Anno di volontariato sociale, un modo per mettersi alla prova. Le storie di Davide, Francesca e Giorgia

L’anno di volontariato sociale è un progetto che affonda le radici tanti anni fa nella vicenda di Caritas Italiana, come progetto parallelo alle esperienze di servizio civile.

In questi anni il progetto nella sua strutturazione generale, ma con alcune differenze rispetto all’originario, è stato rispolverato per affrontare una questione propria di questi anni: le conseguenze del covid hanno segnato profondamente ciascuno di noi, ma sicuramente i giovani ne hanno fatto le spese più importanti.

Gli anni della didattica a distanza, l’impossibilità di stare insieme e la mancanza di alcun tipo di pensiero ed azione rispetto alle fasce giovanili della popolazione ha lasciato alcuni strascichi.

Essi riguardano soprattutto le capacità relazionali e di confronto con le altre persone, quelle che chi si occupa di competenze lavorative definirebbe “soft skills”. Così Caritas diocesana Bergamasca, in particolare con l’area Young Caritas (che si occupa di tutti i progetti di volontariato e sensibilizzazione che interessano le persone da 0 a 30 anni) insieme all’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro ha redatto il progetto “Social_Net_Work” che da ormai tre anni permette delle esperienze di volontariato strutturate e riconosciute con un piccolo rimborso a diversi giovani della nostra provincia.

Potremmo parlare a lungo del perché e del come di questo progetto, ma crediamo che le parole di chi lo sta vivendo, di chi sta approcciando e di chi ha terminato la propria esperienza possano farlo molto meglio.

La voce di Davide: “Mi rendo utile nella mia comunità”

Il racconto di Davide: “È ormai un mese che ho iniziato questa nuova avventura chiamata “Progetto AVS” ed era tutta estate che aspettavo di cominciare. Tutto partì all’inizio di marzo, quando Don Chicco Re, curato della parrocchia di Monterosso, il luogo dove svolgo il progetto, mi chiese se mi avrebbe fatto piacere intraprendere questa esperienza ed io non aspettavo altro che me lo domandasse.

Ne ero già a conoscenza perché una ragazza dell’oratorio stava svolgendo il suo anno di volontariato sociale, era felice e lo notavo; anch’io volevo essere felice facendo ciò che più mi piace: stare con le persone.

Con gioia ho accettato la proposta, per vari motivi: prima di tutto è un modo per mettermi alla prova e rendermi utile all’interno della mia comunità, in secondo luogo mi permette di essere legato al mio oratorio e per me questo è fondamentale: avevo paura che alla fine della scuola superiore me ne sarei staccato iniziando la vita universitaria, ma per fortuna non è stato così, infine ho la possibilità di mettere da parte dei soldi e di spenderli per le mie necessità, pesando un po’ meno sui miei genitori.

Come dicevo ho iniziato da poco più di un mese il mio volontariato in oratorio e già alcune delle mie aspettative si sono avverate: ogni volta che arrivo e prendo le chiavi in mano mi sento protagonista, so che ogni cosa che farò serve per migliorare questo luogo, dal raccogliere le cartacce per terra a sistemare gli spazi comuni, dall’aiutare i bambini nello spazio compiti fino agli incontri la domenica sera con gli adolescenti.

Ancora devo iniziare il percorso di formazione in cui parteciperò a incontri riguardanti varie tematiche, ma sono certo che mi saranno utili per approcciarmi ancor meglio al mio compito: fa tutto parte di un percorso di crescita che mi aiuterà a migliorare come persona.

La parte che mi piace di più è quella del rapporto con le persone, sento di averne tanto bisogno, e l’oratorio è il luogo perfetto per coltivare questa necessità: c’è sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere, e non sono solo coetanei, ma anche bambini con cui giocare e adulti con parlare di argomenti più seri. Ho tanta voglia di crescere con questo progetto, in parte già lo sto facendo, ma ho ancora tanta strada davanti a me e sono sicuro che sia quella giusta”.

La voce di Francesca: “Scopro tante realtà del territorio”

Parla Francesca: “Da qualche mese ho iniziato l’Anno di volontariato sociale collaborando con l’Ufficio pastorale sociale e del lavoro. Si tratta di una realtà che conoscevo da diverso tempo; eppure solo iniziando a viverla dall’interno, ho capito come il contesto in cui mi trovo rende questa esperienza prima di tutto un cammino di incontro e di scoperta.

