odio, vendetta, rabbia e dolore occupino tutto lo spazio del nostro cuore, dei nostri discorsi, del nostro pensare. Significa impegnarsi personalmente per la giustizia, essere capaci di affermare e denunciare la verità dolorosa delle ingiustizie e del male che ci circonda, senza però che questo inquini le nostre relazioni. Significa impegnarsi, essere convinti che valga ancora la pena di fare tutto il possibile per la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la riconciliazione. Il nostro parlare non deve essere pieno di morte e porte chiuse. Al contrario, le nostre parole devono essere creative, dare vita, creare prospettive, aprire orizzonti. Ci vuole coraggio per essere capaci di chiedere giustizia senza spargere odio. Ci vuole coraggio per domandare misericordia, rifiutare l’oppressione, promuovere uguaglianza senza pretendere l’uniformità, mantenendosi liberi. Ci vuole coraggio oggi, anche nella nostra diocesi e nelle nostre comunità, per mantenere l’unità, sentirsi uniti l’uno all’altro, pur nelle diversità delle nostre opinioni, delle nostre sensibilità e visioni. Io voglio, noi vogliamo essere parte di questo nuovo ordine inaugurato da Cristo”.

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