Punta dell’iceberg. Il lavoro dei coordinatori Cre

Ho sempre bisogno di qualche giorno, dopo un mese di CRE, per parlare… del CRE! Mi fa sempre impressione il lunedì mattina successivo alla conclusione dell’esperienza.

Non il sabato, non la domenica, perché anche durante il CRE il sabato e la domenica sono giorni di riposo, nell’attesa del lunedì, quando l’Oratorio torna a riempirsi e la voce dei bambini a sentirsi anche a parecchia distanza, insieme alle indicazioni che don e coordinatori danno al microfono: “Nelle squadreeeee … iniziano i torneiiiii!”.

Il lunedì mattina, dopo quattro settimane piene, in Oratorio è presente solo il silenzio.

Nessuno corre, nessuno gioca. Restano alcuni brandelli di nastri tirati, qualche pallone in giro, gli spazi da pulire bene. Ma quel silenzio dice che un tempo importante si è chiuso, come è giusto che sia, come è necessario perché se ne apra un altro.

Ma cosa sono queste quattro settimane di CRE? Vorrei rileggerle alla luce di quel gruppetto di ragazzi che si chiamano “coordinatori”.

Il Cre, frutto di un lavoro che inizia a gennaio

Quelle quattro settimane, innanzitutto, sono il frutto di un lavoro che, a Grumello e Telgate, inizia a fine gennaio.

Ci si incontra, si riprendono in mano gli appunti dell’estate precedente, le parole scritte in sede di verifica dagli animatori, si ipotizzano le date del CRE e la struttura di massima.

Poi, con l’arrivo dei materiali diocesani, che fissano tema, contenuti, titolo e, col tempo, inno, balli e preghiera, si prosegue il lavoro dando forma all’esperienza definitiva. E questo chiede tempo, tanto tempo.

I coordinatori sono soprattutto giovani universitari o che hanno appena sostenuto l’esame di stato delle superiori, che devono destreggiarsi tra studio, impegni personali e la quantità di lavoro tutt’altro che lieve che la preparazione di un’esperienza educativa per centinaia di ragazzi richiede.

Giovani universitari diventano motore della comunità

Eh sì, un’esperienza che muove quasi 300 bambini, 60 animatori, oltre agli adulti  volontari, per venti giorni, non si improvvisa.

Come si prepara? Innanzitutto con un clima buono tra i coordinatori: occorre si sia capaci di dividersi i ruoli, di rispettare le scadenze perché le varie parti si incastrino a perfezione, che si  sia disponibili a ridere insieme e a lasciar perdere di sottolineare ogni minimo errore degli altri.

Certo, occorre la schiettezza di dirsi quello che non sta andando bene, se ci sono eventuali ritardi nella preparazione, se si vede un calo di impegno, ma sempre con l’intento di chi vuole aiutare l’altro a rimettersi in pista per il bene di tutti.

Il CRE, alla fine, è solo la punta dell’iceberg di un lavoro enorme, fatto di serate che iniziano anche alle 19, con una pizza mangiata tra una parola e l’altra che ha come tema le cose da fare, ore al computer e sulle schede di iscrizione, nella stanza dei materiali e negli spazi da allestire.

Tante volte, la frase “buonanotte, ci sentiamo sul gruppo Whatsapp per quando ci vediamo la prossima volta” è stata pronunciata ben oltre la mezzanotte.

E magari pochi giorni dopo c’era un esame da sostenere,  oppure, il giorno seguente, c’era da presentarsi puntuali al lavoro. Per questo chiedo alle famiglie, quando li incontrano, di ringraziare queste ragazze e questi ragazzi, perché se il CRE c’è e funziona bene, il merito è in gran parte loro.