Ogni giorno sono stupita di fronte alle possibilità che questo percorso mi permette di vivere. Prima di essere un’esperienza del “fare”, è un’esperienza di formazione attraverso la conoscenza di realtà molto diverse. Esse appaiono a primo impatto scollegate, ma si scoprono poi tante connessioni con l’Ufficio attraverso la sua fitta rete sul territorio. Ed è sicuramente una preziosa occasione, per me, di sperimentarmi e accrescere le capacità di relazione e di visione della realtà che mi circonda.

Partecipare alle attività dell’Ufficio significa prima di tutto interessarsi ai grandi temi della sostenibilità ambientale, della pace, della politica e della Costituzione, del lavoro, e molti altri. Si tratta certamente di temi complessi; ho scoperto però come questi, per lo più, passino attraverso l’incontro con persone che lavorano in luoghi e ambiti molto diversi e che, portando la loro esperienza quotidiana, permettono di rendere più concreti i riferimenti che abbiamo.

L’incontro con gli altri rende l’attività dell’Ufficio sempre diversa; di giorno in giorno infatti ci si sposta, fisicamente e non, nel territorio di Bergamo per andare incontro alle realtà là dove operano.

È un lavoro che parte dal territorio e permette di unire idee e stringere relazioni importanti, per poi diffondere sul territorio stesso ciò che è stato unito e consolidato. In queste prime settimane, ho potuto conoscere l’Ufficio attraverso la partecipazione ad incontri, eventi e grazie alle persone che vi lavorano o collaborano da anni.

Fin da subito ho sentito che la mia presenza sarebbe stata valorizzata attraverso compiti e ruoli in cui ho la possibilità di esprimere quelle competenze che di volta in volta vedo crescere. Per tutti questi motivi, e per molti altri, so che l’esperienza di quest’anno è e sarà unica. Mi penso ad una delle tante tappe di un percorso completo, che sta aprendo il mio sguardo attraverso nuove prospettive suoi luoghi e le persone e che mi lascerà strumenti importanti anche per le mie esperienze future”.

La voce di Giorgia: “Servizio e solidarietà con Young Caritas”

L’esperienza di Giorgia: “Ho iniziato il mio anno di volontariato sociale con Caritas Bergamasca durante gli ultimi mesi di università, nel settembre del 2022. Esattamente un anno dopo ho firmato il mio primo contratto di lavoro per continuare il progetto iniziato, ma in veste diversa.

Quando la scorsa estate ho ricevuto la proposta di prendere parte al progetto dell’Avs mi è sembrata un’ottima occasione per sfruttare al meglio, per me e per gli altri, il tempo tra gli ultimi esami, la tesi, la laurea e il mistero del “cosa fare da grande”.

Ho quindi iniziato la mia esperienza di servizio all’interno del piccolo mondo che è l’ufficio Young Caritas di Bergamo. Muovendo i primi passi tra i percorsi di formazione nelle scuole e nelle parrocchie, i diversi progetti di rete, la collaborazione con le realtà del territorio e l’organizzazione delle esperienze di volontariato internazionale per i giovani ho scoperto e riscoperto nuovi lati della mia persona e maturato capacità diverse. 

Se da un lato ho rispolverato gli anni di esperienza come educatrice in oratorio, riadattandoli al contesto scolastico, dall’altro ho avuto modo di dare un senso e un’applicazione agli anni di università (essendomi laureata in Lingue, nel corso di processi interculturali). 

Il microcosmo di Young Caritas è stato, da questo punto di vista, una piacevole sorpresa che mi ha permesso di avere un ruolo anche di responsabilità e di riferimento all’interno dei rapporti internazionali, con l’incontro, la mediazione e l’organizzazione delle esperienze dei giovani.

L’opportunità di poter dedicare un anno ad un progetto di servizio e solidarietà, seppur in una certa misura riconosciuto economicamente, non è da poco. È anzi un passaggio che ha il potenziale di cambiare lo sguardo di chi è coinvolto, per costruire, anche solo nel suo piccolo, una società che si prende cura e che non è indifferente.

Dopo questo anno posso dire cosa voglio fare da grande? Forse no. Ma forse questa rimane, per tutti, una domanda eterna. 

Sicuramente però questa esperienza mi ha aiutato a capire come lo voglio fare: nello stile di incontro con l’altro e nell’attenzione alla vita di tutti i giorni che ho sperimentato quest’anno. 

Un anno che mi ha insegnato e continua a insegnarmi a sbrogliare grandi temi per renderli più accessibili a me e agli altri, a prender parola e a dar voce, ad accompagnare ed essere accompagnata, a saper superare gli ostacoli e ad accettare che a volte non tutto va come previsto ma non si è mai soli. Un anno che non si chiude con la fine ma che si apre in altre porte nel tempo. Un anno che, senza dubbio, è stato generativo”.

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