Storia della filosofia al femminile. Simonetta Tassinari: ”Uomini e donne ragionano in modo diverso e possono aiutarsi a vicenda”

Abbiamo studiato sui libri di scuola i grandi filosofi di tutti i tempi: Seneca, Platone, Aristotele, Eraclito, Kant, Hume, Locke. Tutti filosofi uomini eppure il pensiero femminile ha dato un grande apporto alla filosofia. 

“Le donne vedono il mondo in maniera diversa dagli uomini, aiutando così l’umanità ad avere una visione più completa di sé stessa”. Margaret Mead

Lo dimostra Simonetta Tassinari, professoressa di Storia e Filosofia nei licei, nel testo “Il libro rosa della filosofia. Da Aspasia a Luce Irigaray, la storia mai raccontata del pensiero al femminile” (Gribaudo 2024, Collana “Straordinariamente”, pp. 288, 17 euro), dove l’autrice sottolinea il profondo legame tra il mondo femminile e la filosofia.

Ecco perché il libro mira a rompere il silenzio che circonda le filosofe, dimostrando che non c’è mai stato un vuoto nella loro partecipazione, perché è fondamentale che le donne riconoscano che la loro storia non è stata minore, ma taciuta e negata. 

La storia delle donne nella filosofia rappresenta una storia di forza, determinazione e contributi significativi, che meritano di essere riscoperti e valorizzati. 

Ne parliamo con Simonetta Tassinari, che ha insegnato “Laboratorio di didattica della filosofia” presso l’Università del Molise, è stata tutor universitario del TFA (Tirocinio Formativo Attivo), da anni coltiva la Psicologia relazionale, la Psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e la divulgazione filosofica per bambini e ragazzi, è l’animatrice di partecipati “Caffè filosofici” e tiene conferenze e presentazioni in tutta Italia.

  • Generalmente delle donne si parla parecchio nelle pagine dei filosofi, anche di quelli più antichi, ma come oggetto più che come soggetto di filosofia. Come mai?

«Alle donne non si attribuiva un vero e proprio pensiero razionale. Le si considerava quasi delle eterne minorenni, impulsive, dominate dai cicli del corpo e incapaci di riflessione. Tutt’al più si richiedeva loro del “buon senso”, ovvero una forma minore di razionalità, quella sufficiente per svolgere i compiti di cura assegnati. I pregiudizi sulle donne e sul cervello delle donne abbondano non solo nella filosofia antica: si può dire che si giunge quasi alla contemporaneità. Tra i tanti possibili esempi, Charles Darwin, sì, proprio lui, il grande scienziato, scrive tranquillamente che il potere mentale dell’uomo è superiore a quello delle donne, e questo è!».

  • Perché non sono tante le donne filosofe di professione?

«La filosofia richiede un corso di studi complesso, mentre alle donne, in passato, a stento era permesso di apprendere a leggere e scrivere. Inoltre sembrava che le donne non riuscissero a librarsi a quei livelli, il loro debole cervello non consentiva di addentrarsi in certe questioni, spiccatamente “maschili”, senza trascurare il fatto che la filosofia, allenando al pensiero critico, avrebbe potuto spingerle  a mettere in crisi il modello patriarcale consolidato». 

  • Aspasia di Mileto, Ipazia di Alessandria, Elisabetta di Boemia, Lou von Salomé, Mary Wallstonecraft, Madame de Staël Hanna Arendt, Simone de Beauvoir, Betty Friedan, Germaine Greer, Luce Irigaray. Qual è la Sua filosofa preferita?

«Direi: “tutte!”, anche solo per un senso di gratitudine per quel che hanno subito, per le lotte che hanno dovuto affrontare. Prediligo tuttavia Hanna Arendt, Simone de Beauvoir e Luce Irigaray, delle vere maestre di vita e di pensiero». 

  • Che cosa ha perso il mondo, impedendo al genere femminile di esprimere la propria voce e di contare?

«Soffocando un tipo di razionalità che avrebbe potuto essere anche diversa, ma complementare, ci si è seduti su di una falsa certezza, si è diventati arroganti e  incapaci di mettersi in discussione e di migliorare. Le donne avrebbero potuto fornire un altro punto di vista, mostrare altre luci e altre ombre, favorire la dialettica e lo scambio esistenziale, nel comune sforzo di procedere secondo verità e chiarezza».

  • È vero che le donne e gli uomini ragionano e filosofano in modo diverso?

«Credo  si tratti di un’esperienza comune; le donne ragionano senz’altro in modo diverso dagli uomini, un po’ perché, come si dice, la funzione fa l’organo, e la divisione dei compiti è così antica da aver forgiato in qualche modo anche le categorie mentali e comportamentali,  un po’ perché “uguale” non vuol dire “identico”, sicché, sulla stessa base funzionale, qualche differenza tra i due sessi indubbiamente c’è. Anche per questo motivo spesso si preferiscono le classi miste, i team di lavoro misti: uomini e donne  sono portatori di istanze che, sommate,  ampliano ogni orizzonte. Quanto alla filosofia vera e propria, non c’è differenza nel suo esercizio, né nel linguaggio adoperato, né, spesso, neppure nelle tematiche; si è filosofi e basta, quando lo si è.  Io mi sono divertita a cercare di scoprire se, dopo tanti anni di studio della filosofia, fossi in grado di accorgermi, senza conoscere in precedenza un testo, se fosse stato scritto da un uomo e da una donna, e, francamente, non ci sono riuscita!».

  • Il saggio si presenta come un invito, rivolto a tutte le donne, a riconoscere la propria eredità filosofica e a rivendicare il loro posto nella storia del pensiero umano?

«Certamente. Abbiamo una nostra storia, nient’affatto minore, anche nel pensiero, malgrado sia stato fatto di tutto per impedircelo. Dovremmo esserne orgogliose e portare in alto questa fiaccola, profittando della libertà che fortunatamente adesso abbiamo, almeno in Occidente, di seguire gli studi che più amiamo e di svolgere la professione che più desideriamo». 

  • Si avvicina l’8 marzo e sorge spontanea la domanda: donne e lavoro, la parità di genere è ancora un miraggio?

«Forse non un miraggio, ma un obiettivo non ancora del tutto raggiunto, purtroppo, sì. Certi cambiamenti sono lentissimi, perché incontrano infinite resistenze, benché se ne parli poco. Più donne si faranno avanti, più donne faranno richieste, più donne all’occorrenza protesteranno, – e d’altronde è così che ci siamo guadagnate, al tempo, il diritto di voto!- , insomma, più si parlerà della questione, maggiori saranno le possibilità di arrivare a una reale parità sul lavoro».

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