Valfondra: “Lavorare insieme aiuta a guardare la realtà con occhi diversi”

“Guardiamo le nostre realtà con gli occhi della fede: come comunità in cammino. Siamo in una fase di cambiamento e non possiamo stare fermi, anche se non abbiamo un approdo, ci mancano modelli e soluzioni definitive. Abbiamo una strada da percorrere, e l’esigenza di farlo insieme. Da soli si va forse più veloci, ma insieme si arriva più lontano”.

Il vescovo Francesco Beschi nel corso del suo pellegrinaggio pastorale nella fraternità 1 della Cet 4 dell’Alta Valle Brembana nei giorni scorsi ha incontrato un gruppo di volontari delle cinque parrocchie dell’Unità pastorale (Up) Valfondra, che comprende Branzi, Isola di Fondra, Carona, Valleve e Foppolo, piccoli centri che fra tutti contano circa 1.500 abitanti.

C’erano rappresentanti dell’équipe pastorale, del Consiglio degli affari economici, catechisti, volontari che si occupano delle diverse attività delle comunità e del cinema di Branzi, dove si è svolto l’incontro, accompagnati dal parroco dell’Up don Alberto Bongiorno.

Lo spopolamento dei paesi e la riduzione della partecipazione alla vita delle comunità, come è emerso dalle relazioni presentate al vescovo dai partecipanti, richiedono oggi un grande lavoro di riorganizzazione. La presenza di tante chiese, oratori, appartamenti, “strutture che invecchiano e che bisogna mantenere” spinge a riflettere su “quali utilizzare e quali abbandonare”. La diminuzione dei preti sollecita a interrogarsi su come portare avanti le attività di ogni parrocchia. Il calo delle famiglie, delle nascite e le scarse opportunità per i giovani pongono in generale tanti dubbi sul futuro di questo territorio.

“Ci troviamo di fronte a una contrazione dal punto di vista dei numeri – ha sottolineato monsignor Beschi – è un aspetto che non possiamo sottovalutare, così come la crescente indifferenza religiosa e sociale. Ma la Chiesa non è un’azienda o un’istituzione pubblica, perciò la nostra lettura deve essere guidata dalla fede, come un’evoluzione da portare avanti insieme. L’unità pastorale, come tutte le forme che creano collegamenti e sinergie vanno in questa direzione”.

Come può una comunità cristiana – hanno chiesto i volontari – risultare ancora generativa e attrattiva? Il vescovo ha richiamato la sua lettera pastorale sottolineando la necessità di “servire la vita dove la vita accade”, di cercare quindi modi per “offrire significato, speranza e apertura alle dimensioni fondamentali dell’esistenza”, ed essere quindi pronti a investire energie in direzioni diverse, anche se questo vuol dire cambiare, rimettersi in gioco in ambiti nuovi. “È importante la qualità, non la quantità – ha chiarito il vescovo – la profondità, e non l’estensione. Per esempio la celebrazione dell’eucarestia è un’occasione importante. Quando una persona esce dalla chiesa deve avere la sensazione che sia accaduto qualcosa di bello, di positivo nella sua vita”. Dev’essere anche occasione di incontro, per coltivare la dimensione comunitaria, per contrastare l’eccesso di individualismo e di solitudine della società contemporanea: “Non ci si conosce più, non ci si parla più, l’indifferenza relazionale cresce e rischia di diffondersi, ma la vita di comunità può rappresentare un’alternativa a questa tendenza. Certo, un prete sempre di corsa che celebra e poi deve scappare per onorare tutti gli impegni non aiuta a creare questo clima comunitario”.

Il vescovo ha indicato l’importanza di “riconoscere e valorizzare la peculiarità di ogni parrocchia, sapendo che non si può più svolgere tutte le attività in ogni comunità. Si possono trovare soluzioni diverse, per esempio ridurre riti e incontri, oppure aumentare i ministri laici, fino a formare un piccolo gruppo che ricopra diversi incarichi nella vita della comunità. C’è sempre la tentazione di accentrare tutti i compiti sul parroco, ma il soggetto fondamentale da salvaguardare è la comunità, che deve essere protagonista. È importante rafforzare gli organismi di partecipazione”.

Riguardo alla gestione delle strutture, il vescovo ha invitato a “ricercare le ragioni che hanno portato alla loro costruzione, per comprendere se esistono ancora oppure ne sono subentrate altre. Questa verifica può portare a un utilizzo più pertinente, oppure a una rigenerazione e rilancio dove possibile, anche con la collaborazione di altri soggetti, perché i bisogni della società non sono finiti, anzi se ne presentano sempre di nuovi”, senza dimenticare di verificare all’interno di ogni comunità “cosa sia per voi la cosa più importante”.

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