Pasqua. La donna che unge il capo di Gesù, esempio di chi sa attendere il tempo opportuno

È Domenica. Una domenica speciale per i cristiani: la domenica delle Palme che apre la Settimana Santa. Partecipo con i fedeli della parrocchia al rito della benedizione degli ulivi, la Processione e la Messa. Prima che inizi il racconto della Passione del Signore, avvertendo il pericolo di non riuscire a prestare la dovuta attenzione, sia per un lieve mal di testa, sia perché sentito molte altre volte, chiedo allo Spirito Santo di venirmi in aiuto…

La lettura a tre voci e gli intermezzi musicali che nei momenti salienti contribuiscono a dare tutta la calma necessaria per “entrare” nel racconto, sono un primo aiuto concreto.

Più degli altri anni, mi colpiscono i numerosi personaggi che si susseguono, uno dietro l’altro, che in modi diversi hanno a che fare con Gesù.  Non sono nemmeno troppo distanti da noi, penso…  A partire dagli intimi del Maestro, Pietro, Giacomo e Giovanni che non hanno saputo vegliare con lui… e poi Giuda, i capi dei sacerdoti, le guardie, Caifa, i soldati, la serva del sommo sacerdote… forse ognuno di loro ha da dirci qualcosa…

E finalmente, il Centurione che con il suo grido “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” sembra ridestare la nostra debole fede per riconoscere, oltre il velo della sofferenza, il Signore in cui abbiamo posto la nostra speranza!

La sera, in comunità, ho la bellissima opportunità dell’adorazione eucaristica prima dei Vespri. Scelgo di riprendere il testo della passione, di sostare su quelle pagine, ma avverto l’esigenza di uno sguardo femminile che mi aiuti ad avvicinarmi in un modo nuovo a quelle vicende, cariche di violenza, per coglierne il significato profondo che la nostra fede ci regala… 

In biblioteca trovo il testo “I Vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste”, un’opera realizzata da Rosalba Manes, Annalisa Guida, Rosanna Virgili e Marida Nicolaci. Cerco il capitolo 14 di Marco e dopo un tempo di adorazione silenziosa,  comincio a leggere. 

“Dopo due giorni si sarebbero celebrati la Pasqua e gli Azzimi. E intanto i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di prenderlo con l’inganno e ucciderlo… “. 
Bastano queste poche righe, tradotte dalle bibliste dal testo originale greco in una lingua italiana fluente e suggestiva, per rievocare in un attimo il drammatico racconto ascoltato la mattina. E mi ritornano le domande: perché? Perché tanta cattiveria verso l’Innocente? Come può l’uomo giungere a far soffrire tanto il Figlio di Dio? Perché questa violazione di dignità? Mi soffermo a pensare ai tanti oppressi, emarginati e sofferenti che in ogni luogo e in ogni tempo hanno condiviso la stessa sorte dell’Uomo dei dolori. E ho negli occhi i tanti crocifissi di oggi, uomini e donne privati della loro libertà e dignità, prima ancora che della vita. 

Con una certa sofferenza nel cuore, continuo a leggere: “Mentre Gesù era a Betania a casa di Simone il lebbroso e sedeva a tavola, arrivò una donna con un vaso di alabastro di unguento, un nardo genuino molto costoso. Ella, una volta rotto il vaso, ne versò il contenuto sul capo di Gesù”.

Immagino la scena e mi rendo conto di essere passata da un contesto di pericolo e di morte ad un luogo dove nasce la bellezza.

Interessantissimo, infatti, il commento di Annalisa Guida e la traduzione da lei usata nel riferire la risposta di Gesù ai presenti che non sanno altro che criticare: “Lasciatela fare! Perché la mettete in difficoltà? Ella ha compiuto un gesto bello nei miei confronti…” 

Mi colpisce la traduzione “gesto bello” invece di azione buona e anche io mi sorprendo ad ammirare questa donna che, diversamente da tanti che andavano da Gesù a chiedere (guarigioni, liberazioni dal male, ecc), ha donato, semplicemente, ha fatto un gesto bello nei suoi confronti, anticipando quello che non sarebbe avvenuto alla sua sepoltura. 

Al Capitolo 12, Marco aveva indicato un’altra donna elogiata da Gesù per il suo gesto: la vedova povera, “un modello per i discepoli – è il commento che segue – perché ella era stata l’unica a dare per il tempio tutto quanto avesse, nonostante la propria indigenza. Entrambe queste figure non pronunciano nemmeno una parola; si limitano a compiere un gesto, che è quello di fare tutto quanto è in loro potere per il proprio Signore, e per questo vengono spontaneamente lodate da Gesù. Autonome, risolute, riservate eppure intraprendenti, anonime ma destinate a lasciare il segno; decise, straordinariamente generose, preoccupate della serietà e della responsabilità del presente piuttosto che di garantirsi un futuro”.

Forse la donna che unge il capo di Gesù è stata posta all’inizio della Settimana Santa per offrirci un modello di chi sa riconoscere il tempo opportuno. Questo per Marco – continua la biblista – è il momento per riconoscere in che modo si sta profilando l’identità attuale e futura di Gesù. E solo la donna lo fa. Solo la donna riconosce il momento, diventando così modello per gli altri, tutti gli altri, i presenti e i futuri destinatari del vangelo. 

Noi siamo tra questi destinatari… a noi l’invito di stare dalla parte di chi compie gesti belli per il Signore, riconoscendolo in ogni persona che la vita ci mette accanto.

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