“La preghiera? Autentica cura spirituale, non ripetizione di forme”

Dalla preghiera personale alla Messa, chi insegna a pregare? Che ruolo ha la preghiera nella vita cristiana? Ha guidato un’approfondita riflessione sul tema don Ezio Bolis, teologo, docente di Storia della Spiritualità e Teologia spirituale, come premessa ai lavori del Consiglio pastorale diocesano sulla lettera circolare dedicata appunto alla preghiera, rispondendo all’invito di Papa Francesco per quest’anno di preparazione al Giubileo del 2025.

Tradizionalmente i soggetti incaricati di educare alla preghiera sono la famiglia, la parrocchia, l’oratorio, la chiesa diocesana, attraverso figure e proposte significative. Qualcuno dopo momenti di allontanamento ritrova una nuova attitudine alla preghiera in momenti particolari della vita, in coincidenza con malattie, lutti, difficoltà.

Oggi, però, ha ricordato don Ezio, molti lamentano la mancanza di testimoni e insegnanti di preghiera come i nonni. Sono sempre diffuse devozioni popolari, la preghiera del rosario, i pellegrinaggi. “È importante, però – ha sottolineato don Ezio – che si tratti di un’autentica cura spirituale e non di una ripetizione di forme”.

Nella nostra diocesi sono molti i luoghi e le iniziative deputati alla preghiera, dai monasteri alla Scuola di preghiera per i giovani in Seminario.

Contribuiscono a sviluppare sensibilità nei confronti di questo aspetto della vita cristiana anche il canto e la musica sacra. “Non va dato per scontato – ha chiarito don Ezio – lo stretto rapporto tra fede e preghiera. Bisogna crescere nella consapevolezza di questo legame importante e quindi mettere attenzione nella preghiera come elemento essenziale. Non si può rimanere cristiani senza pregare anche se a volte pensiamo che sia un lusso per chi ha tempo. Se non si prega non si crede più, almeno in senso autentico”. 

Il filosofo Novalis paragonava l’atto di pregare per il cristiano a quello del pensare per un filosofo: “La preghiera – ha chiarito don Ezio – non è un’attività che si può abbandonare senza che la fede ne sia toccata. Per conservare la fede in un mondo secolare è necessario pregare. Per questo è importante che la lettera circolare comunichi alle comunità che la preghiera custodisce la fede, non è un momento di evasione, con il rischio che prenda derive estetizzanti oppure orientalizzanti”. Ma la preghiera mette al centro Dio o il desiderio di vivere emozioni forti? “Il desiderio di spiritualità – ha proseguito don Ezio – può anche deragliare in forme non interessate al rapporto con il Signore”. Dato che i “testimoni” sono meno rispetto al passato, è importante valorizzare nelle comunità “la crescita di persone mature ed equilibrate che accompagni ragazzi e adulti. Ci vogliono insomma dei “manovali “ che tengano su il cantiere della preghiera”. 

Nel suo intervento don Bolis ha individuato alcuni criteri di fondo utili per le scelte pastorali: “La preghiera, come diceva Santa Teresa, si fonda su una relazione. La fede ha bisogno di una relazione con Gesù. Come tutte le relazioni richiede tempo e pazienza, vive momenti alti e bassi. Le forme sono importanti ma secondarie rispetto a questo. L’immagine della relazione è decisiva per comprendere cosa sia essenziale nella preghiera. Non è uno stato d’animo o un’esperienza forte. Ci sono anche la quotidianità, l’abitudine, per esempio per orari e gesti.

Per pregare bisogna essere disposti a perdere tempo, ma non è tempo perso. Il senso non si trova nell’ efficienza.

Qualcuno crede che pregare sia naturale, ma don Ezio smentisce questo facile stereotipo: “In realtà la preghiera è difficile, secondo Romano Guardini chi dice che è facile non ha mai pregato sul serio. La spontaneità va alimentata e sorretta, rafforzata da una consuetudine nel rapporto con Dio”.

Come nutrire questo rapporto? Don Ezio Bolis ha insistito sulla necessità di comprendere che “la preghiera non si esaurisce nella messa. Non c’è solo il rito”. E ha fatto alcuni esempi, indicando per esempio la profondità dei salmi, l’intensità dell’adorazione, la preghiera sulla Parola: “La centralità che il Concilio Vaticano II ha dato alla Parola ci ha fatto crescere e maturare come cristiani”

Don Ezio ha concluso sottolineando la “necessità di far maturare le diverse forme di preghiera. Educare alla preghiera richiede di tornare ai segni fondamentali e a quelli corporei”, anche con piccole attenzioni rispetto a ciò che già viene fatto, incoraggiando una maggiore consapevolezza. 

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