L’età delle disuguaglianze e come superarle. Mauro Magatti: “Uscire dall’individualismo”

Esistono nel mondo persone molto facoltose che destinano il proprio patrimonio in eredità al proprio cane. Come è possibile che l’umanità sia arrivata a concepire una tale opzione? Che tipo di società è quella che ritiene possibile operare una scelta di questo tipo oltretutto quando moltissime persone nel mondo faticano a vedere garantite le condizioni di sopravvivenza?

Il sociologo Mauro Magatti pone queste domande intervenendo all’interno del ciclo “Grammatica per una buona politica” che le ACLI di Bergamo hanno promosso in questa stagione antecedente alle elezioni europee.

L’incontro, presso l’auditorium del liceo Mascheroni, si è svolto nella serata di lunedì 12 febbraio e ha posto al centro dell’attenzione il termine “uguaglianza”: una delle tre parole chiave della Rivoluzione Francese, oggi difficile da definire e comprendere.

La difficoltà di dare forma all’uguaglianza

Le teorie politiche che hanno dominato il ‘900 si sono scontrate proprio su come costruire una società ed un’economia capaci di dare forma all’uguaglianza. Soprattutto il progetto del socialismo reale ha inteso dare concretezza all’affermazione “Siamo tutti uguali” allineando i redditi.

Con la caduta del muro di Berlino e la fine delle ideologie questo progetto politico ha dovuto accettare la sconfitta della storia e riconoscere il proprio fallimento. È rimasto in auge solo il modello neoliberista che Magatti sintetizza con questa immagine: “Non discutiamo di come si divide la torta ma del fatto che cresca. Se aumenta, ce ne sarà un po’ per tutti, in qualche modo”.

Questa visione dell’economia, cresciuta a dismisura con l’avvento della globalizzazione, ha portato delle chiare conseguenze: la ricchezza nel mondo nel complesso è notevolmente aumentata ma la sua distribuzione non è per nulla uniforme.

Le disuguaglianze si sono fatte più grandi sia tra un paese e l’altro, sia tra le classi sociali. Il prezzo da pagare per questa immensa ricchezza consegnata nelle mani di pochi è la distruzione della Terra. 

Una questione di opportunità e di diritti

Se il neoliberismo è stata la bussola delle politiche perseguite dai partiti “di destra”, il pensiero sposato dalle sinistre, dopo aver rinunciato alla storica idea di uguaglianza, si è concentrato sul tentativo di garantire a ciascuno le medesime possibilità e gli stessi diritti. L’obiettivo appare nobile ma renderlo concreto sembra quasi impossibile perché è molto difficile riuscire ad intervenire su tutte le condizioni che determinano la vita sociale e che possono costituire un ostacolo allo sviluppo delle opportunità individuali. 

Per il sociologo non si può che tracciare un doppio bilancio negativo: hanno fallito le ideologie novecentesche ma anche il progetto della globalizzazione che ha governato gli ultimi 30 anno di storia del mondo. Le soluzioni proposte dai due schieramenti semplicemente “non funzionano”: le disparità aumentano e non vengono nemmeno presi in considerazione nel dibattito tutti i fattori non strettamente economici ma che determinano la qualità della vita delle persone: cultura, salute, rapporto tra le generazioni, diversità territoriali. Dopo molti anni di economia globale non sembra esistere il modo di accordarsi su dei limiti accettati da tutti.

Magatti suggerisce un cammino in quattro passi da perseguire per provare ad uscire dallo stallo. Queste indicazioni nascono da una convinzione di partenza: non esistono soggetti indipendenti gli uni dagli altri, le persone e tutti i sistemi umani esistono e sopravvivono solo se interconnessi. Quindi l’affermazione assoluta del soggetto e la comprensione dell’uomo come individuo è da superare in favore di una visione relazionale dell’identità e della società. I quattro grandi passi da compiere per iniziare una trasformazione sono questi:

Il ruolo della mediazione politica

Nell’epoca della globalizzazione il ruolo della politica e la funzione regolativa sono dimesse. Vale l’equivalenza “crescita economica = aumento delle possibilità per gli individui”. Si tratta di una lettura riduttiva, semplicistica, della realtà. Le possibilità di vita vanno governate. Per poterlo fare è necessario ripristinare il senso del confine, non in chiave nazionalista, ma come strumento necessario per definire la possibilità di intervento della sfera politica. Diversamente, nella dimensione della globalità sconfinata, il potere economico si autogoverna dando benefici a pochi e penalizzando la moltitudine che finisce per alimentare il risentimento captato dalle forze populiste. Serve un intermediario tra l’individuo e il mondo: la politica.

Com’è il modello di crescita e come si misura

Bisogna rimettere a tema che cosa si intende per crescita economica e sociale. Come la si misura? Si deve considerare solo il progresso di chi ottiene ottimi risultati oppure ha senso verificare fin dove riescono a progredire coloro che sono più lenti e affaticati? Nel modello attuale prevale un’idea performativa di persona e di società. Questo approccio genera enormi quantità di scarti: materiali ed umani.

Lo ricordano bene sia il sociologo polacco Zygmunt Bauman sia Papa Francesco secondo i quali la crisi ecologica e quella sociale derivano dalle medesime cause. Il modello di crescita non dovrebbe puntare a rendere tutti uguali nel senso di omologati nella medesima condizione ma dovrebbe evitare il fenomeno della disgregazione.

“Chi corre da solo arriva prima, se si corre insieme si va più lontano”

Proverbio africano

L’ecosistema delle disuguaglianze: non solo reddito

Per affrontare il tema delle disuguaglianze è necessario ampliare il campo di indagine: non è solo una questione di reddito. Quindi la soluzione non può passare solo da un sussidio economico. Ci si deve prendere cura del contesto sociale, culturale, relazionale nel quale vivono le persone. Va superata una comprensione individualista del soggetto: “Le persone sono frutto delle relazioni e degli ambienti. La libertà ha a che fare con il contesto”.

Cambiamento culturale: la comune dignità degli individui

L’uguaglianza deriva dall’idea di comune dignità di tutti gli individui. Questo concetto come si coniuga dove ci sono invidia e odio sociale o dove c’è disprezzo per chi è meno fortunato? È necessario che collettivamente si torni a porre l’interrogativo su che cosa dà dignità alla vita, che cosa merita riconoscimento sociale. Serve una cultura capace di rispettare le diversità, che limiti lo sfoggio della ricchezza e che restituisca il giusto valore alle cose. 

In definitiva, sostiene Magatti: “L’ideologia dell’io è falsa. Lo dicono la religione, la scienza e anche la storia. L’io è solo se è con l’altro”. Il cambiamento di cui si avverte il bisogno comporta di uscire dall’individualismo ma evitando di tornare nelle logiche delle società autocratiche. Il compito collettivo è comprendere la libertà in maniera generativa, non estrattiva: ovvero rendere la vita dell’uomo sulla terra sostenibile per tutti. Sia in termini climatici, sia sociali.

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