La storia di Yarthe, 19 anni, dal Benin a Bergamo: “Sono fuggito dalla schiavitù e dalla guerra. Ora voglio studiare”

Yarthe Zakiou, 19 anni, ci accoglie con un gran sorriso nel Centro di Accoglienza Straordinaria del Gleno – gestito da Associazione Diakonia – Caritas Bergamasca e Cooperativa Ruah, in cui si trovano attualmente circa 300 persone provenienti da diverse nazioni. Il suo sorriso – ci spiega Giulia, l’operatrice Ruah del Cas – è dato dalla libertà che ha potuto davvero assaporare una volta arrivato in Italia. Yarthe è originario del Benin, Paese dell’Africa occidentale, tra i principali empori per la tratta degli schiavi. Una tratta che al giorno d’oggi non è ancora terminata, ma è semplicemente diventata invisibile ai nostri occhi. Secondo il Global slavery index, in Benin su 10.880.000 persone, sono più di 32 mila gli “schiavi moderni”, circa il 3% della popolazione. La schiavitù moderna si riferisce alle situazioni di sfruttamento dalle quali una persona non può svincolarsi e che non può rifiutare a causa di minacce, violenza, coercizione, abuso di potere o inganno. Yarthe era uno di loro, e le cicatrici sul suo volto lo testimoniano: “Non sono nato con queste cicatrici, c’era la guerra nel mio villaggio” ci racconta, lo sguardo si intristisce, non riesce ad andare avanti. L’operatrice spiega che solitamente gli ospiti accennano solo la loro storia quando sono appena arrivati nel Cas, poi loro non intervengono più se non a poche settimane dalla Commissione Territoriale, aiutandoli a spiegare al meglio il loro vissuto: lì infatti, se vorranno, potranno raccontare la loro storia nel dettaglio. I vissuti che molti migranti si portano dietro sono pesanti: in questo modo gli operatori lasciano loro il tempo di poter rielaborare il tutto. Yarthe è riuscito a scappare dalla schiavitù, portando con sé il fratello più piccolo, che ora ha 14 anni. Ha percorso più di 2.400 chilometri per arrivare in Libia. Del lungo viaggio attraverso il deserto non dice nulla: sappiamo solo che si è affidato a delle persone che viaggiavano e che l’hanno condotto in Libia assieme ad altri migranti, anche loro in fuga da diversi Paesi. “Il primo viaggio verso l’Italia l’ho tentato nel 2016: eravamo più di 150 persone sull’imbarcazione. Siamo partiti alle 4 del mattino, ma a un certo punto avevamo già finito la benzina. Abbiamo incontrato un’imbarcazione libica, e abbiamo chiesto loro della benzina per poter proseguire il viaggio, invano. Abbiamo passato sei giorni in balia del mare. Il settimo giorno le onde ci hanno spinto di nuovo verso terra e così siamo ritornati in Libia”. Lì vengono intercettati dalla polizia libica e messi in prigione per tre mesi. Le prigioni libiche non sono una passeggiata: la maggior parte dei migranti all’idea di ritornare in Libia preferirebbe morire. Yarthe accenna alle difficili condizioni: il cibo scarso – un solo pane da dividere tra di loro – e il dover cercare di difendersi l’un l’altro dai vari soprusi. Vengono poi rilasciati, e provano di nuovo a ripartire, ma si ripete la stessa situazione del primo viaggio: il mare li riporta nuovamente indietro. Tramite un altro trafficante, scoprono che il tratto di costa da cui avevano cercato di partire in precedenza, ha delle correnti troppo forti e da lì sarebbe impossibile prendere il largo. Riescono a partire da un altro punto e a prendere un altro barcone: Yarthe e il fratellino arrivano in Italia a fine giugno del 2017, a Catania. Yarthe viene mandato a Bergamo, al Cas del Gleno, mentre il fratellino rimane in un centro per minori stranieri non accompagnati a Catania. Ora Yarthe sta imparando la lingua italiana: ha lezione tre volte a settimana presso l’oratorio della parrocchia S. Francesco e ha partecipato a diverse attività di volontariato per il Comune di Bergamo, tra cui il progetto “Io non sto in panchina”, attraverso il quale i richiedenti asilo hanno risistemato e ridipinto 1.049 panchine nella città di Bergamo. Inoltre gioca a calcio nella squadra “La stellina onlus” (calcio dilettanti a 5), insieme ad altri ospiti, squadra che si sta distinguendo durante questo campionato. Agli ospiti più bravi nell’apprendimento e meritevoli, viene infatti offerta la possibilità di frequentare dei corsi di formazione professionale e dei percorsi di inserimento lavorativo con l’eventuale attivazione di stage e tirocini, nell’attesa della risposta da parte della Commissione Territoriale. “Voglio continuare a studiare, è importante – aggiunge -. A breve inizierò anche un corso di magazziniere”. Lui intanto l’ostacolo più grande l’ha già superato.