Va bene pregare per gli esami? Suor Chiara: “Rivolgersi a Dio è un atto di fiducia”

Buongiorno suor Chiara,
si avvicina la sessione estiva degli esami, sia per i ragazzi che affrontano la maturità sia per gli studenti universitari. Sono una nonna e in queste occasioni prego sempre per i miei nipoti, ma ho consigliato anche a loro di farlo. So che può sembrare una cosa un po’ opportunistica e strumentale. Loro sorridono e mi dicono che Dio ha cose più serie di cui occuparsi. Secondo me comunque gli fa del bene. Cosa ne pensa? Grazie mille
Maria

Dio ama occuparsi di ciascuno dei suoi figli, cara Maria, e ai suoi occhi ognuno è unico, irripetibile, importante, degno della sua cura. Egli accompagna le nostre vicissitudini quotidiane con la stessa passione e con lo stesso interesse con i quali segue le grandi sfide mondiali, disposto ad aiutarci a compiere al meglio i nostri doveri, gioendo dei risultati positivi che, anche con il suo aiuto, otteniamo. 

Egli non disdegna di accogliere l’invocazione dello studente che, in prossimità di un esame o di una interrogazione, chiede con umiltà il suo aiuto, sia l’accorata preghiera per la pace che, in questi mesi, sale incessante al Cielo da ogni parte della terra!

Può apparire “scandaloso” questo Dio che non disprezza di entrare nelle pieghe della nostra quotidianità più spicciola, ma questo è il Dio che ci ha rivelato Gesù: ai suoi occhi ogni creatura, ogni persona è degna di stima e di cura. 

Fatta questa premessa, è necessario, tuttavia, fare alcune chiarificazioni, onde evitare fraintendimenti.

Credo sia importante dire che la preghiera non è una polizza assicurativa per ottenere la promozione scolastica, o il raggiungimento di traguardi professionali; non è, nemmeno, – perdoni l’esempio banale – inserire uno “spicciolo di Ave Maria” in un distributore di “grazie”, ma è un atto di fiducia in Dio, davanti al quale noi ci riconosciamo poveri, fragili, sempre bisognosi del suo aiuto. 

Se, come accade più volte, uno studente telefona in monastero chiedendo una preghiera affinché l’esame universitario, l’interrogazione scolastica o persino la gara atletica vadano a buon fine, noi rispondiamo che il nostro ricordo nella preghiera è assicurato, ma a nulla vale se da parte sua non vi è l’accortezza di prepararsi, di fare al meglio il suo dovere con serietà e impegno. Dio, infatti, non si sostituisce mai a noi: se non si studia, se non ci si prepara, Egli non può proprio fare nulla per noi.

Pregare, infatti, non è demandare il nostro impegno al Signore, al contrario! È, invece, chiedere a Lui l’aiuto necessario perché possiamo fare al meglio la nostra parte. 

Ciò implica necessariamente una relazione di fiducia con Lui e una frequentazione assidua come fra due amici che si stimano e si amano a vicenda. In questo contesto, ogni nostra richiesta, anche quella di un buon esito di un esame scolastico, è accolta da Lui con magnanimità, come è scritto nel libro dei Proverbi: “Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri” (Pro 3,5-6). 

Se invece non esiste nessuna relazione con il Signore, la nostra richiesta può diventare un modo pagano per accattivarsi la protezione della divinità. E il rischio di cadere in questa forma di paganesimo è alto anche ai nostri giorni.

Come pregare, allora, in modo da piacere al Signore? Con sincerità, umiltà, senza pretese, e con la fiducia del bambino verso il suo papà, come ci ricorda san Paolo “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil. 4,6). 

È questo che auguro anche ai tuoi nipoti, cara Maria, e a tutti gli studenti che, approssimandosi alla sessione estiva, saranno chiamati ad affrontare prove d’esami importanti per la loro esistenza.

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