Residenza Caprotti Zavaritt a Gorle, fare squadra per la cura degli anziani più fragili

A Gorle la Residenza sanitaria per anziani “Caprotti Zavaritt” non è solo un luogo di cura e assistenza ma anche di dialogo, fraternità e amicizia. Lo ha sottolineato il vescovo Francesco Beschi durante la “visita ecumenica” che è stata una delle prime tappe del pellegrinaggio pastorale nella fraternità 1 della Comunità ecclesiale territoriale (Cet) 10 di Scanzo-Seriate.

La casa è stata aperta nel 1984, quarant’anni fa, dalla Tavola Valdese, che giuridicamente rappresenta tutte le chiese valdesi e metodiste italiane: “È un’opera diaconale – ha precisato Eric Luchsinger presidente del comitato di gestione della Casa di riposo – nata con l’obiettivo di aiutare gli anziani e le famiglie accogliendo le persone senza alcuna discriminazione di nazionalità e fede religiosa, con la sola esclusione di alcune patologie che non possono essere gestite qui ma solo in ambito ospedaliero”.

Ci sono 50 camere e 62 ospiti residenziali e un centro diurno con altri 30 ospiti. “Il nostro obiettivo – ha continuato Luchsinger – è il miglioramento della qualità di vita dell’ospite. Per questo cerchiamo di creare un ambiente piacevole e servizi che si prendano cura della persona nella sua interezza, dal punto di vista psicofisico ma anche relazionale”.
Hanno partecipato anche Maria Girardet, presidente del consiglio della chiesa valdese di Bergamo, 95 anni, che ha raccontato al vescovo la storia della struttura, il direttore della Casa Paolo Versace, il parroco di Gorle don Franco Castelli, il pastore della chiesa valdese di Bergamo Italo Pons, il sindaco del paese Giovanni Testa e Sara Tassetti, assessore ai servizi sociali. Un incontro dal forte valore simbolico, in cui si è manifestato l’impegno comune della comunità locale per il benessere delle persone, e in particolare dei più fragili.
Il vescovo ha ripercorso il suo cammino attraverso le 387 parrocchie della diocesi come straordinaria possibilità di incontro, e ha ricordato ai presenti il valore degli sguardi, dei gesti, dei sorrisi come elementi necessari per costruire un’atmosfera positiva, anche nei momenti di difficoltà: “Il mondo dell’anzianità è molto vario, si nasce molto meno ma si invecchia molto di più. La vita si prolunga, e vorremmo che questo avvenisse nel modo migliore, anche se qualche limite con l’età bisogna accettarlo. Col tempo le case di riposo come questa sono molto cambiate: vengono promosse tante attività perché ci si senta ancora protagonisti della propria vita, e non solo persone assistite a causa delle proprie condizioni”.
Ha ricordato la sua esperienza negli anni di malattia della madre: “Ci sono alcuni piccoli suggerimenti che ho sperimentato da quando mia madre si è ammalata di Parkinson e per dieci anni abbiamo avuto il dono di accudirla. Lei faceva fatica a muoversi e col tempo anche a parlare e a deglutire. In quel periodo mi sono accorto per esempio di quanto valore abbia uno sguardo. È una condizione che tutti abbiamo sperimentato con la pandemia, indossando la mascherina. Abbiamo scoperto che si può comunicare molto con gli occhi. Si può esprimere benevolenza, bontà, riconoscenza e così contribuire a creare comunità, un’atmosfera positiva e un bel clima”. Il vescovo ha ricordato che se anche la parola diventa difficile, resta sempre la possibilità di sorridere: “Un sorriso è un gran bel regalo: allarga il cuore, può illuminare una giornata. Vivendo insieme è importante volersi bene, un’azione che rende migliore la vita”.
Il parroco don Franco Castelli e il pastore Italo Pons hanno condotto un momento di preghiera, a partire dalla pagina di Vangelo dei discepoli di Emmaus. Don Franco ha invitato “a riconoscere la presenza di Gesù nella vita quotidiana, in un clima positivo di comunità anche nei gesti semplici come la condivisione del pasto”, e l’importanza di manifestare gentilezza e gratitudine alle persone che abbiamo accanto. “In una casa di riposo – ha sottolineato il pastore Pons – si ritrova una lettura del cammino dell’esistenza, dall’infanzia alla vecchiaia. È anche il luogo in cui si manifesta il riconoscimento del nostro cambiamento nel tempo. Anch’io vado a trovare mia madre in una casa di riposo, so bene quindi che si tratta di una fase della vita non facile, ma come pastore riconosco l’importanza delle relazioni che l’accompagnano, quanto sia prezioso il sostegno degli operatori e dei parenti”.

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