Vocazioni giovanili a Bergamo: la fraternità Nazareth all’oratorio di Mozzo

Una nuova comunità. Che ha la forma di una casa. E sta dentro un oratorio. Il Seminario di Bergamo ha trasformato da quest’anno il suo cammino di propedeutica alla Teologia. Che ha preso il nome di ‘Fraternità Nazareth’ e ha sede a Mozzo.

“L’esperienza nasce dopo i tanti anni che la Scuola vocazioni giovanili ha vissuto presso i Preti del Sacro Cuore – spiega don Massimo Colombo, che da quest’anno riveste il doppio incarico di curato di Mozzo e direttore della Fraternità Nazareth –. La SVG, nata nel 1985 su volere dell’allora rettore del Seminario Roberto Amadei e del Vescovo Giulio Oggioni, è stata un’esperienza residenziale dentro una comunità di preti. Negli ultimi anni è maturata l’esigenza di dare un volto nuovo all’anno di discernimento, personale e comunitario, per provare a scandagliare se il percorso verso il sacerdozio è l’esperienza che il ragazzo vuole vivere”.

Una nuova comunità all’interno di una parrocchia

La nuova fraternità è l’esito di un lungo processo di riflessione, che ha visto impegnati il vescovo Francesco Beschi e il rettore del seminario don Gustavo Bergamelli, insieme all’equipe che ha seguito negli scorsi anni la Scuola Vocazioni Giovanili.

“Hanno ritenuto opportuno avviare questa nuova proposta, più idonea ai tempi che stiamo vivendo: il fulcro della questione è che il discernimento ha sempre più bisogno di contatto con la realtà quotidiana. Da qui la nascita di una realtà che ha le radici nel passato ma è qualcosa di nuovo.

Cammino di preparazione a confronto con la realtà quotidiana

La comunità di propedeutica, che non è ancora seminario ma un cammino di preparazione, si inserisce dentro una comunità parrocchiale: il confronto con la vita del presbitero, il contatto con la realtà parrocchiale e il territorio dentro l’ordinarietà della vita aiutano a crescere e a vivere il proprio discernimento. I pilastri rimangono gli stessi, ma il lavoro di conoscenza di sé e il rapporto con il Signore avvengono dentro una realtà parrocchiale”.

Il nome Fraternità Nazareth esprime la nuova configurazione della realtà. “Il nome ‘Fraternità’ dice che la costruzione delle relazioni e della vita comunitaria non avviene scegliendosi, ma trovandosi e facendolo in nome di Qualcun altro, sempre nel rispetto reciproco. ‘Nazareth’ fa riferimento al fatto che Gesù ha vissuto tre quarti della sua vita dentro l’ordinarietà, tra famiglia, lavoro e studio. Così per i ragazzi che si interrogano sulla propria vocazione, c’è un anno di vita quotidiana, in cui loro continuano a fare quello che hanno fatto fino adesso (lavoro o Università). Dentro la vita quotidiana si inseriscono tempi di preghiera e spazi di confronto per chiedersi a cosa il Signore sta chiamando”.

Il patrono della comunità è Charles de Foucauld

Il patrono della comunità è Charles de Foucauld. “Si tratta di un monaco missionario: lui stesso ha incarnato questa spiritualità della vita nascosta di Nazareth. Dentro la vita normale, famigliare e fraterna, un ragazzo prova ad apprendere l’amore per la preghiera, ad imparare un mestiere, a fare conoscenza di sé. L’anno della propedeutica non è una sala di attesa alla Teologia, è un vero e proprio tempo in cui provare ad innescare la vita spirituale, l’impegno pastorale e il lavoro su di sé, alla ricerca di chi sono e cosa voglio. L’essere monaco dice la dimensione della preghiera, del lavoro su di sé, ma c’è anche la missionarietà, perché si diventa testimoni dentro un contesto”.

La giornata tipo alla Fraternità Nazareth è ricca di tanti momenti diversi. “Al mattino abbiamo la preghiera condivisa alle 6.30, subito dopo la colazione, poi ognuno parte per le sue attività (seguire le lezioni in Università o Accademia, o andare al lavoro). Ci si ritrova per pranzo, che ci viene preparato, a differenza degli altri mestieri di casa, dove la gestione è affidata a ciascuno. Il pomeriggio è dedicato allo studio personale o ad altre attività. Tutti i ragazzi vivono una forma di impegno nella comunità parrocchiale: come allenatore di calcio, nella catechesi o a trovare gli ammalati”.

L’impegno e l’attenzione agli altri si realizzano nel territorio

“L’impegno e l’attenzione agli altri dentro il territorio – continua don Massimo – sono uno stimolo per provare a pensare non solo a sé stessi: sporcarsi le mani, lavorare per gli altri e uscire da te stesso aiuta a capire cosa vuoi dalla tua vita. I ragazzi seguono anche alcuni corsi legati alla propedeutica, chiesti dalla ratio studiorum della Teologia (come greco, latino e filosofia, particolarmente utili per chi non li ha mai fatti). Ci sono poi l’adorazione o la celebrazione della Messa (a volte solo tra di noi, a volta in parrocchia) e alla sera degli incontri formativi o spirituali (di carattere psicologico-relazionale, oppure l’istruzione del padre spirituale don Luca Testa o ancora gli incontri con altri sacerdoti della diocesi e con testimoni di esperienze particolari). Ogni mese viviamo un ritiro mensile di una giornata”.

La vita comunitaria, dunque, si colloca dentro una realtà parrocchiale, ma anche dentro la più grande realtà diocesana. “Partecipiamo agli eventi diocesani, soprattutto quelli legati al mondo dei giovani, per tenere anche un respiro più ampio: si è inseriti dentro una Chiesa, nella prospettiva di essere mandati nella Chiesa stessa”.

Tanti ingredienti che fanno da contorno ad un cammino di discernimento che può durare uno o due anni a seconda delle situazioni personali.