Qui Bujumbura: padre Giovanni Carrara ricorda Olga, Lucia e Benedetta, le tre suore assassinate

Vi proponiamo la testimonianza commossa di padre Giovanni Carrara, saveriano di Albino, con l’ultimo ricordo delle tre suore assassinate a Bujumbura: proprio poco prima della tragedia i missionari avevano pranzato tutti insieme. Il dolore si mescola alla speranza: nonostante tutto “noi continuiamo a vivere i nostri impegni. Gli ostacoli non ci possono fermare”.

Bujumbura, settembre

Nella mattina di domenica 7 settembre, mi sono recato presto sulle colline per le messe in una succursale della parrocchia “S. Guido Conforti” di Kamenge. Due messe alle 8 e alle 10 più un quarto d’ora di intervallo tra le due messe con molte persone che volevano confessarsi.

Alle 12 passate arrivo per il pranzo alla parrocchia dov’è parroco padre Mario Pulcini di Nembro. Ogni domenica ci troviamo a pranzo insieme, padri e suore, e, dopo aver udito il Papa dare il “Buon pranzo”, ci mettiamo a tavola. Le suore portano sempre qualche loro preparazione, una macedonia, un dolce, una specialità culinaria.

Sorella Olga è seduta accanto a me e, come sempre, mi racconta della giovinezza, di tanti fratelli e sorelle, del papà che aveva l’osteria e che lei aiutava, della sua vocazione; poi passa a raccontare di quanti ammalati ha visitato, chi va meglio, chi sta male o sta morendo, di come va la catechesi in lingua Shwali per i congolesi residenti in parrocchia, del come è rimasta estasiata osservando una bambina di circa 2 anni danzare in mezzo alla chiesa senza neppure il ritmo musicale di canti e tamburi.

Più in là c’è suor Lucia; la domenica raccoglie i soldi delle offerte delle messe che i padri portano al ritorno dalle varie cappelle e ne fa la conta la sera stessa. Aiuta nella visita ai malati, distribuisce l’eucaristia, tiene in ordine la cappella e la casa dei padri. Ammalata di cuore, non può fare molto, segue la cucina e la sagrestia. Mi fornisce sempre le uova del suo pollaio e ci aggiusta camicie e pantaloni, sempre molto disponibile. Ha lavorato tanti anni in Brasile e in Congo.

In fondo alla tavola c’è suor Benedetta, 83 anni, zoppica un po’, operata da poco per una frattura all’anca; era stata mia ospite per una settimana per riposarsi e pregare. Aiuta e accompagna le ragazze del laboratorio di cucito (preparano centinaia di divise richieste per ragazzi orfani e poveri delle scuole) Collabora con alcune suore più giovani di un’altra congregazione per il recupero di donne tolte dalla strada; svolgono piccoli lavori vari per autofinanziarsi.

Un trio di suore non più giovani ma certo fanciulle abili per il Cielo.

Proprio in quella domenica, alle ore 17 circa padre Mario Pulcini mi telefona con voce rotta dall’emozione: “Qui c’è una tragedia: hanno ucciso suor Olga e suor Lucia”.

Corro subito alla parrocchia di Kamenge, a 7 km. Trovo corpi coperti da un lenzuolo, pozze di sangue dappertutto. Non oso guardare, scoprire il loro viso.

L’autopsia dirà che sono state sgozzate ed una sfigurata in viso con una pietra.

La terza, suor Benedetta, sarà sacrificata nella notte.

Quest’ultima notizia mi giunge il mattino seguente, mentre sto per iniziare la messa delle 6.30.

C’era, nella comunità, una quarta suora, congolese, assente per animazione missionaria, che tornata alle 18 trova il cortile pieno di gente. Poliziotti, autorità, suore che commentano, pregano, piangono. Altri modi congolesi rompono il silenzio con canti, grida e lacrime. Fuori sulla strada i bambini continuano a rincorrersi, a giocare, a schiamazzare, inconsapevoli di cosa sia la morte. Vita e morte si accompagnano, pianto e gioia si rincorrono. Seguire Cristo è così, nella buona e nella cattiva sorte. Che il loro sacrificio santifichi  ancora noi e questa terra.

P. S. Noi continuiamo a vivere i nostri impegni; gli ostacoli non ci possono fermare, altrimenti non si farebbe più niente.

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