Natale in famiglia: il presepe, un albero antistrappo, mamma, papà, un bimbo e un altro in arrivo

Lo dicevamo giusto ieri con mia moglie: “Da quando ci siamo sposati, il Natale è sempre speciale”. Perché abbiamo detto “Volo” (“Sì, lo voglio”) il 12 giugno 2021 nella Chiesa di S.Alessandro in Colonna con quell’intenso rito latino con cui allora si potevano ancora celebrare i matrimoni.

Il 25 dicembre del 2021 abbiamo trascorso il nostro primo Natale da sposati. Pensavamo di essere in due, e già l’idea era dolce, tenera, profonda e speciale così. Ma in due non eravamo perchè quel giorno, proprio quel giorno, una vita nuova, come una scintilla pronta a prendere fuoco, iniziava a pulsare nel grembo della mamma. 

Un anno dopo, Natale 2022, il nostro Giorgio ha compiuto tre mesi tondi-tondi in quello che è stato a tutti gli effetti il primo Natale in cui siamo stati in tre. Dormiva per lo più, accorgendosi poco dell’euforia circostante.

E Natale 2023? Lo trascorriamo in quattro: tra cinque mesi, infatti, Giorgio avrà un fratellino o una sorellina. Certo, famiglia lo si è dal momento del “Sì”, eppure il calore di trascorrere una festa sacra e intima come il Natale con i figli è di un livello più intenso, profondo, autentico.

Perché la magia del Verbo che si fa Uomo, in modo piccolo, umile, sofferente, quasi dimenticato e certamente rifiutato, ma pur sempre accudito e acclamato dai genitori e da coloro che accorsero alla grotta, aiutano noi – papà e mamma – a comprendere meglio la nostra missione, che è vocazione e dedizione, sacrificio e abbandono: affidarsi ai piani di Dio, facendo famiglia anche in una grotta gelida, ma il cui calore dell’unione e dell’Amore bastano per vivere ogni giorno come fosse un Natale. 

Ma ci insegna anche a vedere in Giorgio il senso dell’essere eternamente figli di Dio, per la fiducia e obbedienza che ha nei nostri confronti (non proprio sempre, ecco, ma ricalca le nostre orme senza chiedersi perché e per come: semplicemente, lo fa. Perché è figlio). Del resto è scritto: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt. 18,3).

Non immaginavamo come potesse essere il nostro primogenito, forse non lo comprendiamo nemmeno adesso; e non sappiamo, ancor meno, come sarà con il secondo in arrivo, così vicino, così alla svelta. Ma naturalmente lo accogliamo come il dono più bello di questo Natale, da aspettare con cura in quei nove mesi che vengono concessi ad un essere vivente per essere pronto a venire al mondo e a noi, papà e mamma, per prepararci a diventare tali. 

Cosa sia questo Natale con Giorgio più grande e consapevole di quello che gli accade attorno è nei suoi occhi e nelle sue espressioni. Abbiamo addobbato casa all’Immacolata, riuscendo a non cedere alla tentazione di andare contro alle tradizioni e a quella di non colorare la casa perché pericolosa per il piccolo.

Io e lui ci siamo svegliati la mattina dell’8 dicembre con la casa illuminata da candele e lucine soffuse, preparate dalla mamma. In un vano della libreria in salotto, un presepe fatto con matrioske di legno leggere e (si spera) indistruttibili portava tutto il calore del Natale cristiano nella nostra grotta. Poi, un albero di Natale di stoffa e velcro, con addobbi attacca-stacca pronto per essere appeso al muro, a prova di bimbo di un anno e mezzo che ogni tanto si comporta come un terremoto, per la bramosia di scoprire il mondo tutto insieme.

“WOW”, ha sussurrato Giorgio, facendo durare quel lungo suono per alcuni minuti e accentuandolo alla vista di ogni novità: che fosse l’angioletto a guardia del Presepe, l’albero o una luce intermittente che illumina l’interno della nostra personalissima grotta. Il suo stupore, la sua meraviglia, la sua totale immersione nel presente ha spalancato le porte del nostro Natale. Anche lui ha voluto partecipare alla preparazione: mentre la mamma sistemava l’albero con dovizia di particolari e sistemi anti-strappo, Giorgio ne ha preso uno a sua volta, si è messo accanto a lei, imitando i suoi gesti. Sbam! Altra lezione.

Porte da cui è entrata una boccata d’ossigeno calorosa, avvolgente, entusiasmante e deliziosa il giorno di Santa Lucia. La scena è stata la stessa ma questa volta la notte aveva almeno raddoppiato le luci. E poi i doni, la frutta e i dolci a segnare il sentiero che portava al cuore della sala addobbata. Un’altra serie di esclamazioni di meraviglia accompagnate da espressioni che erano un misto tra l’incredulo, lo scioccato e il desideroso di provare tutto ci hanno benedetto, ci hanno detto una volta di più quanto sia faticoso crescere un figlio, ma anche di come basti un “wow” detto come solo lui sa fare per spazzare via ogni turbamento, fatica, tentazione di mollare.

E Natale? Chissà. Io, mi sono reso conto di non desiderare nulla di concreto, materiale, vizioso. Improvvisamente spogliato da ogni egoismo, mi si è palesato davanti – nonostante quotidiane resistenze – il senso del rinnegare sé stessi, che è alla base della nostra fede e pure dell’essere genitori. “Quante cose migliorerebbero aggiustando quegli egoismi e quelle superbie”, mi rimprovero spesso. 

Di sicuro Giorgio ha compreso. Due statue di Gesù e Maria troneggiano al centro della casa e non passa giorno che non ci faccia capire che vuole avvicinarsi per accarezzarle o dedicarle un bacio affettuoso. Imita, osserva, scruta: ogni nostro gesto sbagliato lo asseconda con più impeto comprendendo che sia quasi “illegale”; ma ogni nostro gesto buono, lo replica, col sorriso di chi sa quanto sia meglio così. “Lasciate che i bambini vengano a Me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio” (Mc 10,14).

E poi, c’è tutto il contorno. I nonni, gli zii, i cuginetti che ci aspettano per il pranzo. Le leccornie natalizie sicuramente lo conquisteranno (forse più dei regali e delle luci di addobbo) ma il desiderio è anche quello di portare la nostra testimonianza, nelle altre case così come in chiesa, la domenica e il giorno di Natale.

L’intento, che è obiettivo e aspirazione, di emulare la Sacra Famiglia che il giorno di Natale si materializza come tale, è forte. Difficile, ardimentoso, faticoso, eppure doveroso. Soprattutto di questi tempi, in cui riceviamo volti stupiti nel vederci con Giorgio, a Messa ogni domenica. Stupiti per la presenza, ma soprattutto per la cura con cui Giorgio la vive sì da bambino di un anno e mezzo, scorrazzando per le navate, ma con la cura di non esibirsi nei suoi urli primordiali che ogni tanto, a casa, esplodono. 

Il nostro Natale di famiglia che continua a crescere dunque vorremmo che fosse così, pieno di luci, di colori, di regali e di “wow”, ma soprattutto di semplicità e spontaneità, di desiderio messo nelle mani di Dio di crescere in qualità e in numero. E di esserci, con i piedi ben ancorati alle radici e alla Verità, per non far strappare noi – e tanto meno i piccoli – dai tentacoli di una modernità in cui riconoscersi diventa ogni anno sempre più complicato. 

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