Violenza nelle scuole, suor Chiara: “Mancano luoghi di ascolto che intercettino la vita dei giovani”

Buongiorno suor Chiara,
sono un’insegnante e sono preoccupata dai tanti episodi di violenza che capitano nelle scuole. Eppure non mi sorprende perché anch’io trovo davvero difficile mantenere la disciplina e un rapporto di rispetto, insegno in una scuola superiore. Anch’io ho dei figli, sono anche volontaria in parrocchia e vedo che nei gruppi adolescenti la situazione non è tanto diversa. Secondo lei da che cosa dipende? È il nostro modello educativo più “libero”? Dipende da noi, genitori ed educatori, non siamo adulti credibili? In che modo la fede può dare una mano?
Grazie Giovanna

Cara Giovanna, le domande che poni sono molto delicate e difficili: esperti nell’ambito educativo scrivono fiumi di inchiostro per cercare di comprendere e interpretare la situazione dei giovani di oggi.

Essi rispecchiano la cultura odierna, molto violenta sia verbalmente che fisicamente. Basta guardare quanto la televisione e i social presentano ad ogni ora del giorno e della notte, anche nei programmi specifici per bambini. Si attribuisce alla pandemia l’acuirsi dell’aggressività a causa delle restrizioni, della solitudine subìta, dell’esperienza diffusa della morte, ma forse la pandemia non ha fatto altro che portare alla luce quanto già era latente e sommerso.

La mancanza di ascolto e dialogo in famiglia, la fatica ad accompagnare i passaggi di crescita, i desideri e le gioie, le attese, le conquiste o le delusioni dei figli, ma anche l’impotenza delle agenzie educative, quali la scuola o gli oratori, di coinvolgere i giovani, di prevenire e valutare i comportamenti violenti dei ragazzi, denotano una certa “impotenza” di fronte al mondo giovanile.

Un’epoca carica di incertezze

Forse mancano luoghi di ascolto, di dialogo che intercettiamo la vita dei giovani. Quarant’anni fa era più facile essere giovani: si poteva sognare un futuro carico di promesse esistenziali, sociali, lavorative, e ci si impegnava a realizzarle scegliendo le strade più consone ai propri desideri e alle proprie attese.

Oggi è più difficile pensare a un futuro perché la realtà è carica di incertezza. Siamo anche in un tempo di grandi trasformazioni culturali che cambiano il modo di pensare, di porsi di fronte all’esistenza e di dare risposte alle domande esistenziali; mancano spesso luoghi di ascolto e di aggregazione, sono sempre meno presenti nelle città così come nei piccoli centri.

Ecco perché oggi è prioritario chiedersi come costruire spazi fisici e di senso, guidati da professionisti capaci e competenti, in grado di ricevere le domande degli stessi adolescenti.

L’identità giovanile è di difficile definizione e non è certo semplice capire i valori di riferimento, i bisogni, le scelte, le domande, individuare le esperienze che possono essere significative, e soprattutto costruire progetti.

Offrire luoghi, occasioni, esperienze di senso

Eppure è da qui che dobbiamo partire. Non possiamo limitarci a descrivere gli episodi di violenza, le risse, l’aggressività e dichiararci sbigottiti. Dobbiamo offrire anche risposte e renderle operanti in contesti sociali così mutevoli e differenziati.

Occorre favorire occasioni, luoghi, esperienze che facilitino la costruzione di progetti di senso per la propria esistenza, incontrare testimoni di vita che hanno saputo attraversare la complessità e la sofferenza senza rimanerne schiacciati, testimoni che hanno costruito l’esistenza su una fede vera, incarnata, che ha dato senso al loro vivere, perché possa essere vera anche per loro.

Restituire ai giovani il futuro significa recuperare quelle dimensioni di vita che hanno a che fare con l’impegno, le scelte, il coraggio, la speranza. Significa recuperare la coscienza del tempo e dell’appartenenza alla storia, individuale e sociale. Occorre però dare fiducia ai giovani.

Giovani che cercano, sperano, lottano e amano

La pandemia ha svelato e radicato ancor più in profondità il bisogno di senso dei giovani, sia attraverso le esperienze dolorose, come la paura della morte, della malattia, sia attraverso le esperienze gioiose come la riscoperta della casa e della famiglia, la possibilità di tempi distesi e di lettura, la prossimità alle persone in difficoltà.

C’è un mondo di giovani che cerca, spera, lotta, ama e vuole portare il proprio contributo alla trasformazione della società. Allora facciamoci compagni di viaggio dei giovani che incontriamo, ascoltiamo senza giudicare e offriamo la nostra esperienza, cercando di entrare in punta di piedi nel loro mondo, per scorgervi che, se i linguaggi e le forme sono cambiate, il desiderio di felicità è presente ieri come oggi, attende di essere portato alla luce e di trovare compimento.

Anche Dio non è scomparso: forse non tutti, o molti, non andranno a messa, ma la sua presenza è reale e vicina, più prossima di quanto noi adulti possiamo pensare. Accompagniamoli nel viaggio della vita.

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