Il pellegrinaggio del vescovo a Zogno: “Fare squadra per diffondere semi di solidarietà”

I gruppi caritativi delle parrocchie di Zogno sono come un grande albero carico di frutti, pronti a trasformarsi in semi e radici per far germogliare un futuro fatto di solidarietà, cura e giustizia sociale. È questa l’immagine suggestiva che hanno scelto per presentarsi al vescovo Francesco Beschi in pellegrinaggio pastorale nella fraternità 2 della Cet 4 della Valle Brembana.

In un incontro svoltosi nei giorni scorsi nella frazione di Stabello, moderato dalla giornalista Monica Gherardi, sono intervenuti i rappresentanti di una dozzina di gruppi che svolgono attività caritative sul territorio, alla presenza del vicario territoriale don Mauro Bassanelli e di don Luca Salvi, parroco di Stabello e Poscante. 

Ognuno ha raccontato frammenti della propria storia e ha illustrato le proprie attività, in un clima di ascolto attento. Un momento importante per conoscersi, come hanno sottolineato gli stessi volontari: “Siamo attivi nello stesso ambito ma non abbiamo occasioni per ritrovarci”. Un impegno da proseguire per instaurare nuove relazioni e immaginare percorsi di collaborazione, come ha suggerito il vescovo: “È prezioso avere luoghi dove scambiarsi esperienze. Ascoltarle può essere un aiuto per trovare nuovo slancio e motivazione, e magari per coinvolgere altre persone e garantire un ricambio generazionale in gruppi e associazioni. Le vostre storie sono molto coinvolgenti e mostrano una ricchezza di risposte a fragilità e bisogni comuni”.

Monsignor Beschi ha indicato la Comunità ecclesiale territoriale, formata dalle 63 parrocchie della Valle Brembana, come il luogo giusto per ritrovarsi e creare alleanze virtuose: “Per i cristiani la fonte d’ispirazione di ogni azione è la fede, ma i valori si possono condividere con altri. La solidarietà, il desiderio di aiutare persone in difficoltà possono essere comuni a molti. La Cet è una realtà che si pone a servizio di questioni comuni sulle quali convogliare esperienze e persone, lavorando insieme per trovare soluzioni”.

Fanno parte dei gruppi caritativi del territorio di Zogno oltre duecento volontari che provengono anche da altri paesi della valle: “È una caratteristica di questa zona – ha sottolineato Monica Gherardi – un’interconnessione che supera i confini. Alcuni fanno parte di più gruppi e dedicano quindi molto tempo al loro servizio. Dall’indagine che abbiamo compiuto è emersa una maggiore presenza femminile”. Fra i diversi gruppi ci sono radici in comune, desideri e valori condivisi. “È il volto di un volontariato – ha continuato Monica – che non sempre nasce in stretta connessione con la parrocchia. Per alcuni il servizio è mosso da ragioni di fede, per altri alla base ci sono lo spirito di fraternità e il desiderio di un territorio in cui scorre il bene, la giustizia e la solidarietà”. 

Accanto al grande lavoro dei gruppi istituiti è stato sottolineato anche il ruolo cruciale della “carità senza nome, senza etichetta” che nasce con spontaneità dai singoli: “A partire dal periodo della pandemia, per esempio – ha detto Bruno, un volontario -, il Museo della valle distribuisce regolarmente una quarantina di pacchi alimentari alle persone bisognose. Ci sono famiglie che si occupano quotidianamente delle necessità delle suore di clausura, a partire dalla spesa. E poi tutte le persone che si danno da fare per la parrocchia, l’oratorio, la casa di riposo. I singoli che offrono un bicchiere d’acqua e un panino quando qualcuno suona il campanello e cerca di vendere qualcosa”.

Come collaborare con gli enti pubblici nell’ambito della carità? “L’importante – ha chiarito il vescovo – è evitare meccanismi di sfruttamento reciproco per costruire progetti insieme, a beneficio di tutti. La solidarietà non è un “tappabuchi” della vita sociale, ma una grande espressione della nostra umanità. È giusto che ognuno si prenda la sua parte di responsabilità”.

Il clima culturale e sociale generale oggi rende più difficile avvicinarsi alle persone per offrire aiuto: “Non c’è un clima che faciliti l’incontro – ha concluso monsignor Beschi -. È fondamentale ricordare che ognuno, anche se fragile e scostante, ha una dignità, e bisogna riconoscerla, anche se non è sempre facile. Non basta la risposta a un bisogno, occorre una cura personale, da portare avanti con attenzione e ascolto, instaurando relazioni autentiche. Le persone hanno bisogno di sentirsi accolte”.

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