La Crocifissione di Picasso. Don Giulio Osto: “È come un grido di pace, ci mostra la realtà da una prospettiva diversa”

Un crocifisso, una donna che urla, entrambi bianchi, contornati di nero, mentre tutto intorno infuria una tempesta di forme, colori, personaggi: al centro della Crocifissione di Pablo Picasso – dipinta nel 1930, custodita al Musèe National Picasso di Parigi – ci sono la morte di un uomo e il dolore di chi resta. 

Questa rappresentazione inconsueta di Cristo sulla croce è stata esposta fra l’altro nel 2003 a una mostra al Pantheon di Roma in occasione del 25° di pontificato di Giovanni Paolo II. “Lancia un grido, un appello di redenzione, di pace, di riconciliazione”, come osserva don Giulio Osto, docente di Teologia alla Facoltà Teologica del Triveneto e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova, assistente spirituale del Collegio Universitario “Gregorianum” di Padova, curatore del libro “Invocata redenzione” (Ancora). Nel volume si trovano saggi di Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e di don Luigi Missaglia, teologo, morto nel 2006: “Picasso – spiega don Osto – può offrire molte provocazioni per un ripensamento del rapporto tra cristianesimo ed estetica moderna e contemporanea e per imparare, sulla scorta della riflessione di Romano Guardini, ad avere “occhi nuovi” sul mondo. Come accostarsi a correnti artistiche che a un primo sguardo sembrano non condividere nulla con il cristianesimo? Tutto si decide nella volontà di creare uno spazio di ascolto e nell’instaurare un dialogo serrato e profondo con questi insoliti interlocutori”. 

La Crocifissione di Picasso, un quadro piccolo e privato, non è fra le sue opere più famose. Come l’ha incontrata?

“Molti restano sorpresi quando scoprono che Picasso ha dipinto una Crocifissione. Io l’ho saputo ascoltando una lezione del corso di storia dell’arte cristiana della professoressa Dohna. Sono debitore anche al lavoro del teologo Luigi Missaglia – che scrisse la sua tesi in teologia proprio sul cubismo – originale per l’impostazione e per il tema. Anche per questo mi è venuto in mente di mettere insieme i loro contributi in un volume, con l’idea non solo di approfondire l’opera di Picasso ma di offrire un inquadramento del rapporto tra Chiesa e arte contemporanea”.

Quali aspetti lhanno colpita di questo dipinto?

“Picasso ha uno stile che crea scompiglio, interrompe, ferisce, a volte irrita, fa discutere. Sono sempre molto curioso nel lasciarmi coinvolgere e capire dove un artista vuole portarmi. In questo caso mi affascina la provocazione di rappresentare tutte le facce del reale, raccontando una realtà e una vita sempre in movimento. Entrando nelle opere di Picasso incontriamo decine di punti di vista, come in una forma di videoarte statica, come in “Guernica”, per esempio, dove mostra tutte le sfumature della guerra, ne denuncia gli orrori e le conseguenze sull’umanità”. 

Come affronta Picasso questo tema sacro?

“Un tema cristiano affrontato da un artista come lui è una bella sfida per i teologi e per gli storici dell’arte. Da un’analisi approfondita possono emergere diversi aspetti, a partire dallo sguardo dei cattolici sull’arte del Novecento. In genere siamo ancora affezionati a un’arte imitativa che rappresenta la realtà, ma ovviamente non è l’unico tipo di arte esistente. Si può restare spiazzati osservando l’opera e pensando che nell’arte cristiana ci sono canoni consueti, tradizionali, “obbligatori”. In questo caso però la funzione del dipinto – molto piccolo, 51,5 per 66 cm, ndr – non è liturgica, ha un valore personale e privato, l’artista l’ha realizzata per sé e l’ha sempre tenuta in casa. Osservarla mi ha spinto a riflettere sulla possibilità di usare stili diversi, anche per soggetti sacri: sicuramente ci vuole discernimento, lo sforzo di non essere generici, ma di lasciare comunque spazi per sperimentare. Il dibattito è aperto, senza posizioni estreme”.

Questa rappresentazione, molto personale, coglie laspetto drammatico della Passione e della morte. Come lo interpreta? 

“Il dipinto contiene molti elementi, si presta a diverse letture. Ci vuole tempo per entrarci dentro. Sono presenti alcuni temi iconografici “classici” come il centurione che spinge la lancia nel costato di Gesù, i soldati che giocano a dadi, accanto a dettagli diversi. Picasso non rappresenta la realtà così com’è, ma conduce l’osservatore a farne una diversa esperienza. Alla base della Crocifissione c’è l’idea di coinvolgere lo spettatore nel dramma che si sta consumando: la tragedia della storia entra dentro l’opera. Osservando il dipinto di Picasso si possono ritrovare tutte le tipologie di reazione rispetto a Cristo: c’è chi pensa a se stesso, chi lo inchioda, chi si volta dall’altra parte. Se vogliamo un’opera che ci rassicuri dobbiamo cercare altrove, ma se vogliamo lasciarci attraversare e ferire, Picasso ha molto da dirci. Il pittore raffigura nel quadro anche alcuni suoi problemi personali, manifestando la sua ricerca di redenzione, conciliazione e pace. Mette in scena un dramma relazionale”.

Al centro della scena ci sono il Crocifisso e una donna che urla il suo dolore, lunica zona bianca, contornata di nero, in un dipinto dai colori accesi. Un segno di fine, mortalità o speranza?

“È molto forte la scelta di rappresentare Cristo e la croce con il colore bianco, che potremmo definire opposto a quello reale. Il rosso del sangue è dappertutto tranne nel luogo dove più ci aspetteremmo di trovarlo. Una scelta che colpisce e attira lo sguardo. Ci sono mille citazioni nel quadro e per riconoscerle bisogna osservarle con cura, attenzione e pazienza. Tutti i colori ruotano intorno al bianco della croce che può rappresentare il dolore, ma anche la speranza nella tragedia. Quel bianco in mezzo a tutto il caos può essere letto come un grido, un appello, uno squarcio di luce, l’“Invocata redenzione” del titolo, ma potrebbe essere anche “Invocata pace”, o “riconciliazione”, con un messaggio attualissimo anche ai nostri giorni. Picasso offre una “conversione dello sguardo”, come diceva Romano Guardini: nuovi occhi per guardare la realtà. Tra le mille crocifissioni che ci sono, questa riesce a dire qualcosa di diverso, mettendoci forse anche a disagio, ma offrendoci chiavi di lettura originali”.

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