Apertura, tolleranza e compassione nella scrittura di Giovanni XXIII. Uno sguardo inedito sui Papi del XX secolo

Per comprenderne i cambiamenti tra il prima e il dopo essere saliti al soglio pontificio la psicologa e grafologa Lidia Fogarolo, servendosi anche di alcune immagini illustrative, cerca di entrare nell’animo dei papi (da Leone XIII a Giovanni Paolo II), nel saggio “Scrivere (nel)la storia” (Graphe.it Edizioni 2024, 284 pp., 15,90 euro), che contiene “Uno sguardo ai papi del XX secolo attraverso le loro grafie”, come recita il sottotitolo del testo. 

In questo interessante volume l’autrice compie uno studio psicologico inedito sui pontefici del Novecento analizzando il loro modo di scrivere.

Lidia Fogarolo, laureata in psicologia e specializzata in grafologia, lavora come analista e perita grafologa, ha al suo attivo diverse pubblicazioni in questo campo, da noi intervistata ci ha confidato:

“Questo libro ha rappresentato una vera sfida per me, come grafologa e come studiosa di psicologia”.  

  • Grazie alla grafia dei pontefici è possibile analizzare in modo nuovo quale eredità ciascuno ha lasciato alla Chiesa? 

«Colgo le sfide che la personalità ha raccolto nel preciso momento storico che ha affrontato un pontefice. Quali risorse ha raccolto, come ha risposto. In un secolo le personalità sono enormemente diverse. Facciamo due esempi: Pio XI e Pio XII, eletti uno dopo l’altro, due pontefici che si stimavano molto. Di fronte ai nuovi nemici, il comunismo in Russia, il fascismo in Italia e il nazionalsocialismo in Germania, si sono comportati in maniera diversa. Pio XI, carattere esuberante, si indignava, prima considerava Mussolini come “l’uomo della provvidenza”, dopo l’approvazione delle leggi razziali, esprimeva il suo sdegno in modo immediato, caloroso, perché era un tipo di sentimento, come risulta dalla scrittura. Pio XII ha affrontato le sfide successive con una personalità totalmente diversa. Molto concentrato in sé stesso quindi valutava, pesava ogni singola mossa che faceva, perché aveva ancora la convinzione che sul piano diplomatico sarebbe stato possibile attraversare quel periodo storico. Quando si accorse che con Hitler era impossibile fare un tentativo diplomatico, mise in campo altre risorse, come nascondere gli ebrei e i perseguitati politici in Vaticano o nei conventi di Roma. Fu questa la sfida di Papa Pacelli a Hitler, il quale a un certo punto, ordinò che il pontefice fosse trasferito in Germania come prigioniero politico».

  • Che cosa succede in un cardinale che viene eletto papa e quali sono i cambiamenti tra il prima e il dopo l’accettazione delle chiavi di Pietro? 

«Altro esempio: il cambiamento di personalità di Paolo VI, il traghettatore della Chiesa del Concilio nel mondo contemporaneo. Montini era un uomo creativo, intelligente, braccio destro di Pio XII. Fino a quando ha lavorato con Papa Pacelli, Montini, quindi, affidando a lui le decisioni ultime, era una personalità libera, originale. Diventato papa, Paolo VI è diventato molto più ponderato, affidandosi di più al pensiero razionale, meno all’istinto, valutando lentamente le decisioni. Questo si nota benissimo dalla scrittura di Montini, fino al suo tentativo estremo, come viene raccontato nel libro, di cancellarsi per diventare solo il Vicario di Cristo».

  • Interessante è il contrasto tra il linguaggio semplice che Giovanni XXIII usava nei discorsi “a braccio” e il linguaggio rigoroso, che emerge dai suoi scritti. Ce ne vuole parlare? 

«Giovanni XXIII sembrava avere una personalità malleabile, in realtà così non era. I suoi discorsi “a braccio” erano tanto semplici, quanto commoventi. Diverso il discorso di apertura del Concilio Vaticano II l’11 ottobre 1962, dallo stile rigoroso e incisivo. Un linguaggio di altissimo livello». 

  • Quando Roncalli diventò papa la sua grafia si modificò? 

«No. Roncalli prima di diventare papa aveva già maturato quelle doti caratteriali, che l’avrebbero fatto diventare una personalità che piaceva e conquistava tutti. Nella grafia aveva grandi segni di apertura, che esprimevano anche tolleranza. Emerge anche un grande senso di compassione per le difficoltà che l’umanità doveva sopportare».

  • Com’era la grafia di Giovanni Paolo I? 

«Con Albino Luciani raggiungiamo quella che grafologicamente rappresenta la bellezza, che non è la bellezza della scrittura calligrafica, ma la sapienza della scrittura caratterizzata da doti sostanziali dell’intelligenza, dell’originalità, insieme alle doti di sentimento. Il segno della psicologia, il segno sinuoso, quindi la capacità di comprendere le situazioni dall’interno. Papa Luciani aveva una personalità complessa, il suo pontificato si è concluso brevemente, altrimenti avrebbe segnato in modo determinante la storia della Chiesa».

  • Che cosa ha compreso del carattere del pontefice polacco studiando la firma di Karol Woytjla? 

«È una firma bellissima, che rivela un uomo grintoso e aperto nei confronti della vastità dei problemi dell’umanità. Segno sinuoso della personalità in abbondanza. Ha un bellissimo movimento, quando scrive “Karol” è molto disteso, largo, aperto, quando arriva al cognome, Woytjla, stringe di più. Si nota questo movimento di radicamento, questi tracciati decisi». 

  • Questo libro piacerebbe molto a Papa Francesco, non trova? 

«Credo proprio di sì, il Papa è un uomo curioso, vorrebbe sicuramente conoscere l’analisi della sua grafia, che ho fatto quando venne eletto pontefice. Il calibro piccolo della sua scrittura, un po’ come quella di Pio XII, sta a significare che Bergoglio non retrocede neanche di un passo».  

  • Analizzando la vita dei papi del XX Secolo, ha evidenziato che il perentorio invito alla pace, leit motiv che collega tutti i pontefici del Novecento, iniziato con Benedetto XV, è caduto letteralmente nel vuoto. La stessa cosa sta avvenendo con Bergoglio. Che cosa ne pensa?

«Benedetto XV assunse questa posizione scomoda di pacifista durante la I Guerra Mondiale, quando i pacifisti erano giudicati come dei vigliacchi. Benedetto XV definì la guerra “l’inutile strage”. Tutti i pontefici del Novecento si sono scagliati contro la corsa agli armamenti, denunciando questo spreco di denaro, che sarebbe potuto essere impiegato per i poveri, per la sanità e per l’istruzione. I politici, benché di religione cattolica, sono rimasti sempre sordi nei confronti di questi appelli dei pontefici. Eppure Bergoglio non smette di invocare la pace, instancabile e tenace. C’è una cosa che hanno in comune tutti questi pontefici, è quel segno grafologico, che rappresenta la fermezza di volontà, che non deflette minimamente». 

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