I santi della porta accanto. Enzo Romeo: “Uomini e donne che hanno fatto i conti con la fatica dell’esistenza”

“I santi sono sempre qui, in mezzo a noi”, ha dichiarato anni fa Papa Francesco durante un’udienza generale. A loro ci affidiamo chiedendo consiglio, protezione e luce soprattutto in quest’ultimo periodo così faticoso e pesante, che ha messo a dura prova la pazienza e la tolleranza di tutti. 

Enzo Romeo, caporedattore vaticanista del Tg2 e saggista, nel suo ultimo libro“Santi per i giorni d’oggi” (Gruppo Editoriale San Paolo 2023, Prefazione di Vincenzo Vitale, pp. 268, 18,00 euro), raccoglie “Donne e uomini per tutte le stagioni”, come recita il sottotitolo del testo. 

La copertina del volume

Nel volume, che contiene i ritratti di 185 tra santi e sante di ogni epoca comparsi sul settimanale “Credere”dal 2019 al 2023 divisi per stagione, Romeo prende spunto dall’oggi, dai fatti del quotidiano che hanno accompagnato in modo spesso molto duro questi ultimi anni, per lasciare che la santità lo attraversi proponendo modalità nuove e originali per parlare della scelta di Dio che non solo è possibile ma necessaria. Un percorso che avvicina i santi alla vita di tutti i giorni.

Abbiamo intervistato Enzo Romeo, nato a Siderno nel 1959, che collabora ai periodici “Credere” e “Jesus” e da inviato ha seguito le vicende internazionali degli ultimi decenni, oltre ai viaggi dei pontefici da Giovanni Paolo II a Papa Francesco. 

  • Come è nata l’idea della rubrica sul settimanale “Credere” “Santi per il giorno d’oggi”?

«I responsabili del settimanale della San Paolo mi hanno proposto di curare questa rubrica che chiude ogni numero della rivista. “Credere” è un periodico che propone storie legate alla fede cristiana e approfondisce tematiche di vita religiosa ed ecclesiale. L’idea è di legare un avvenimento della cronaca nazionale o internazionale alla figura di un santo o di una santa. Poiché i santi non sono essere disincarnati, ma uomini e donne, che hanno fatto i conti con i problemi e la fatica dell’esistenza. Proprio come noi». 

  • Qual è il significato dei santi oggi in un mondo che cambia in continuazione?

«Sono dei cercatori di Dio. La loro vita è segnata dall’incontro con l’Assoluto, con Colui che dà significato a ogni cosa. In questo senso i santi sono attualissimi, perché nella nostra epoca fluida, dove tutto svanisce e si smarrisce, serve un centro di gravità permanente che dia orientamento e permetta di evitare i naufragi esistenziali oggi purtroppo tanto diffusi».  

  • Il libro inizia raccontando la storia di Basilio, monaco profugo in Occidente. Una storia attuale di uno dei quattro Padri della Chiesa d’Oriente, che portano il titolo di “Grande”?

«Ho accostato la vicenda di Basilio al fenomeno migratorio, una delle questioni cruciali della realtà odierna. Guerre e povertà spingono masse di disperati verso l’Occidente ricco. Ebbene, verso la fine dell’VIII secolo, gli editti iconoclasti di Bisanzio e la minaccia musulmana fecero sì che migliaia di monaci basiliani, sorta di “rifugiati della fede”, approdassero sulle nostre coste, esattamente come fanno oggi migliaia di migranti».    

  • Tante sono le Sante citate nel volume. Qual è quella che più l’ha colpito?

«Difficile fare una graduatoria. Mi piace ricordare Santa Chiara, che per la sua capacità di farsi presente a distanza, è stata proclamata patrona della tv, il mezzo per il quale lavoro. Ma dovendo sceglierne una cito una donna che nel libro non c’è, perché di lei ho scritto nella rubrica dopo l’impaginazione del volume. È Madeleine Delbrêl, che ancora è “solo” venerabile, in quanto la sua causa di beatificazione è in corso. Fu un’assistente sociale francese conquistata dal Vangelo, che nel secolo scorso scelse di vivere in un sobborgo operaio di Parigi, facendosi sorella di tutti e condividendo la vita delle classi sociali più povere».  

  • Chi è Matt Talbot, “il santo bevitore”?

«Un irlandese che fu prigioniero del demone dell’alcol, come purtroppo accade oggi a molti giovani. A ventotto anni, quando aveva ormai toccato il fondo, riscoprì la fede e pian piano riuscì a venir fuori dalla dipendenza. Nel 1925, alla sua morte, tutti lo chiamavano “il santo bevitore”, proprio come il protagonista del famoso racconto di Joseph Roth. A Dublino, nel regno dei pub, chi è tentato di alzare troppo il gomito chiede protezione a Talbot, che Paolo VI proclamò venerabile nel 1975. Davanti alla chiesa dov’è sepolto fece sosta papa Francesco nel 2018 in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie».

  • Come si chiama quel santo “europeista ante litteram” che lega Germania, Francia e Italia?

«È san Bruno di Colonia, il fondatore dei Certosini. Lui fu un migrante all’incontrario. Partì dalla Germania e, passando per la Francia, finì per stabilirsi in Calabria, sull’altopiano delle Serre, tra Sila e Aspromonte. Formatosi negli ambienti rigorosi del Nord, scoprì la dolcezza dei paesaggi mediterranei, che gli infusero gioia e serenità d’animo. L’Europa, formatasi culturalmente anche grazie all’apporto del monachesimo cristiano, avrebbe ancora molto da scoprire da personaggi come Bruno».   

  • Nel volume c’è spazio anche per San Giovanni XXIII, “il Papa della concordia”, ritratto durante il periodo vissuto a Istanbul. Ce ne vuole parlare?

«Ho scritto di Giovanni XXIII a commento della decisione di Erdogan di riconvertire in moschea l’antica basilica di Santa Sofia, a Istanbul. E ho detto che di fronte a simili prese di posizione occorre molta pazienza per non spezzare il filo di dialogo, che comunque è necessario con un paese come la Turchia. La stessa pazienza che ebbe Angelo Roncalli, delegato apostolico in quella nazione negli Anni Trenta, quando un altro uomo forte, Kemal Atatürk, decise di trasformare Santa Sofia in un museo, sottraendola alle dispute religiose. Credo che da lassù dove si trova, Giovanni XXIII starà pregando perché Santa Sofia sia simbolo di unità e concordia fra gli uomini, non di divisione fomentata dal potere politico».   

  • “I santi della porta accanto” come li definisce spesso Papa Francesco. Oltre a San Francesco, quali sono i santi cui si riferisce Bergoglio?

«Certo, la prima figura di riferimento non può che essere il Poverello d’Assisi, in onore del quale Bergoglio ha preso il nome. Ma per lui un altro grande santo di riferimento è Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Nella sua stanza, a casa Santa Marta, Francesco ha una statuina di san Giuseppe sognante a cui tiene molto. “È l’uomo dei sogni, ma con i piedi per terra”, dice spesso il papa di lui. Decisivo per Bergoglio è stato, ovviamente, Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti e di cui durante questo pontificato è stato ricordato spesso il metodo del discernimento. Ma poi ci sono tante figure di santi “ordinari”, quelli appunto della porta accanto. Come Artemide Zatti, l’ultimo a essere canonizzato da Francesco: entrambi appartengono alla storia dell’emigrazione italiana in Argentina. Laico salesiano e infermiere, Zatti nel secolo scorso si dedicò con dedizione totale e generosa alla cura dei malati, specie dei poveri, che tanto a cuore stanno a Francesco».

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