San Vincenzo, il volontariato è fatto di vicinanza “a chi vorrebbe ricominciare e non sa come”

Il volontariato della prossimità è fatto di piccoli gesti, attenzione a chi non è visto, incontro e relazione nella quotidianità di chi può suo malgrado vivere nella solitudine. Spesso i volontari e le volontarie della San Vincenzo de Paoli incrociano storie di persone che, “cadute”, non sanno come rialzarsi. Tendere la mano diventa allora il primo gesto di carità. Ecco il racconto di una di queste esperienze.

“La nostra Conferenza S. Vincenzo opera in un territorio montano non segnato da confini.

Attraversando quest’area, l’occhio spesso andava a cadere sui vetri delle finestre di un appartamento, dove, anno dopo anno, una densa patina andava progressivamente depositandosi e dove le tende via via si deterioravano.

Sapevamo che all’interno viveva una persona sola…

Le assistenti sociali che si sono susseguite negli ultimi tempi ci autorizzavano alla consegna di una buona fornitura alimentare. 

Ad aprirci la porta, una persona dai tratti molto solari, l’apparenza era però assai trascurata…

Quest’ultimo aspetto ha suscitato in noi vincenziani il desiderio di andare oltre…

Durante l’incontro periodico con l’Assistente Sociale abbiamo esposto questa nostra richiesta e lei, vista la nostra apertura si è resa disponibile a un incontro con la persona che ci faceva nascere questo desiderio di aiuto, con un suo parente e con 2 volontari della S. Vincenzo. 

Una situazione di grave degrado e precarietà

Quello che si è presentato ai nostri occhi dentro l’abitazione andava al di là di ogni immaginazione e aspettativa…

Abbiamo comunque scelto di metterci in gioco…

Per l’intervento potevamo contare su un paio di volontari esterni, i quali però non sono stati coinvolti nella parte iniziale dell’opera: non avrebbero accettato di addentrarsi in una situazione tanto degradata.

In quel grande appartamento molto era da salvare… C’erano ricordi di una vita da riconsegnare!

Abbiamo, dunque, dato inizio al complesso intervento.

Questa persona si è lasciata docilmente accompagnare e in certi frangenti ci siamo aiutati reciprocamente (in ciò che poteva, essendo avanti negli anni…)

Lentamente tutto iniziava ad assumere una forma e una fragranza nuova. 

L’opera di carità collettiva dei volontari

Le nostre fantastiche volontarie hanno veramente messo il cuore nelle loro mani, i volontari della pubblica assistenza sono stati impegnati per la sostituzione di divani e poltrone gentilmente donatici, gli idraulici per la parte fondamentale: il ripristino del lavello in cucina e della funzionalità degli scarichi dei bagni, l’elettricista, infine, per l’installazione di un forno a microonde e la sostituzione delle lampadine… Con pazienza, tutto veniva rimesso in funzione.

La sostituzione dello scaldabagno ha ripristinato la condizione di potersi finalmente lavare e indossare quegli indumenti che erano stati lavati e rigenerati. 

Più volte ci siamo chiesti con sgomento: come ha fatto a resistere nel lungo, amaro periodo della pandemia, dentro una situazione tanto precaria?

Il giorno della verifica finale, la gioia ha veramente abitato il nostro cuore: sentire un parente stretto ammettere di non aver riconosciuto la propria persona cara e l’appartamento in cui abita – pensava di aver sbagliato pianerottolo! – non ha avuto prezzo!

Restituire dignità, cura e voglia di vivere

A distanza di un mese dal termine della riattivazione della dignità di questa persona e della sua abitazione, settimanalmente portiamo visita, consapevoli che la sua fragilità e le problematiche legate all’età avanzata continueranno ancora a segnare la sua quotidianità.

Quando, al termine della nostra amorosa opera, abbiamo chiesto se il precedente modo di vivere fosse legato a una scelta personale, ci siamo sentiti rispondere un convinto e deciso “no” per poi aggiungere con franchezza: “La fine del mio matrimonio e la prematura scomparsa di una persona per me importantissima mi hanno messo nella condizione di non voler più reagire… complice, comunque, anche la mia scarsa volontà.”

Ora, al mattino, esce a bere un caffè al bar e sfoglia il quotidiano “L’Eco di Bergamo”… e quando trova un articolo riguardante la grande famiglia Vincenziana, chiede al gestore il permesso di portarlo a casa! Che meraviglia quando ci ha mostrato la foto della nostra Serena – Presidente della San Vincenzo de Paoli diocesana – definendola “Il sorriso della Carità”!

L’ invisibile ha ritrovato serenità e voglia di vivere! Lode a Dio, dunque, con le parole del Salmo 112. “Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero, per farli sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo“.

Ognuno ha dedicato il tempo e le energie che poteva

La presidente di conferenza ha lasciato che ogni vincenziano si calasse nel progetto in completa libertà, senza alcuna forzatura: nessuno è stato messo nella condizione di fare qualcosa che non si sentisse di compiere.

C’è chi ha scelto di lavare gli indumenti personali e ha messo ordine negli armadi, c’è chi ha recuperato materiale utile al progetto, c’è chi ha fatto una minuziosa differenziata per lo smaltimento in discarica, infine c’è chi, non sentendosi pronto per un’esperienza così forte, ha donato un contributo economico straordinario per la realizzazione dell’opera. La nostra consorella più anziana ha condiviso e ci ha accompagnati con il cuore.

Anche questa volta, abbiamo sperimentato la forza dirompente sprigionata dalla “Preghiera del Vincenziano” che recitiamo ogni qualvolta ci riuniamo in Spirito di comunione fraterna.

Siamo profondamente grati gli uni verso gli altri: ognuno di noi è stato un dono prezioso in questa missione di concreta carità.

Una Conferenza di S. Vincenzo de Paoli tra le tante.