La forza dei fragili. Marco Bartoli: “La sfida più grande per la società è saper accogliere tutti”

Venerdì 10 maggio 2024, alle 18.00 a Bergamo, presso la Biblioteca dei Centri Pastorali, in Via del Conventino 8, si terrà la presentazione del libro di Marco Bartoli, “La Forza dei Fragili. Poveri ed esclusi nel Medioevo” (Carocci Editore 2024, pp144, 12,00).

Una serata, organizzata dalla Biblioteca Diocesana in collaborazione con gli Uffici della Terra Prossimità e Cura, dove si illustrerà la faticosa strada percorsa da poveri, nemici, infedeli, donne ed eretici, da una parte giudicati estranei dalla normalità sociale, ma insieme destinatari di progressivi percorsi di accoglienza e di cura.

Interverranno Marco Bartoli, Professore di Storia medievale alla LUMSA e autore del libro, in dialogo con don Mattia Tomasoni, direttore dell’Archivio e della Biblioteca diocesani, Maria Teresa Brolis, storica del Medioevo e Giuseppe Giovanelli, delegato vescovile per la Prossimità e cura.

Abbiamo intervistato il Professore Marco Bartoli.

  • Tra tutti gli esseri umani delle generazioni che ci hanno preceduto ce ne sono alcuni che sono stati meno studiati di altri: i più fragili. Per quale motivo? 

«Il motivo è anzitutto nelle fonti. Le fonti, per studiare la storia, sono soprattutto scritte. Per molti secoli avevano accesso alla cultura scritta solo pochissime persone, in genere maschi, adulti, benestanti. La difficoltà è avere il punto di vista delle persone più fragili. È più facile avere la storia del pregiudizio nei confronti delle persone fragili».

  • Nel periodo medievale come furono trattati gli elementi più fragili della società? 

«Nei primi 500 anni, tra il 500 e l’anno 1000 è tutta la società che è fragile. La vita è difficile, non si superano i 40 anni, un terzo delle donne muoiono di parto. In Europa c’è una diminuzione della popolazione impressionante. Sopravvivere è già un buon risultato. In questa situazione i più fragili sono sempre quelli della Bibbia, cioè le donne, soprattutto quando restano vedove, i bambini e i disabili. La situazione cambia dopo l’anno Mille, perché c’è una ripresa di produzione agricola, la popolazione cresce e ricrescono le città. In città ci sono i poveri, che conosciamo ancora oggi, cioè i mendicanti, i bambini di strada, le prostitute».

  • Nel libro sottolinea il legame tra le cause dell’emarginazione e dell’esclusione e la guerra. La guerra è non solo la madre di ogni povertà ma anche la madre di tutte le esclusioni? 

«La guerra per sua natura ha bisogno di costruire l’immagine del nemico; quindi, la guerra si fa prima con la propaganda e poi con le armi. Bisogna descrivere il nemico come non umano per poterlo veramente combattere. Ecco perché nelle cronache della prima Crociata, Maometto viene descritto come un epilettico, un indemoniato. Da qui nasce e cresce l’intolleranza contro i musulmani, considerati infedeli, contro gli ebrei, visti come perfideles, perfidi. Poi gli eretici… quindi l’intolleranza cresce e costruisce i suoi obiettivi».

  • Quando tra il XII e il XIII Secolo si passa da una società prevalentemente rurale a una prevalentemente urbana come cambia la condizione dei fragili? 

«Mentre nell’alto Medioevo si poteva far fronte alla condizione dei fragili come casi personali e quindi affidarli alla buona volontà di una persona o di una famiglia, in città i fragili sono un problema sociale, quindi bisogna trovare delle soluzioni collettive. Nascono così le confraternite, le misericordie, i primi ospedali e i primi orfanotrofi. Sono le risposte che la città cerca di dare a questa nuova realtà». 

  • Qual è la forza dei fragili?

«È la capacità che queste persone hanno rivelato nel corso dei secoli di mostrare e di rivendicare la loro dignità di esseri umani. E questo è stato il contributo che hanno dato alla storia di tutti. In fondo siamo tutti fragili, anche se qualcuno vorrebbe negarlo». 

  • Papa Francesco ha sempre avuto un’attenzione particolare nei confronti dei fragili, degli esclusi, degli ultimi. Che cosa ne pensa? 

«Questa è una grande sfida. Solo una società capace di accogliere tutti è una società che avrà un futuro». 

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