Le équipe educative funzionano? Sì, ma è importante crederci

La scorsa settimana, al termine della riunione con i sacerdoti impegnati nella pastorale giovanile, il vicario episcopale per la pastorale don Michelangelo Finazzi ha suggerito alcune domande sulle quali è urgente una condivisione tra i preti.

Tra queste, vorrei soffermarmi su una in particolare: “Funzionano le équipe educative?”. Premetto che quanto sto per mettere “nero su bianco” è universalmente noto e rischio di scivolare in affermazioni scontate: tuttavia, è altrettanto vero che è proprio la “routine”, il “si è sempre fatto così”, ciò che appare scontato, appunto, a dover essere messo in discussione.

Dal mio punto di vista, la scelta dell’équipe educativa come guida per i nostri oratori è la scelta migliore possibile. Essa, infatti, si appoggia sull’assunto fondamentale che l’oratorio, la cura per la crescita umana e cristiana delle giovani generazioni, deve essere questione che interessa l’intera comunità cristiana.

La parrocchia compie le scelte per la vita dell’oratorio

È la parrocchia, la comunità cristiana che abita quella porzione di territorio che, in una relazione di corresponsabilità tra preti e laici, opera il discernimento e le scelte necessarie per la vita dell’oratorio. Altre scelte, come affidare la gestione dell’oratorio a cooperative sociali o direttori laici di oratorio, non sarebbero opportune, non solo e non tanto a livello economico, ma in quanto collocherebbero la comunità cristiana a margine rispetto a una questione che, invece, deve essere centrale per tutti.

La circolare 14, che accompagnò la nascita delle équipe educative in parrocchia, un testo chiaro ed efficace, resta punto di riferimento decisivo, insieme ai percorsi formativi proposti alle équipe, su vari livelli, dall’Ufficio per la pastorale dell’età evolutiva, diretto da don Emanuele fino a qualche mese fa e, oggi, da don Gabriele.

Ora, dopo questa ampia introduzione, provo a rispondere alla domanda sopracitata: “Funzionano le équipe educative?”. La mia risposta, legata alla mia piccola esperienza, è: “Sì, se il prete ci crede!”. Non credo di sconvolgere né offendere alcuno se affermo questo. Noi preti conosciamo diverse storie a riguardo.

Prospettive e margini di miglioramento

Conosciamo équipe nate sotto i migliori auspici e poi naufragate al cambio del sacerdote, équipe cosiddette “educative” che parlano di tutto eccetto che di questioni educative e di pastorale giovanile (è certamente importante la scelta delle lampade nuove per il bar, così come il rinnovamento degli spazi, ma per quello ci possono essere commissioni “ad hoc”, che dall’équipe recepiscono gli orientamenti educativo/pastorali), équipe che non hanno adeguata formazione (la diocesi ha messo a disposizione dei “tutor”, ma non tutti hanno approfittato della opportunità… e sostenere che il problema fosse il pagamento della quota non mi sembra credibile).

Ancora, esistono équipe che vengono mantenute in vita solo per poter affermare che l’oratorio ha l’équipe educativa, ma essa si riduce a un momento di ascolto del parroco che espone quanto ha già deciso da solo (e, solitamente, non emergono i problemi di cui l’équipe dovrebbe interessarsi, perché “va sempre tutto bene”…). Infine, c’è chi, non credendo nell’équipe educativa, ha deciso di non averla nel suo oratorio.

L’équipe educativa funziona ma bisogna crederci

Ora, mi sembra evidente che, come si sapeva, ma è bene ribadirlo, la questione fondamentale dell’équipe è legata al prete. Che fare, dunque? Anche su questo, qualche annotazione personale. Se quella dell’équipe educativa è la scelta operata dalla Diocesi per il presente e il futuro dei nostri oratori, non dovrebbe essere facoltativo averla per una comunità: ogni oratorio dovrebbe costituirla, salvo diversa indicazione della curia. Non solo.

Il funzionamento dell’équipe educativa dovrebbe essere verificato periodicamente dagli uffici competenti. Come c’è attenzione, giustamente, ai bilanci economici delle parrocchie, che vengono verificati, perché lo stesso criterio non vale per la pastorale? In questo modo, ciascuna parrocchia verrebbe aiutata ad attuare quanto richiesto a livello diocesano, con particolare attenzione alla realtà specifica di quel territorio. Sono, queste, soltanto alcune idee, per aprire un confronto e capire meglio, insieme, come procedere in futuro.

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