Kate d’Inghilterra e la paura della malattia. Suor Chiara: “Fare i conti con il limite richiede tempo e cura”

Buongiorno suor Chiara,
Sono rimasta colpita dall’insistenza della stampa sulle condizioni di salute della principessa Kate d’Inghilterra. Ho provato compassione per lei, mamma di due bambini piccoli, costretta a parlare di una condizione che la fa soffrire e a vedere rilanciata la notizia in tutto il mondo. Mi ha fatto pensare al rapporto che ognuno di noi ha con le proprie malattie e debolezze, che di solito si vorrebbero nascondere al punto che si fa fatica ad affrontarle anche personalmente. Cosa ne pensa? Grazie
Luisa

Cara Luisa, la malattia della principessa Kate ha avuto un’enorme risonanza mediatica, purtroppo appesantita da illazioni, notizie false e a volte un po’ diffamanti, poco rispettose della sofferenza che tutta la sua famiglia stava attraversando.

Mi chiedo come si possa essere così superficiali e incuranti della vita delle persone, anche se sono principesse e principi, e tutto debba divenire occasione per fare spettacolo. Legittima la sua richiesta di poter vivere con la sua famiglia, e in particolare con i suoi bambini, questo passaggio di fatica e dolore.

La malattia è sempre una realtà che esige discrezione, rispetto, è da velare con tanta cura e tenerezza. Il rapporto con la malattia, è sempre molto delicato perché mette a nudo e infrange la nostra inclinazione a essere autosufficienti, protagonisti della nostra vita.

Quando siamo malati, l’incertezza, il timore e a volte lo sgomento, pervadono la mente e il cuore tanto da far perdere quei riferimenti che ci hanno sempre sostenuto. Fare i conti con il limite è un passaggio che esige tempo, sia per chi vive una malattia, sia per i propri familiari che ne condividono la sofferenza, la precarietà e l’incertezza.

Solitamente si tende a chiudersi nel proprio dolore, vivendolo in famiglia o con le persone più vicine, soprattutto quando le condizioni di salute sono serie e devono essere curate con terapie invasive o pesanti, come nel caso di diagnosi oncologiche. Infatti queste ultime ci mettono di fronte a quella “nemica” con la quale tutti dobbiamo riconciliarci affinché possa diventare un po’ più sorella: la nostra morte.

La malattia “impone” una domanda di senso che, nella fede, si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, ma che, a volte può non dare subito una risposta.

Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutare in questa delicata ricerca, anche se la loro vicinanza è fondamentale e necessaria: anche il credente, talvolta, può vacillare.

La Bibbia ci dona una ricchezza di preghiere di lamento e supplica, persino imprecazioni, di fronte alla propria condizione: non sono forse anche queste preghiere che nascono dal cuore e possono essere consegnate, senza vergogna, a Colui che ci ama e ci ha creato, e che sempre ci tiene sulle sue mani e non si scandalizza dei nostri sentimenti? La malattia è una realtà che fa paura e, quando irrompe e assale, può lasciare l’uomo sconvolto, fino ad incrinarne la fede.

La persona allora è posta di fronte a un bivio: permettere alla sofferenza di portarla al ripiegamento su di sé, fino alla disperazione e alla ribellione, oppure accoglierla come un’occasione di crescita e di discernimento su ciò che nella vita conta veramente. La sofferenza diviene una “seconda chiamata” che esige una risposta personale maturata nella solitudine e nella preghiera.

La comunità cristiana deve riscoprire il suo compito di vicinanza, solidarietà e accompagnamento delle persone malate, quale spazio privilegiato di annuncio dell’amore e della misericordia del Signore che ha preso e portato su di sé ogni malattia e dolore, e deve farsi vicina ai familiari che spesso portano il dolore e l’impotenza della situazione di un proprio caro, testimoniando la compassione di Dio, Padre buono che, con infinita misericordia, si fa carico delle sue creature ferite per curarle, risollevarle e salvarle. Il Signore doni perché il dolore condiviso anche a noi occhi e cuore capaci di vedere le sofferenze dei fratelli e di portarle con loro perché il peso diventi più leggero.

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