Le “donne sante” che rivoluzionarono il welfare, fra storia e società

Quella delle congregazioni religiose femminili è una «grande storia» che ha influito profondamente nella realtà ecclesiale, economica, sociale e civile grazie all’opera che ha visto protagoniste tante donne in epoche in cui le attività erano precluse al sesso femminile. Donne che si sono fatte carico dei bisogni emergenti, contribuendo attivamente al miglioramento della società, quello che oggi chiamiamo «welfare».

Oggi anche le religiose occupano spazi importanti nella Chiesa. Sono alcune suggestioni emerse nel convegno «Donne sante, sante donne. Il prendersi cura di una società che cambia. La santità femminile tra storia e teologia», svoltosi il 16 novembre nell’aula magna del Seminario, a cura della Scuola di Teologia, con il sostegno economico della Provincia.

«Questo convegno — ha detto don Mattia Tomasoni, direttore della Biblioteca diocesana, aprendo i lavori — è l’ultimo passo del progetto “Donne sante», che visto la collaborazione fra le diocesi di Bergamo e Brescia nell’anno delle due città capitale italiana della cultura». Il tema del convegno è stato spiegato da Leonardo Rossi, responsabile scientifico del progetto interdiocesano.

«Per “donne sante” si intende quelle proclamate tali dalla Chiesa, mentre per “sante donne” quelle definite tali dal popolo». Dopo i saluti di Giulia Cornolti, responsabile del Servizio cultura e turismo della Provincia, ha preso la parola Sabrina Penteriani, delegato vescovile dell’ambito cultura. «Grazie a chi ha organizzato questo convegno, che ha visto la sinergia fra due diocesi e ha messo al centro l’intraprendenza femminile in un periodo storico. E con lo stesso spirito le congregazioni religiose possono guardare lontano».

Un vasto impegno sociale

Il primo intervento, sul tema «Sante donne fondatrici a Bergamo nel XIX secolo», è stato affidato allo storico monsignor Goffredo Zanchi, che ha al suo attivo anche diverse biografie sulle fondatrici bergamasche, che ha inserito l’avvio e il successo delle religiose nel movimento cattolico del 1800, impegnato a largo raggio in azione economico-sociale, politico-sindacale e pastorale-sociale. «In quest’ultima rientrano gli istituti religiosi femminili, che hanno dato vita a una prima forma di stato sociale in epoche in cui la politica non era in grado di garantire».

In questo vasto impegno rientrano asili, scuole, orfanotrofi, ospedali, ospizi per anziani e oratori per la gioventù. «Questa attività ha consentito alle donne consacrate di inserirsi pienamente nella vita parrocchiale e sociale, in una impegnativa attività apostolica, in epoche dove la donna veniva considerata nella frase: “Che la cuse, che la tase, che la piase».

Inoltre, la loro azione, in epoca di forte anticlericalismo, ha consentito alla Chiesa di garantire la presenza del cattolicesimo negli strati popolari». Il relatore ha poi parlato di alcune fondatrici bergamasche, come Santa Teresa Eustochio Verzeri, fondatrice delle Figlie del Sacro Cuore. «Era nata leader. Con il suo carattere forte ha fatto comprendere che era falsa l’affermazione secondo la quale le donne non sapevano governare e non potevano diventare madri generali senza dipendere dal vescovo».

Al margine, ma protagoniste

«La santità della donna nella tradizione cristiana» è stato il tema affrontato da Alessandra Bartolomei Romagnoli, docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, che ha fatto un excursus storico sul genio femminile nella Chiesa e nella società.

«Le prime testimoni della Risurrezione sono state delle donne. Andate al sepolcro non trovarono il corpo di Cristo e corsero a dirlo agli apostoli, ma non furono credute. E in tutto il Vangelo viene dato risalto alle donne, nonostante la mentalità della cultura di allora». Papa Luciani affermò che Dio è anche madre.

«Questa affermazione appare già nel XII secolo ed era al centro delle riflessioni dei Padri della Chiesa». La relatrice ha aggiunto che «dal X al XII secolo non ci sono donne proclamate sante, eppure il movimento femminile stava nascendo, nonostante l’imperante mentalità misogina. Invece, dal XIII al XV secolo avviene una esplosione di santità femminile». Infine ha ricordato alcune grandi figure di mistiche e di religiose, come Santa Catarina da Siena, auspicando «una lettura della storia della Chiesa declinata al femminile».

In conclusione l’intervento di suor Marzia Ceschia, docente alla Facoltà teologica del Triveneto a Padova, che ha parlato su «Donne nella Chiesa: con voce propria. Narrazioni, sfide, prospettive in cammino». «Le donne hanno vissuto l’amore di Dio nella marginalità sociale. Anche per questo hanno meglio capito la Passione di Cristo e amato di più Dio». La relatrice ha respinto la tesi secondo la quale le donne vogliono soltanto più potere nella Chiesa. «Da sempre le donne sono al servizio della Chiesa, che non è fatta soltanto da uomini che decidono come dare spazio alle donne. La donna è considerata debole, ma la sua debolezza diviene fecondità e anche teologia». Vari pontefici hanno parlato del genio femminile, restando però in un’ottica idealistica. «Invece, al riguardo, Benedetto XVI, con lungimiranza, ha detto che nella Chiesa era necessaria una ricerca antropologica e culturale sul femminile e sul maschile». Quali le sfide per gli istituti femminili? «Come Papa Francesco, credo stiano nella sinodalità, cioè un concerto a più voci. Chiedere più corresponsabilità non è pretendere più spazi di potere, ma rispettare le diversità come in una sinfonia. La sfida ulteriore è rispondere alle domande di senso dell’uomo, soprattutto quello delle periferie».

Fino al 26 novembre, nella chiesa di San Pancrazio in Città Alta, è allestita la mostra fotografica, in collaborazione con la Fondazione Bernareggi, «Donne illuminate. Religiose d’intuito e innovazione nella società bergamasca». In una viene raffigurata una suora che scruta l’orizzonte dalla prua di una nave. «Il mio augurio — ha detto Sabrina Penteriani parlando di questa foto — è che, come ieri, anche oggi ci siano donne con lo stesso spirito che le spinge a guardare lontano».

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