Il mestiere delle armi: costruire la pace è un impegno di tutti

Nel mondo muoiono ancora tante, troppe persone a causa di guerre, violenza e attentati terroristici. Come profeticamente ricordava  cinquant’anni fa don Lorenzo Milani, a soccombere non sono soprattutto militari di professione, bensì civili inermi e spesso ignari di quanto stia loro capitando.
Se il mondo fosse davvero civile e unito, non potrebbe non scandalizzarsi di questa evidenza che colpisce i più indifesi e deboli.
Eppure da 50 anni, si grida, a volte si manifesta (per la verità sempre meno) si riempiono pagine di articoli e titoli  e intanto si continua a morire per gli atti di “arroganza” di qualcuno. Basta guardare a quanto accaduto e accade in Ucraina, in Siria, in Israele e molti altri posti al mondo.
Le Nazioni e  gli Stati democratici sono ormai incapaci di imporre l’obbligo e la fatica del dialogo nella soluzione di contese e conflitti.

L’organizzazione delle Nazioni Unite, nata con ottimi principi, oggi è uno strumento superato e inefficace per ottenere il rispetto del diritto internazionale e per evitare che la supremazia violenta di uno Stato, possa imporsi con la forza militare su un altro, o su minoranze etniche presenti nello stesso Stato (vedi Nagorno Karabackh). 

Servirebbero una nuova organizzazione e un nuovo ordine mondiale che vadano oltre il diritto di veto e  possano intervenire con una forza internazionale persuasiva, prima ancora che militare, con tutti gli strumenti  di pressione sociale, economica, finanziaria da mettere in atto, nei confronti dello stato “spaccone”, “aggressivo”, “violento” e con mire imperialiste. 

Ma perché tutto questo, a parte tiepidi tentativi, fino ad oggi non avviene? 

“Pecunia non olet ” dicevano i latini, ad indicare che la violenza e le guerre nella storia, come ai nostri giorni, producono ricchezza non solo alle aziende direttamente coinvolte in armamenti, ma anche in tutto l’indotto che ruota, attorno alla guerra e agli approvvigionamenti… (energia, materie prime, alimenti, tessile, farmaci, cybersecurity, tecnologie, intelligenza artificiale ecc…) 

Molte frange della società e dello Stato incassano molto più di quanto gli stessi Stati finanziano a favore della Nazione invasa, attraverso contributi per aiutarla a difendersi contro l’oppressore. E allora l’oppressore rimane al suo posto per lunghi anni e quasi ci si dimentica dell’atto iniziale perverso e violento e intanto la vita scorre. 


Ma il mestiere delle armi si esplica anche attraverso la parola, che a volte “uccide più della spada” come ricorda il libro del Siracide.  Mai come di questi tempi il verbo, la parola è diventata in molti casi, arma di violenza contro qualcuno, a volte solo colpevole di aver segnalato un abuso nel rispetto delle regole di convivenza. 
Vedasi quel guidatore picchiato al semaforo solo per aver redarguito un comportamento scorretto e pericoloso. 


Il mestiere delle armi è particolarmente diffuso anche nelle relazioni affettive. 
Quanti fidanzati, mariti e mogli e compagne intendono la loro relazione come una sorta di sottomissione silenziosa dell’altro, esercitando un condizionamento ed una soggezione che nulla a che fare con il vero amore. 

Soggiogare l’altro per soddisfare i propri interessi, le proprie esigenze, a tal punto che, quando il partner si rende conto di questo meccanismo e cerca, di liberarsene, si usa la forza e la violenza per ripristinare quella supremazia che si vuole mantenere a tutti i costi. Quanti fatti di cronaca ci testimoniano questo e proprio a partire dalle relazioni familiari, affettive e parentali. 

L’amore è libertà, l’amore è liberazione e il dono reciproco della propria libertà, del proprio corpo e della propria anima per imparare a volere il Bene dell’altro/a, anche quando passa attraverso una mia sofferenza e una privazione per me. 

Il mestiere delle armi, oggi passa anche attraverso l’indifferenza e il tentativo subdolo di manipolare emotivamente la gente, infarcendo la loro esistenza di surrogati, fake news appositamente costruite e distogliendola dai veri problemi. 
Si viene portati a pensare e dire che: “tanto non cambierà mai nulla” oppure “ognuno ha le sue ragioni” o “chi ci aiuta a distinguere tra verità e fake news”? 

Un tempo le uniche vere armi per le persone erano il voto e lo sciopero, ma oggi il primo sembra diventato sempre meno significativo per una maggioranza di persone scoraggiate e il secondo uno strumento solo per mere rivendicazioni contrattuali e poco efficace per arrivare a risolvere le grandi ingiustizie sociali. 

L’unica arma veramente efficace che dovremo riscoprire è reimparare ad usare quotidianamente la nostra capacità di ragionare, distinguere e discernere. 

Che si tratti di sanità o di politica, di religione o di famiglia, di guerra, di pace, di divertimento, per reimparare a discernere è utile sperimentare momenti di silenzio, per entrare dentro noi stessi, per incontrare la parte più vera di noi e lì in questa assenza di distrazioni, emergerà la verità su noi stessi e ciò che ci circonda e quindi anche su ciò che accade. 

Saremo così pronti ad uscire da un certo “sonnambulismo emotivo” per ritornare a “sporcarci le mani” in prima persona con impegno e con gioia e soprattutto a far di nuovo risplendere il “giardino” che ci è stato affidato. 

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