Torre Boldone, la pala settecentesca di Filippo Comerio torna a splendere

Ad aprile era stata tolta dalla chiesa parrocchiale di Torre Boldone per essere sottoposta a restauro. E il 3 novembre scorso, nell’ambito della festa patronale di San Martino, è tornata al suo posto nella sua primitiva bellezza.

È la pala settecentesca «Maria con i Santi Martino di Tours e Margherita» (olio su tela 220×340), opera di Filippo Comerio (Locate Varesino 1747-Milano 1827). Il restauro, eseguito da Marco Fumagalli sotto la direzione di Vincenzo Gheroldi, della Soprintendenza di Bergamo e Brescia, è stato finanziato dalla Fondazione Credito Bergamasco nell’ambito del progetto «Grandi restauri».

I lavori sono stati presentati la sera del 14 novembre in un incontro in chiesa parrocchiale, alla presenza di un folto pubblico, fra cui l’assessore comunale Stefania Vescovi in rappresentanza del sindaco Luca Macario. «La nostra pala d’altare, frutto della fede dei nostri padri, è tornata a casa nella bellezza dei suoi colori — ha detto il parroco monsignor Alessandro Locatelli aprendo l’incontro —. Le diamo il benvenuto in modo solenne insieme a chi ha curato i passi del restauro». Quattro gli interventi della serata, intercalati da brani musicali del duo flauto e chitarra Podera Mezzanotti.

«Con il restauro di questa tela, che versava in condizioni critiche — ha detto Angelo Piazzoli, presidente della Fondazione — salgono a 108, dal 2007 a oggi, le opere recuperate nell’ambito del progetto “Grandi restauri”. Siamo convinti che ogni restauro non è soltanto salvaguardare le opere d’arte, ma anche conoscere il quadro, l’autore e il messaggio che trasmettono. Inoltre, ridare vita e luce a un’opera d’arte è dire grazie alle generazioni che ce l’hanno consegnata». Questa tela è un piccolo tesoro nascosto. «Il restauro consentirà di approfondire gli studi sul Comerio. Anche oggi ci sono fra noi tanti giovani talenti e nell’arte del restauro siamo i primi al mondo».

La storica dell’arte Rosella Ferrari ha parlato della committenza e della scena raffigurata dall’artista. «Non sappiamo chi commissionò questa pala, ma sappiamo che a fine 1700 l’autore stava lavorando nella chiesa di Ranica, quindi è probabile che venne contattato da qualcuno del nostro paese. Come era prassi, nella tela è netta la separazione tra la sfera celeste, con Maria che tiene in mano dei gigli, simbolo di purezza, gli angeli e un gruppo giovani, e la sfera terrena, dove San Martino e Maria si guardano e il santo con una mano chiede la protezione sul paese, mentre l’altra indica Santa Margherita».

Il restauratore Marco Fumagalli ha ripercorso il cammino di ripristino della tela, cominciando dalla ripulitura, che è stata l’intervento più difficile, soprattutto la parte superiore che appariva ridipinta in epoche posteriori. «Grazie ad alcuni pezzetti de L’Eco di Bergamo sul retro, abbiamo scoperto che era stata restaurata nel 1965, ma non si sa da chi. I visi degli angeli erano rovinati, mentre abbiamo scoperto che il pittore ha raffigurato i vestiti con pennellate velocissime, che dicono la sua grandezza artistica».

Infine l’intervento di Silvio Tomasini dell’Ufficio diocesano beni culturali. «Le 389 parrocchie della nostra diocesi hanno un numero elevatissimo di opere d’arte, ma che richiedono un esercizio imponente di conservazione. Con il restauro di una tela si rende omaggio a un artista che ci aiuta ad avvicinarci a Dio. Un grazie alla Fondazione perché crede nel valore educativo dell’arte». Infine il parroco ha confidato un suo sogno, cioè che la Fondazione pensi anche al restauro di altre tele o della stessa chiesa parrocchiale.

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