Immigrazione, Simone Varisco presenta il rapporto di Caritas e Migrantes a San Paolo d’Argon: “Nessuna emergenza”

Con le immagini dello sbarco della nave Vlora, proveniente dall’Albania, nel 1991, è stato presentato il 32° Rapporto Immigrazione redatto da Caritas e Fondazione Migrantes, recante il sottotitolo “Liberi di scegliere se emigrare o restare”.

Una presentazione avvenuta in occasione dei 30 anni di vita dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, nato prima per l’emigrazione italiana poi per l’immigrazione, Ufficio di cui Don Sergio Gamberoni ha ricordato le varie attività.

La presentazione si è inserita nel contesto della Settimana Tematica “Inclusione e politiche di integrazione” promossa dalla Diocesi di Bergamo nel Progetto FILEO. Simone Varisco, di Fondazione Migrantes, intervistato dal giornalista de L’Eco di Bergamo Andrea Valesini, ha fatto una panoramica generale del rapporto, numeri alla mano, e alcune riflessioni su come il tema dell’immigrazione sia stato trattato nel corso degli anni, anche dal punto di vista della comunicazione e della politica. 

Nessuna emergenza, numeri stabili

Questo video mostra ciò che è un’emergenza. Oggi siamo nelle condizioni di un’emergenza? No: i numeri ci dicono che non c’è né un’invasione, né  una crescita significativa della mobilità”.

Varisco ha ricordato i primi profughi che arrivarono in Italia: si tratta dei dalmati e fiumani, accolti in 193 campi profughi, i primi dell’epoca contemporanea, creati per accogliere chi arrivava dagli ex territori italiani.

Pochissimi restarono in Italia: non si sentirono accolti in quella che era a tutti gli effetti la loro patria. Oggi si parla di Italia come Paese di transito, come situazione di emergenza in quanto ad arrivi, ma se guardiamo alla Storia, già nell’immediato dopoguerra il Belpaese è un Paese di transito, a cominciare  dagli ebrei della Diaspora. Dal 1956 al 1960 sono più di 17 mila i profughi che passano dall’Italia”. 

I primi immigrati furono soprattutto lavoratori e studenti, ma anche dissidenti politici. Un’immigrazione invisibile, fino al 1973, anno in cui gli immigrati superano per numero gli emigrati e l’Italia da Paese quasi esclusivamente di emigrazione di massa diventa un Paese prevalentemente o quasi di immigrazione, senza che l’emigrazione si fermi.

Si tratta di un’immigrazione in sordina, legata soprattutto ad alcuni lavori molto particolari come i minatori, quasi invisibili nel tessuto sociale, oppure il lavoro domestico e gli studenti. Gli stranieri sono per molti anni europei: per esempio a Milano negli anni ’60 vivono 150 mila stranieri residenti, tra svizzeri, tedeschi, francesi e inglesi”. 

Un’immigrazione invisibile, ma non per la Chiesa

L’immigrazione in quegli anni è invisibile ma non per tutti: “non lo è per la Chiesa: è tra le prime istituzioni ad attivarsi, anche per ragioni storiche: abbiamo dei missionari di emigrazione, forte di una tradizione di vicinanza anche geografica agli italiani che emigravano all’estero”.

L’immigrazione inizia ad essere più visibile con l’assassinio di Jerry Maslo, richiedente asilo, a Villa Literno, nel 1989. “Con primi anni 2000 e con il superamento della soglia del milione di stranieri residenti in Italia, si scopre il tema forte dell’immigrazione e ci si accorge che il tema della mobilità è in grado di spostare voti, può essere cavalcato politicamente e viene strumentalizzato soprattutto in tema di sicurezza. Gli mmigrati vengono visti come portatori di insicurezza, terrorismo, criminalità”.

Uno sguardo su questo fenomeno che Caritas italiana e Fondazione Migrante, anche attraverso questo rapporto, stanno cercando di cambiare, per una narrazione più corretta e completa: “Oggi sono circa 5 milioni 50 mila i cittadini stranieri regolarmente residenti, meno del 9% della popolazione. Non sono numeri da invasione: siamo in una fase di stabilizzazione della mobilità”.

Dati alla mano, da sola la Lombardia assorbe quasi un quarto di tutte presenze nazionali, il 23,1%; alcune presenze storiche, come quella tunisina, senegalese, cinese e filippina, stanno diminuendo. 118 mila 886 gli stranieri residenti a Bergamo e provincia, provenienti in prevalenza da Marocco, Romania, Albania, India e Senegal. 

Parlare di cultura per superare la narrazione dell’emergenza

La novità del Rapporto Immigrazione di quest’anno è data dal focus sulla cultura: “Si tratta di un tema forte ed efficace per superare la narrazione dell’emergenza, che descrive i migranti come tutti poveri, bisognosi. Invece la cultura è un elemento tipico di un radicamento, di un contributo sociale ed economico, politico, civile, della vita del quotidiano”.

La cultura declinata in tante forme: dalla formazione ai racconti, al linguaggio come segno del cambiamento, fino al cinema. Per finire, non manca l’elemento riguardante la spiritualità:  aumentano gli stranieri ortodossi, con l’arrivo massiccio degli ucraini a causa della guerra; più della metà degli stranieri sono cristiani, 53%, meno di un terzo sono i musulmani. 

Un rapporto che non si rivolge solo agli addetti ai lavori, e che nel suo approccio vuole “provare a superare una narrazione strumentale e molto banalizzata e banalizzante sull’immigrazione”, per andare oltre, attraverso un linguaggio che sia ponte e via di uscita dagli stereotipi.

Per chi fosse interessato, qui una sintesi del Rapporto Immigrazione 2023. 

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