Leggo con attenzione e particolare interesse le diverse letture che in molti, da diverse prospettive, stanno dando del presente e del futuro della Chiesa, anche in articoli apparsi in questo nostro notiziario diocesano. Mi permetto di aggiungermi a questi autori, portando una riflessione che deriva dal mio osservatorio particolare di curato in due oratori.
L’illusione del “torneranno quando saranno genitori”
Si sente spesso dire, parlando degli adolescenti e dei giovani assenti dalle nostre liturgie e dalle nostre catechesi che, in fondo, è normale sia così, quindi possiamo stare tranquilli perché certamente “torneranno quando saranno genitori”.
Ciò che mi stupisce, sinceramente, è la facilità con la quale sento spesso pronunciare questa affermazione, nonostante sia assolutamente evidente che non è così! Se così fosse, i genitori di oggi, che hanno i bambini alle elementari o alle medie e sono nella mia fascia di età (35-40 anni) costituirebbero la maggior parte delle nostre assemblee liturgiche, insieme con i loro bambini. Invece, sono esattamente la fascia più assente.
È vero, al momento, almeno qui da noi, iscrivono ancora i figli alla catechesi, soprattutto negli anni in cui “c’è da ricevere il sacramento” (è un dovere? Ah sì? Perché??), ma, per il resto, non si vedono. Al massimo li si incrocia quando accompagnano i figli alla catechesi… O quando alla domenica i catechisti devono attendere con alcuni bambini in Chiesa, dopo che la Messa è terminata da 20 minuti, il genitore che torna dalle spese o dall’aperitivo, entrando in Chiesa per prendere il bambino allo stesso modo con cui entrano al supermercato, forse perché il segno di croce richiede una capacità di coordinarsi propria solo dei laureati in scienze motorie. Ecco, io credo il punto sia questo:
non esistono automatismi nella libertà umana e nella fede.
Che il figlio, all’inizio del percorso catechistico, possa essere una splendida pro-vocazione a riprendere le fila del discorso della fede personale del genitore e il legame con la comunità ecclesiale è fuor di dubbio, così come che spetta a noi sacerdoti e ai nostri catechisti predisporre percorsi seri che favoriscano questo passaggio. Tuttavia, resta la libertà di ciascuno di posizionarsi come crede dinanzi alla questione radicale della fede.
E poi occorre coerenza
Certo, come mi piace sempre ricordare ai genitori, occorre coerenza, senza la quale non solo resta inefficace ogni tentativo di introduzione alla fede da parte dei catechisti e dei sacerdoti, ma va in crisi l’intero impianto educativo. A che serve scrivere ai sacerdoti per sapere quando saranno le Cresime e le Prime Comunioni che non abbiamo potuto celebrare dopo Pasqua, con tanto di “insomma, serve saperlo, perché è importante la Santa Cresima!” (eh già, perché giustamente questo il don mica lo sa!), se non abbiamo mai seguito il percorso di fede dei ragazzi, condividendolo con loro, e i ragazzi stessi non partecipano a una Messa da prima del lockdown? Sono sincero, ho preferito mille volte la persona che mi ha scritto: “Scusi don , mi dice la data del sacramento? Il ristorante vuole saperla…”:
viva la sincerità! Siamo a un punto cruciale per la fede, dove la coerenza non può più essere un optional. Chissà, forse, come dice il mio parroco, si potrebbe mettere un bel cartello, fuori dall’Oratorio prima delle iscrizioni e fuori dalla Chiesa: “NON È OBBLIGATORIO!”.
Da parte nostra, occorre che con gioia continuiamo a dare una testimonianza gioiosa che restituisca come l’incontro autentico con Cristo cambia la vita, colmandola di gioia.
Forse in questo modo, chi ci vedrà si domanderà: “Cosa mi sto perdendo?”. E allora, la curiosità si farà ricerca. E il Signore si farà trovare, come fa da sempre con chi lo cerca con il cuore.