Giorni Santi per i giovani di Seriate: “Un tempo benedetto”

Il bene va raccontato, va detto bene, va benedetto. È stato tempo benedetto quello del Triduo Pasquale, per alcuni giovani e adolescenti di Seriate. Tre anni fa, raccogliendo una felice intuizione di don Leonardo, docente di Patrologia in Seminario e curato a Seriate, don Fabiano, curato dell’oratorio, ha proposto ai ragazzi l’esperienza dei Giorni Santi, giunta quest’anno alla terza edizione.

Tre giorni intensi, impegnativi, a tratti difficili, ma splendidi. Grazie ai due confratelli, anch’io quest’anno, in parte, ho potuto partecipare a queste giornate. Presso il noviziato delle suore della Sacra Famiglia, a Comonte, sulla collina che permette uno sguardo a 360 gradi sui paesi limitrofi e a due passi dalla splendida chiesetta di Sant’Eurosia, i cui restauri inaugureremo il prossimo 12 aprile, i ragazzi hanno vissuto insieme i giorni più importanti per i cristiani.

Un’esperienza di vita comune intensa, fondata sulla condivisione delle attività ordinarie, quali lo studio, la corresponsabilità nel preparare ciò che era necessario per tutti (cucina e attività, anche in oratorio) e momenti intensi di preghiera.

La preghiera, cuore dell’esperienza, è stata molta e profonda. Innanzitutto la preghiera liturgica, con la partecipazione ai riti propri della Settimana Santa, nei quali i giovani partecipanti all’esperienza sono stati protagonisti nell’animazione dei diversi momenti.

Accanto a questi, la partecipazione all’Ufficio delle Letture, al mattino alle ore 8 in Parrocchia, e i momenti di meditazione proposti da noi curati.

Di particolare rilievo il momento di adorazione eucaristica notturna in parrocchia, nella notte tra giovedì e venerdì santo, dalle ore 3 alle 4. Ora, qualche impressione personale.

Innanzitutto, vedere i giovani pregare, e pregare così come li ho visti farlo, ha aiutato anche me a pregare. Il rischio, per me prete, è che il Triduo Pasquale sia un “tour de force” di prestazioni, con tanta preghiera da preparare e proporre per altri e il rischio enorme che il senso profondo di quanto celebro sfugga o rimanga in secondo piano rispetto all’impegno pratico richiesto dalle celebrazioni.

Vedere i giovani donare tempo alla preghiera, “sprecarlo” nel senso meravigliosamente evangelico, mi ha aiutato a stare dentro i giorni santi con l’attenzione che deve caratterizzarli, quella che l’itinerario spirituale offerto dalla liturgia propone.

Peraltro, pensavo i giorni successivi, in questo tempo di facile squalifica di adolescenti e giovani, spesso esposti a giudizi sommari per via di qualche episodio negativo che trova particolare spazio anche sui quotidiani, ritrovare l’equilibrio nello sguardo su di loro è importante.

I nostri giovani e adolescenti, per la maggior parte, sono davvero bravi, hanno capacità di profondità e impegno importanti e smentiscono il facile adagio nostalgico del “non è più come una volta” (eh, sì, a quarant’anni posso dire che anche una volta non era tutto perfetto, frutto di convinzione e passione .. anzi…).

Nei giovani che ho visto in questi giorni c’erano entusiasmo e capacità di far fatica e questo è un segno di speranza da non trascurare: c’è chi saprà portare una ventata di aria fresca per la Chiesa di domani!

Nel laboratorio della prima sera, proposto dall’artista Laura Salvi, abbiamo lavorato sulla Veglia Pasquale, con un’esperienza ad alta concentrazione simbolica, che ha unito il buio alla luce, la croce all’Exultet, le parole alla Parola. Ed è stato bellissimo.

Certo, per un verso sono ritornato con la mente alla scuola media, quando ad ogni lavoro manuale in arte e immagine giungeva fatidico il solenne “Cos’hai combinato??”, cui rimediavo con l’interrogazione orale per non rovinare la media generale dei voti.

Ecco, per non venir meno alla mia personale tradizione, sono riuscito a dar prova della mia incapacità nella sezione “manualità” anche questa volta, venendo graziato dall’artista con un “non è andata così male” che mi ha dato una consolazione, nei Giorni Santi, degna della miglior tradizione degli esercizi spirituali ignaziani. Tuttavia, avevo scelto di incidere nella cera la parola “Grazia”.

È la parola dell’Exultet che sempre mi commuove e mi rimanda a quel prete, giunto al termine della sua vita, descritto da Bernanos nel suo Diario di un curato di campagna, che dice “Che cosa importa? Tutto è grazia”. È tutto Grazia e la grazia si fa plurale verso i ragazzi, don Fabiano e don Leonardo: Grazie!

  1. Il primo pensiero che mi viene spontaneo è dirti grazie perché mi è sembrato nel leggere il tuo scritto di essere stato presente anch’io. Sono assolutamente d’accordo con te che c’è molto bene nei giovani e che và detto.Va anche detta la mia personale ammirazione per il lavoro splendido di voi tre curati. Sono certo che il bene fatto ci ritorna più abbondante. Un abbraccio e un grazie da Virginio

  2. Sono pienamente d’accordo con il commento di Virginio; ho apprezzato lo scritto di don Alberto che ha dato modo di sapere quanto avete fatto e pregato con i giovani durante il triduo (mi dispiace non essere più giovane per assaporare queste esperienze). Nel mio piccolo, pensando alla domenica delle Palme dedicata ai bambini della 2.a elementare a cui ho avuto piacere di partecipare, la gioia e la freschezza che avete emanato voi 3 preti quarantenni insieme sono state notevoli.
    Grazie

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