Valle Brembana: “Dalla parrocchia autosufficiente al lavoro di squadra dell’unità pastorale”

Dalla parrocchia “autosufficiente”, dotata di tutte le strutture necessarie per la vita della comunità,  all’unità pastorale, insieme di più parrocchie che collaborano con risorse (prima di tutto umane) e azioni coordinate, portando avanti gli stessi obiettivi attraverso un lavoro di squadra.

È un passaggio ormai familiare alle parrocchie della fraternità 2 della Cet 4 della Valle Brembana, dove si trovano infatti quattro unità pastorali che coinvolgono 21 comunità sulle 32 presenti nella zona. Il vescovo Francesco Beschi incontrando i sacerdoti nei giorni scorsi a Zogno, nel corso del suo pellegrinaggio pastorale, ha messo a fuoco alcuni passaggi fondamentali del cambiamento in atto.

“Nella nostra diocesi – ha sottolineato monsignor Beschi – le unità pastorali sono 33 e coinvolgono in tutto 133 parrocchie. È un cammino che sta proseguendo e si sta gradualmente ampliando, con risultati positivi. Quando viene prospettato in una comunità inizialmente suscita preoccupazione, ma si rivela poi come uno strumento prezioso per rispondere alle esigenze del territorio”.

Il ruolo del prete in un’unità pastorale richiede disponibilità ad adattarsi a un modo diverso di svolgere il proprio servizio: “L’unità pastorale – ha chiarito il vescovo – è una forma di condivisione e collaborazione organica stabile e costituita, riguarda tutti gli aspetti della vita delle comunità, dagli orari delle Messe all’organizzazione della catechesi, fino alla preparazione dei Centri ricreativi estivi. Le strategie d’azione si possono sempre cambiare, ma decidendolo insieme, con un lavoro di gruppo”.

Uno stile diverso, che ha conseguenze concrete per ogni comunità: “È importante scoprire la caratteristica particolare di ogni parrocchia, per salvaguardarla e valorizzarla – ha proseguito monsignor Beschi -, attuando nuove forme di condivisione, e non è facile. Per la maggior parte la vita delle parrocchie si somiglia: ci sono la celebrazione dell’eucarestia, il percorso per i sacramenti dell’iniziazione cristiana, la gestione delle diverse strutture”. Tocca quindi all’équipe pastorale individuare, far emergere e integrare le differenze: “Ci può essere per esempio una tradizione, una festa tipica di una singola parrocchia, e poi un’altra comunità che ha un oratorio più grande e attrezzato delle altre. Così ci si può aiutare a vicenda, preti e laici insieme, condividendo le responsabilità. Ogni parrocchia resta comunque protagonista, ha una funzione essenziale, è il luogo che identifica un territorio e un popolo e raduna tante persone diverse fra loro”.

Il vescovo ha insistito sull’importanza di riconoscere e rafforzare il ruolo dei laici: “È fondamentale promuovere una ministerialità laicale, le collaborazioni attuate devono essere riconosciute dai preti e dalle comunità, accogliendo ognuno con le sue capacità e le sue doti. E poi valorizzare il lavoro degli organismi parrocchiali”. Collaborazione, condivisione, servizio: sono questi, in sintesi, gli ingredienti fondamentali del lavoro comune di preti e laici nell’organizzazione di un’unità pastorale. Con la necessità di porre una particolare attenzione a superare una dimensione “autoreferenziale”, per portare “un annuncio, una speranza e un dono” nella vita di tutti, anche di chi non crede. Il vescovo ha sollecitato a trovare maggiore unità tra ciò che la parrocchia vive e la quotidianità delle persone: “A volte la vita parrocchiale funziona, ma la vita dei parrocchiani se ne va da un’altra parte”, molti ambiti ne restano esclusi. Anche per questo ha invitato a dedicarsi alle “terre esistenziali”, cioè le diverse dimensioni della vita di ognuno, dalle relazioni familiari all’educazione, dalla malattia alla cura, dalla vita politica alla cultura, considerandole unite all’annuncio del Vangelo e non “qualcosa di più e di diverso. In fondo da sempre l’attività parrocchiale è chiamata a unire eucarestia, catechesi e vita quotidiana. Oggi lo fa sapendo che la visione evangelica non è necessariamente la più diffusa e condivisa”. Monsignor Beschi ha concluso invitando a ragionare insieme anche sulla gestione delle strutture: “È importante decidere insieme, con trasparenza e correttezza, sugli interventi da attuare nelle strutture: chiese, oratori, e opere come scuole dell’infanzia e case di riposo, trovando criteri che abbraccino le esigenze di un territorio più ampio rispetto a una singola comunità”.

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