Risveglio o declino? Gli italiani “sonnambuli” nei numeri del rapporto Censis

Il 57esimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese propone la fotografia di un Paese “sonnambulo” di fronte ad un bivio.

Una società italiana affetta da sonnambulismo, che si mette una mano davanti agli occhi e ignora i presagi. È quella che viene raccontata dal 57esimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.

Ogni anno il rapporto del Centro Studi Investimenti Sociali, (che da più di 50 anni svolge una costante e articolata attività di ricerca, consulenza e assistenza tecnica in campo socio-economico) ci fa capire a che punto siamo come sistema Paese.

 I dati presentati a inizi dicembre sono da allarme rosso: l’Italia ormai è un paese di “sonnambuli” e di cittadini in preda a “scosse emozionali”.

Il rallentamento della crescita, la crisi demografica, il ritorno delle guerre, le incognite sul welfare, i migranti in entrata e i giovani in uscita: sono solo alcuni dei temi che suscitano preoccupazione, ma che la maggior parte degli italiani preferisce ignorare.

Sempre di più gli italiani che fuggono all’estero. Sono circa sei milioni i concittadini residenti all’estero.

Un fenomeno in crescita ogni anno che coinvolge soprattutto i nostri giovani. Solo nell’ultimo anno le iscrizioni per l’espatrio sono state 82mila da parte di italiani con età tra i 18 e i 34 anni.

Altro dato è il crollo dei matrimoni e della natalità.

Con questo trend, nel 2050 i 18-34 enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15 per cento della popolazione.

Ma il dato più significativo è proprio questa sorta di “sonnambulismo”

Il riferimento è ad alcuni fenomeni economici e sociali facilmente prevedibili e tuttavia rimossi dall’agenda di tutto il Paese.

Ormai a livello di massa manca la capacità di un ragionamento “razionale” capace di discernere fra mille notizie e affermazioni, spesso incoerenti e contraddittorie.  

Il mercato dell’emotività fertile terreno per paure amplificate

Altro dato riscontrato è il fatto che gli italiani ormai vivono di ‘scosse emozionali’, che trasformano quasi tutto in emergenza.

E se tutto è emergenza alla fine ‘nulla lo è veramente’, così si chiudono gli occhi sulle cose veramente importanti.

Così trovano terreno fertile paure amplificate, l’improbabile e il verosimile: la paura per il clima impazzito, la paura per lo straniero, la paura  per sempre più povertà e violenza: “Sono scenari ipotetici che paralizzano anzi generano inerzia” secondo il Censis.

Alla fine, magra consolazione, gli italiani sembrano ripiegare su quelli che vengono definiti ‘desideri minori’, non più con lo sguardo al futuro ma affannosa ricerca di “pezzi” di benessere e piaceri quotidiani immediati e spiccioli.

Davanti ad un bivio

Il Paese è ormai davanti a un bivio: da una parte, stiamo camminando placidamente verso un deciso declino.

Dall’altra, c’è il risveglio dallo stato di “sonnambulismo” (come lo ha definito il Censis). Esso comporta il ritornare a “pensare con la propria testa” e riscoprire la capacità di riconoscere la condizione in cui l’Italia si trova, di smettere di nascondere i problemi reali e di cercare di riassumere il proprio ruolo nella società, dando comunque il proprio contributo in termine di partecipazione, di discernimento e di idee.

Risvegliamo la nostra ricchezza culturale

Perché questo accada occorrono almeno due condizioni riferisce il sociologo Magatti: “In primo luogo, che la politica parli al Paese con verità e lungimiranza, indicando una strada realistica, benché difficile, di come si possa abitare un mondo che sempre più sarà fatto di sostenibilità e digitalizzazione. La seconda condizione è che le forze vive e creative tuttora presenti nel tessuto sociale e civile si adoperino per un processo di vera riconciliazione nazionale, possibile solo con un deciso riorientamento culturale”. 

Il cambiamento di fondo che questo tempo richiede a ciascuno   è infatti quello di abbandonare l’idea iper-individualista che ha dominato gli ultimi trent’anni, l’idea che ciascuno fa per sé, che gli altri sono solo avversari e non amici, che tutto è dovuto.

Questo ci ha di fatto trascinati verso il declino. Un declino che non ha risparmiato le nostre Chiese, le nostre comunità e le nostre diocesi.

“Oggi occorre riconoscere che tutto è relazione. Ogni persona è in relazione con ciò che la circonda e con le generazioni che verranno. Ogni impresa esiste in rapporto all’ambiente e al territorio in cui opera. Ogni Stato gode di una sovranità in rapporto a sovranità più grandi. È questo il tema vero, di natura culturale – addirittura spirituale – che soggiace alla questione della sostenibilità. Come papa Francesco non si stanca di ricordarci”. Dice sempre il sociologo Mauro Magatti.

Un nuovo patto fra Generazioni

È tempo di ricostruire un nuovo patto tra le generazioni, che traduca in fatti concreti ciò che questo tempo ci sta dicendo: e cioè che non ci sarà più crescita economica se non ci dedichiamo a prenderci cura delle condizioni sociali, demografiche, ambientali, culturali, educative, istituzionali che rendono possibile la stessa crescita.

Si tratta evidentemente di riprendere in mano la propria Storia.

Certamente un cammino impegnativo e difficile, che parte dal riportare la gente ad interessarsi del bene Comune. Un percorso sicuramente alla portata del nostro codice genetico e culturale, un risveglio nella passione del nostro essere italiani.

  1. Se il Censis afferma che gli italiani vivono di scosse emozionali che trasformano tutto in emergenza, mi sembra di tutta evidenza che questo non si possa attribuire alla responsabilità del popolo italiano ma a chi ha deciso di inondare le case degli italiani con informazioni che gareggiano a spandere a piene mani allarmismi ed emergenze e prospettive sempre più cupe e disperanti sul futuro: e questo è devastante soprattutto per i bambini ed i giovani.

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