Se il lavoro occupa interamente la vita? Suor Chiara: “Anche l’impegno quotidiano può diventare preghiera”

Cosa fare se il lavoro si prende tutto il tempo della vita? Negli ultimi anni a causa della crisi economica l’azienda dove sono impiegata ha diminuito il personale, le responsabilità sono aumentate, lo stipendio è rimasto sempre lo stesso. Il problema è che la parte della giornata dedicata all’impegno lavorativo si è dilatata moltissimo, rubando spazi alle altre occupazioni, comprese la famiglia e la comunità parrocchiale. Sono così esausta che non riesco più a uscire la sera per partecipare a veglie e incontri. Non posso licenziarmi perché ho due figli ancora piccoli. In un caso come questo la preghiera aiuta ma non basta, cosa mi consiglia?
Laura

Cara Laura, la sua situazione è impegnativa e comprendo la fatica e la stanchezza: lavoro, famiglia, preoccupazione per la gestione della vita quotidiana. Come diceva, la crisi economica non permette di adagiarsi o di prendere la vita con superficialità, soprattutto se ci sono dei figli da educare da accompagnare nelle diverse fasi della loro esistenza.

Forse il lavoro prende la vita, ma per una necessità oggettiva e non per una forma di “idolatria”. Nella sua situazione credo sia difficile trovare il tempo per un impegno in parrocchia o in qualche forma di volontariato, magari pur desiderandolo, perché il quotidiano reclama energie.

Mi sembra di cogliere in lei una dedizione e un impegno quotidiano che possono divenire “preghiera” e offerta al Signore. Occorre recuperare il valore della via del quotidiano come scuola di vita evangelica, occasione di santità, spazio in cui “giocarsi” dentro la vita reale, quella di tutti i giorni, fatta di lavoro, casa, cucina, educazione dei figli, sollecitudine, cura, gioia, fatica, salute e malattia.

Il Vangelo ci parla di tante azioni quotidiane dalle quali Gesù ha tratto insegnamenti e ha additato il profilo del Regno dei cieli. Gesù ha scelto la via dell’incarnazione per rivelarci il volto del Padre ed è stato totalmente uomo, ha camminato sulla terra, ha lavorato, amato, intessuto relazioni significative: non ha disdegnato nulla di ciò che è umano, anzi, da quando Dio si è incarnato, l’umanità è abitata dalla divinità, e noi siamo chiamati a divinizzarci.

Vivere al meglio la vita nell’esercizio faticoso della quotidianità, è il tesoro prezioso da consegnare nelle mani del Signore come offerta a lui gradita, bagnata dal sudore della fronte e a volte dalle lacrime.

Cara Laura, non si scoraggi e non tema, ma viva in pienezza ogni giorno, riempiendolo di amore per Dio e la sua famiglia, attinga dalla preghiera la forza di vivere la via dell’incarnazione come occasione di santità. Le lascio una preghiera di don Tonino bello che può accompagnare nell’avventura meravigliosa dell’incarnazione:

“Maria viveva sulla terra. Non sulle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose concrete. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra. Lontana dalle astrattezze dei visionari, come dalle evasioni degli scontenti o dalle fughe degli illusionisti, conservava caparbiamente il domicilio nel terribile quotidiano. Ma c’è di più: viveva una vita comune a tutti. Simile, cioè, alla vita della vicina di casa. Beveva l’acqua dello stesso pozzo. Pestava il grano nello stesso mortaio. Si sedeva al fresco dello stesso cortile. Anche lei arrivava stanca alla sera, dopo una giornata di lavoro. Anche a lei un giorno le dissero: «Maria, ti stai facendo i capelli bianchi». Si specchiò, allora, alla fontana e provò anche lei la struggente nostalgia di tutte le donne, quando si accorgono che la giovinezza sta sfiorendo. Le sorprese, però, non sono finite, perché venire a sapere che la vita di Maria fu piena di sollecitudini familiari e di lavoro come la nostra, ci rende questa creatura così inquilina con le fatiche umane, da farci sospettare che la nostra penosa ferialità non debba essere poi così banale come noi pensiamo. Sì, anche lei ha avuto i suoi problemi di salute, di economia, di rapporti, di adattamento. Chi sa quante volte è tornata dal lavatoio col mal di capo, o sovrappensiero perché Giuseppe da più giorni in bottega non aveva molto lavoro. Chi sa a quante porte ha bussato chiedendo qualche giornata di lavoro per il suo Gesù, nella stagione dei frantoi. Chi sa quanti meriggi ha malinconicamente consumato a rivoltare il pastrano già logoro di Giuseppe, e ricavarne un mantello perché suo figlio non sfigurasse tra i compagni di Nazaret. Come tutte le mogli, avrà avuto anche lei dei momenti di crisi nel rapporto con suo marito, del quale, taciturno com’ era, non sempre avrà capito i silenzi. Come tutte le madri, ha spiato pure lei, tra timori e speranze, nelle pieghe tumultuose dell’adolescenza di suo figlio. Come tutte le donne, ha provato pure lei la sofferenza di non sentirsi compresa, neppure dai due amori più grandi che avesse sulla terra. E avrà temuto di deluderli. O di non essere all’altezza del ruolo.

Santa Maria, donna feriale, aiutaci a comprendere che il capitolo più fecondo della teologia non è quello che ti pone all’interno della Bibbia o della patristica, della spiritualità o della liturgia, dei dogmi o dell’arte. Ma è quello che ti colloca all’interno della casa di Nazaret, dove tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli della Scrittura, hai sperimentato, in tutto lo spessore della tua naturale femminilità, gioie senza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni.

Santa Maria, donna feriale, liberaci dalle nostalgie dell’epopea, e insegnaci a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza. Allenta gli ormeggi delle nostre paure, perché possiamo sperimentare come te l’abbandono alla volontà di Dio nelle pieghe prosaiche del tempo e nelle agonie lente delle ore. E torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria innamorata di normalità, che prima di essere incoronata Regina del cielo hai ingoiato la polvere della nostra povera terra.

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