Settimana lunga o corta a scuola. Speranze di un insegnante

La questione è seria e decisamente “calda”. In diversi istituti comprensivi in questi ultimi anni e anche in questi mesi si è giocata la partita importante inerente la scelta della “settimana lunga”, ossia da lunedì a sabato, o “corta”, da lunedì a venerdì, per i ragazzi delle scuole secondarie di primo grado.

Ciò che qui vorrei proporre non sono riflessioni pedagogiche, per le quali preferisco rimandare a chi ha studiato queste questioni in modo approfondito sia a livello di didattica che di impatto psicopedagogico su studenti e docenti, ma semplicemente le speranze che, come insegnante di religione delle “scuole medie” (permettetemi di chiamarle ancora così, per brevità), coltivo mentre assisto alla presentazione delle diverse prospettive e alle decisioni che ne conseguono.

La prima speranza, quella decisiva, è che la partita che viene giocata abbia come protagonisti gli studenti: sono loro che devono vincerla. Occorre pertanto che le riflessioni che vengono proposte sul tema dell’orario e dei giorni di presenza a scuola pongano al centro quello che è il bene per i ragazzi.

Se con la settimana “lunga” la distribuzione oraria su sei giorni permette mattinate di cinque ore (con due pomeriggi nelle scuole dove le ore sono 36 e non 30), così che i ragazzi all’una possano rincasare e organizzare poi il pomeriggio tra studio e sport/musica/gioco ecc., diversa è la settimana “corta”, che prevede tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, sei ore di impegno scolastico, dalle 8 alle 14 (oppure cinque ore al mattino e tre pomeriggi da due ore o due pomeriggi da tre ore, se le ore sono 36).

Ora, il bene per gli studenti qual è? Io spero che a dettare un suggerimento di risposta non sia la golosa occasione del “sabato libero”, ma una seria riflessione sulla didattica e su quelle che sono le persone che abitano le nostre classi.

Sappiamo bene che il livello medio di attenzione sta scendendo in modo preoccupante e viene quantificato in pochissimi minuti; molti docenti si stanno impegnando ad adeguare le loro modalità di insegnamento, specialmente sul versante della spiegazione dei contenuti, alla situazione dei ragazzi di oggi.

Tuttavia, va ricordato che non ogni materia si presta facilmente a questi passaggi. Se io posso ipotizzare, in religione, di spiegare in modo alternativo, ad esempio con lavori di gruppo, brevi video, articoletti o confronti a gruppetti su un tema dato (esponendomi comunque al rischio che apprendano ben poco…), lo stesso non può essere fatto da chi insegna matematica o grammatica.

Se siamo seri, dobbiamo dirci che la lezione frontale resta necessaria, almeno per una buona parte dell’ora di alcune discipline. Un’altra speranza: spero che le scelte fatte non siano di comodo per i genitori.

Sì, lo dico apertamente. Piace a tutti il sabato libero, anche solo per poter riposare un po’di più al mattino e per stare di più in famiglia; e questo va benissimo! Tuttavia, al centro sta il bene dei ragazzi, che hanno bisogno anche di studiare. Ecco, io credo il punto stia proprio qui.

A volte ho la percezione che ciò che alcuni vorrebbero sia che la scuola smettesse di far .. studiare! Ora, che la scuola debba cambiare siamo tutti d’accordo, ma una scuola dove non si impara nulla perché non si studia è destinata a un continuo abbassamento di livello, fino al fallimento della sua missione e a conseguenze sociali gravissime. Ed ecco l’ultima speranza.

Spero che le riflessioni in atto non conducano a un passaggio che sta dando tanto entusiasmo a qualche genitore, ma che è pericoloso a livello educativo: l’abolizione dei compiti a casa.

Pensare che il tempo a scuola possa essere talmente onnicomprensivo da tenere al suo interno la fase di spiegazione, di studio personale, di esercitazione pratica e di consolidamento delle conoscenze, tanto che il ragazzo potrebbe essere restituito alla famiglia, alle due del pomeriggio, con “tutto fatto”, così che resti da gestire solo l’extra scuola, è sbagliato, oltre che ingiusto.

Il tempo di studio a casa è necessario, a meno che non si vada verso una scuola che al mattino fa didattica ordinaria e al pomeriggio mette a disposizione docenti (pagati!) per far studiare i ragazzi e aiutarli nei compiti. C’è da riflettere seriamente su tutto questo, pena la rovina del futuro dei nostri ragazzi. 

  1. Purtroppo si assiste nei media ad una continua critica verso la nostra scuola, a confronti con i modelli di scuola in altri paesi del mondo, che viene sempre presentata migliore di quella italiana: senza compiti per casa, con la settimana corta, con apertura anche nei mesi di luglio e agosto… Purtroppo l’abbassamento dei livelli di apprendimento dei contenuti è dovuta principalmente all’ introduzione di tanti, anzi troppi argomenti, all’ interno dei libri scolastici, e davvero tante iniziative di formazione al di là dello studio. Sarebbe meglio studiare alcuni argomenti essenziali, ma studiarli in modo approfondito. Sarebbe meglio dedicare il tempo scuola allo studio e lasciare altre attività in forma opzionale. Certamente la didattica deve essere migliorata e non solo con la differenziazione tra lezione frontale o lezione partecipata, ma semplicemente con la ricerca e la formazione dei docenti sulle metodologie più indicate per le diverse fasce di età, soprattutto nelle fasi di passaggio tra ordini di scuola.
    Quale modello di settimana sia la migliore, dovrebbe essere evidente tra qualche anno, bisogna provare. Non sono né favorevole né sfavorevole a nessun modello, ciò che conta è capire se il sistema sia efficace o meno in base all’ evidenza dei risultati. Per ora non ci sono dati sufficienti per fare confronti.

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