Molte fedi, Agnese Moro e il cammino della giustizia riparativa: “Pensavo fossero mostri, sono persone”

Franco Bonisoli aveva 23 anni quando, il 16 marzo 1978 in via Mario Fani, a Roma, sparò contro gli agenti della scorta dell’onorevole Aldo Moro fino a provocarne la morte. Fu uno dei protagonisti del fatto più grave degli “anni di piombo”: un avvenimento che condizionò profondamente la vita politica italiana. 

Agnese Moro, terza figlia del Presidente dalla Democrazia Cristiana e co-autore del cosiddetto “compromesso storico” ovvero l’accordo di collaborazione tra la DC e il Partito Comunista Italiano, aveva 26 anni.

Quella mattina entrambi persero qualcosa di importante: Franco l’innocenza in nome degli ideali di giustizia interpretati nella forma della lotta armata dalle Brigate Rosse, Agnese un padre molto amato. Il Paese perse un grande statista e rischiò di vedere compromessa la tenuta della democrazia. 

Per anni entrambi hanno vissuto con una insostenibile eredità: la storia ha attribuito al primo il ruolo di carnefice e alla seconda quello di vittima. Benché indagini e processi abbiano fatto chiarezza sulle dinamiche e le responsabilità e siano state emesse dalla magistratura delle condanne, il peso sulla coscienza delle persone non si può alleviare. L’attentatore non potrà in alcun modo rimediare al male fatto, la vittima non potrà riabbracciare le persone perdute. 

A distanza di molti anni da quel delitto accade l’inatteso. Si avvia un processo di ascolto che consente a Franco Bonisoli di rielaborare il proprio percorso di vita, esprimere una presa di distanza dalla violenza degli anni ’70, trovare le parole per potersi rivolgere alle persone a cui ha causato sofferenza.

Un percorso parallelo è quello vissuto dalla figlia di Moro, che agli inizi degli anni 2000 convive con la certezza che le persone che hanno ucciso il padre siano dei “mostri” ma che, poco per volta, accetta l’idea di poter incontrare uno dei responsabili del sequestro e dell’esecuzione del padre. 

A raccontare lo sviluppo degli avvenimenti è la stessa Agnese, ospite lunedì 23 ottobre 2023 di Molte Fedi Sotto lo Stesso Cielo. “Il giorno dell’incontro con Franco in casa mia, nel 2010, mi sono chiesta se dovessi togliere le foto di mio padre dalle pareti. Mi sono detta che non dovevo tacere la mia identità”.

Bonisoli si presenta in casa Moro con una piantina in mano e parla con voce gentile. Risponde alle domande e dimostra di “avere dei sentimenti”. Agnese Moro ripete al pubblico che riempie la chiesa di Santa Lucia in Bergamo: “Pensavo fossero mostri, ho scoperto che anche loro sono persone”. 

Quello che si è concretizzato tra Bonisoli e Moro è il cammino della giustizia riparativa, un percorso lungo e articolato che nasce dall’ascolto profondo e consente di mettere in dialogo persone altrimenti destinate a contrapporsi per sempre. La giustizia riparativa cerca di affrontare i crimini più gravi superando la prospettiva “reo-centrica”, prendendo in considerazione la condizione delle vittime oltre che le responsabilità dei criminali, cercando di porre le condizioni perché le parti opposte si incontrino e si avviino azioni volte a riparare i danni generati.

Adolfo Ceretti, criminologo ed esperto di questo approccio, la descrive così: “Nella comprensione della giustizia le vittime non erano considerate: ci si concentra solo sul colpevole. Si ignorava il vissuto della vittima, imprigionata in un eterno presente che alimenta l’odio. L’odio dà un ruolo a sé e al nemico. La giustizia riparativa cerca di liberare vittime e carnefici dai loro inferni”. 

A distanza di 45 anni, Agnese e Franco, non più giovani, si trovano di frequente davanti a platee di persone, studenti soprattutto, a raccontare la loro vicenda e a testimoniare che una possibilità di riscatto è possibile, anche quando si tratta di un crimine efferato. Perché, afferma Agnese Moro, “I fantasmi li puoi odiare. Le persone no. Quando capisci che il colpevole è una persona, allora cambia tutto”.

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