Salute, prossimità, attenzione: l’alfabeto quotidiano dell’impegno missionario

Scorrendo quello che viene definito “L’Alfabeto della missione” ci si ferma  sulla lettera S e il Convegno missionario diocesano la declina in “S come Salute”. A questa prima parola iniziale se ne aggiungono altre come cura, prossimità, attenzione e si costruisce un racconto a più voci per narrare cosa rappresenta il tema della salute nelle terre di missione.

Parlano sacerdoti e laici, medici, infermieri ed educatori, uomini e donne di ogni età che accostano ogni giorno cura e missione. “È la vocazione del cristiano. – dice don Michelangelo Finazzi, Vicario episcopale per i Laici e la pastorale, aprendo il convegno – Noi cristiani nel curare vogliamo far sentire che Dio è vicino. Ogni gesto, anche quello di cura, che compie la Chiesa è evangelizzazione. Curare diventa annuncio e missione”. Sul palco del teatro dell’Istituto Palazzolo e in video si susseguono le storie di vita, di lavoro, di servizio, racconti di una vicinanza che, come dice Don Dante Carraro, “porta a conoscere, toccare, incontrare, condividere la sofferenza”.

Don Dante è medico e direttore di Medici con l’Africa-Cuamm. Raggiunge le strutture sanitarie di otto Paesi africani, ricordando a se stesso, ogni volta che parte, quanto vale quel “con” che appare nel nome dell’organizzazione. “Fa la differenza, ti porta a vivere la sofferenza di chi soffre”.

Suggerisce alla società di oggi di “passare dal lamento al rammendo”, concentrandosi sulla cura e non sulla risoluzione totale del problema. “In Africa ci sono problemi enormi che noi non potremo risolvere. L’Africa insegna che non siamo onnipotenti, che si può coltivare l’allegria anche nelle situazioni difficili e poi ci insegna l’essenzialità. La frugalità può aiutare a far leva più sull’intelligenza che sul denaro”.

Le storie di cura che giungono dai missionari raccontano di come la malattia diventi a volte forma di discriminazione. Accade per la disabilità in molti contesti africani. “Cura non significa solo terapia e riabilitazione, ma anche riconoscimento, inclusione e percorsi di autonomia” raccontano da Abignilekrou in Costa d’Avorio don Marco Giudici, don Luca Pezzotta e Walter Negrinotti.

Dalla Bolivia Pietro Gamba ripercorre la sua vita e l’impatto negli anni Settanta con la realtà dei campesinos sulle alture della Bolivia senza alcuna assistenza sanitaria. Diventato medico, negli anni Ottanta realizza un ospedale ad Anzaldo. “Accogliamo anche chi non ha nulla. Essere qui significa dare sostegno e lavorare nella direzione del diritto per tutti di essere curato”.

Ilaria Micheli e padre Leonello Melchiori si fanno narratori della storia di Gregoire Ahongbonon, l’uomo che libera dalle catene le persone con malattie psichiche tenute ai margini della società.

“E’ uno dei santi moderni della carità. – dice padre Leonello – Ci sprona ad essere missionari tra gli ultimi e a liberarci dalle nostre catene che ci impediscono di vivere bene la nostra umanità”. Consuelo Ceribelli in video dal Ruanda illustra il suo “Centro della Tenerezza” che dà sollievo, assistenza e opportunità a bambini e adulti colpiti dalla disabilità. Al convegno è presente anche il vescovo Natale Paganelli, missionario per 22 anni in Messico e per 18 anni in Sierra Leone. Parla di sostenibilità dei progetti, di aiuti che tengono sempre nell’incertezza della progettazione e della possibile continuità, ma sottolinea l’aspetto etico degli aiuti.

“Come missionari dobbiamo accettare gli aiuti morali, non quelli che vogliono coprire la coscienza””. Racconta l’Africa che ha conosciuto e vissuto sulla sua pelle. “E’ un continente ricco con un popolo povero” e non nasconde la rabbia per questa situazione. Vivere il Vangelo nelle scelte e nella missione di ogni giorno è la sua indicazione per “creare una società bella da consegnare alle nuove generazioni”. L’Africa racconta anche storie di migrazione.

“Le nostre parrocchie sono aperte alle persone migranti? – chiede monsignor Paganelli – La missione è qui ma vedo ancora tanta chiusura. Rendiamo le nostre comunità capaci di piccoli gesti di accoglienza. Abbiamo la missione in casa ed è una grande opportunità”.

A don Massimo Rizzi, direttore del Centro missionario diocesano, il compito di raccogliere alcune osservazioni conclusive. “Usciti dalla pandemia, ci rendiamo conto oggi più che mai che la salute è un bene comune globale, un interesse collettivo. Un sistema sanitario che non ha a cuore tutti, rende tutti più fragili”. Il mondo della missione ha quindi un’opportunità preziosa. “Può creare un varco nel mondo politico ed economico verso un’integralità del bene, che comprende anche quello della salute, capace di condurci ad una società sempre più umana perché sempre più evangelica”.

Il Convegno è stato l’occasione anche per presentare un breve spezzone del docufilm dedicato ai 25 anni della missione diocesana a Cuba. “Al mal tiempo, buena cara”, realizzato da Davide Cavalleri, sarà presentato in autunno nella sua versione definitiva.

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