Papa Francesco non si stanca di chiedere pace. Suor Chiara: “Ci insegna a non arrenderci nel compiere il bene”

Buonasera suor Chiara,
Sono una nonna e tutti i giorni ascolto con attenzione i discorsi di Papa Francesco. Possibile che non si stanchi mai di chiedere la pace? Sembra che nessuno lo ascolti eppure lui insiste lo stesso. Io al suo posto non ce la farei, mi sentirei sconfitta. Lo ammiro. Lei cosa ne pensa? Grazie mille da Betti

È possibile, cara Betti! Papa Francesco sembra proprio non stancarsi mai di chiedere la pace: ogni volta, con un “ostinato” ritornello, il vescovo di Roma implora e invita alla preghiera per i paesi in guerra e per la soluzione pacifica di quei conflitti; non passa Angelus domenicale, non c’è discorso senza che il suo pensiero sia per quelle martoriate terre e il suo invito accorato sia alla pace, con la sofferenza che gli si legge negli occhi. 

Insiste, non si arrende, nonostante sembri rimanere inascoltato. Sa bene che desistere, sarebbe cedere alle logiche del male, della guerra, delle ingiustizie globali e alimentarle. E sarebbe veramente la fine! 

Cosa e chi glielo fa fare? 

Un amore smisurato verso l’intera umanità, il desiderio impellente ed irresistibile che tutti vivano in modo dignitoso e pieno la propria esistenza, il forte senso di responsabilità difronte a Dio e difronte all’uomo, ogni uomo.

È necessario riconoscere che, in questo uomo, venuto dalla fine del mondo, Dio ci sta guidando e ci sta manifestando la sua sollecitudine e la sua compassione: come pastore buono, secondo il cuore di Dio, papa Francesco si guarda bene dal pascere sé stesso, a scapito delle pecore deboli e malate, (cfr. Ez. 34,1-2) donandosi senza misura perché tutti, in Gesù, abbiamo vita in abbondanza. 

Non solo, egli continua a credere nei suoi figli e a sognare per tutti e per ciascuno un futuro di pace e di speranza; per questo non perde occasione per annunciare la pace e la buona notizia del Vangelo, educando alla preghiera fiduciosa e accorata perché il Padre conceda al mondo la pace.

Non teme di denunciare le ingiustizie e le oppressioni diffuse in molti paesi, ma con tenacia e perseveranza, quasi senza far rumore, “insiste al momento opportuno e non opportuno, ammonisce, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”, secondo la parola di san Paolo nella seconda lettera a Timoteo 4,2. 

Noi, cara Betti, non ce la faremmo! Lo dici bene! Ed è una grazia che la sollecitudine divina provveda ogni volta alla sua Chiesa e all’umanità pontefici santi.

Cosa possiamo imparare a nostra volta dal suo esempio e dalla sua dedizione? 

Possiamo imparare a non arrenderci, a continuare ad insistere nel compiere il bene anche se i frutti si fanno attendere, a non avere timore di esortare, innanzitutto noi stessi e coloro che ci vivono accanto, a camminare sulla via del Vangelo.

E lentamente, lentamente, il bene pazientemente annunciato e seminato con perseveranza germoglia e produce i suoi frutti.

Crediamolo con tutto il cuore e impariamo da questo grande e umile profeta dei nostri giorni e non stanchiamoci di invocare il dono della pace.

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