Serina, il vescovo ai volontari: “Essere missionari vuol dire anche prendersi a cuore le persone che abbiamo accanto”

“Siamo chiamati a prendere sulle spalle il nostro tempo, sapendo che essere missionari oggi non vuol dire soltanto andare in Paesi lontani, ma prendersi a cuore la vita delle persone che abbiamo vicino”, ha detto il vescovo Francesco Beschi a un folto gruppo di volontari dell’Unità pastorale (Up) della Media Val Serina, incontrandoli a Serina nell’ambito del pellegrinaggio pastorale nella fraternità 2 della Comunità ecclesiale territoriale (Cet) 4 della Valle Brembana.

Monsignor Beschi ha lanciato un invito a guardare il futuro senza paura, ad ampliare gli orizzonti senza nostalgie del passato, senza aggrapparsi a un modello di Chiesa che “le generazioni più giovani non hanno mai visto. Il modo con cui oggi possiamo annunciare e comunicare il Vangelo è servire la vita dove la vita accade”.

I volontari sono arrivati per incontrare il vescovo da tutte le frazioni di Serina: Bagnella, Lepreno, Valpiana e Corone, oltre che da Cornalba, che pure fa parte dell’unità pastorale. Sono piccoli centri che si snodano su un territorio ampio. D’inverno su questo territorio ci sono poco più di duemila abitanti, d’estate diventano molti di più.

Le difficoltà: spopolamento, denatalità, solitudine

Le difficoltà segnalate al vescovo sono diffuse anche in altre zone montane: la diminuzione della natalità, l’invecchiamento della popolazione, la difficoltà di raggiungere e prendersi cura dei “grandi anziani” sparsi sul territorio, la fatica di mantenere in esercizio tante strutture, alcune delle quali poco utilizzate, la necessità di ricambio generazionale nell’animazione delle comunità.

Nelle parrocchie dell’unità pastorale della Media Val Serina è molto forte il senso di appartenenza e di servizio: i volontari sono spesso impegnati nella comunità in diversi ruoli, dal corista al catechista, dal lettore al sagrestano, dal “tuttofare” che si occupa anche di piccole riparazioni fino all’amministratore che affianca il parroco nella gestione delle pratiche burocratiche.

Anche l’impegno dei sacerdoti, guidati da don Vittorio Rossi, moderatore dell’Unità pastorale, segue le stesse regole. “Oggi – ha sottolineato il vescovo – il servizio del sacerdote diventa itinerante. Un tempo non era così, ma le esigenze di oggi portano a muoversi fra più parrocchie, il ministero diventa mobile, seguendo peraltro le stesse dinamiche di trasformazione della società e delle comunità cristiane”.

Ampliare gli orizzonti, potenziare le collaborazioni

Nel futuro, come ha osservato il parroco don Vittorio Rossi, sarà sempre più necessario ampliare gli orizzonti e potenziare le relazioni di collaborazione: “Le strutture parrocchiali sono soggette all’usura e al deterioramento, e causano un peso gestionale ed economico sempre più gravoso.

Ci vuole un’attenta visione d’insieme a partire dall’unità pastorale. Ci dev’essere uno sguardo più ampio che va anche oltre l’unità pastorale, un ragionamento che abbracci un territorio più vasto, fino a coinvolgere l’intera valle, per riflettere insieme su possibili scelte e sul mantenimento delle strutture, anche in assenza di adeguate risorse.

Il peso non può gravare sulle spalle del singolo parrocco, deve essere affrontato con un più ampio respiro e con soluzioni che superino la singolarità della persona, senza perdere di vista l’obiettivo del servizio alla comunità”.

Per la gestione delle strutture monsignor Beschi ha indicato il criterio della programmazione: “Scegliere insieme cosa sia più urgente e necessario a cui dare la priorità, per non trovarsi a rincorrere le emergenze”. 

Per rendere più organica l’azione dell’Up mons. Beschi ha consigliato di migliorare l’integrazione fra le comunità vicine: “Ognuno ha una caratteristica da valorizzare, che può essere messa a servizio di altri. Non è detto che tutti debbano fare tutto, bisogna dividersi i compiti e gli impegni, e possibilmente aiutarsi a vicenda”.

Gli interventi dei volontari, fra i quali molti giovani genitori, hanno tracciato il ritratto di una realtà vivace, in cui ognuno si impegna a svolgere la sua parte, nonostante le difficoltà e la carenza di servizi e risorse, con una grande attenzione a tenere vive la storia e le tradizioni del territorio, come patrimonio di tutti.

Il vescovo ha sollecitato a rafforzare le relazioni tra le comunità e le persone, in un clima di solidarietà: “L’unità pastorale non è una moltiplicazione, ma una condivisione, un modo diverso di essere parrocchia, che poi si traduce in collaborazioni concrete, e in questo modo può diventare un segno profetico nella nostra società, oggi minacciata da un clima di ostilità e conflitto, in cui ognuno pensa soprattutto a difendere il proprio interesse. Così i cristiani che alimentano dinamiche di unità sono segno profetico per tutti”.

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