Mi sono visto con una famiglia di amici. Mi hanno parlato di problemi con parenti stretti, contrasti che durano da anni, irriducibili. Le feste di Natale non sono servite a nulla. Mi sono convinto che ci sono situazioni in cui perdono e fratellanza non sono possibili. Tu cosa ne pensi? Giovanni
Caro Giovanni, la situazione che tu condividi è estremamente delicata e causa di molta sofferenza. I legami parentali, che dovrebbero essere sorgente di comunione e di un bene consolidato e diffusivo, sovente sono intrisi di risentimenti e contrasti apparentemente insolubili perché segnati da eventi che hanno suscitato rancore, rivalità, gelosie. Tali rapporti interrotti necessitano di tempo e di una delicata ricucitura voluta e costruita pazientemente.
Il Natale e il perdono
Il Natale, che è un richiamo esplicito alla pace e alla riconciliazione, non può fare il miracolo della guarigione se i cuori non sono disponibili alla conversione: rimane una festa in cui i buoni sentimenti, ammesso che ci siano, svaniscono dopo il pranzo o dopo l’apertura dei regali.
Ci possono essere situazioni in cui il perdono e la fratellanza non sono possibili? Purtroppo la realtà dice di sì. Come credenti vogliamo però accogliere la sfida del perdono e della riconciliazione, perché li crediamo possibili. Il Signore, infatti, ha donato la sua vita per riconciliare a sé il mondo con il lavacro del suo sangue. Quando odio e violenza insanguinano il mondo rimaniamo tutti scandalizzati e invochiamo pace e riconciliazione. Ma la pace nasce e si sviluppa anche nei piccoli o grandi gesti quotidiani che abitano le nostre famiglie e comunità. Sono essi che costruiscono fraternità e comunione e sconfiggono il male e l’egoismo che deturpano la convivenza.
Il coraggio dell’umiltà
Quando le relazioni sono segnate da ferite è chiesto il coraggio dell’umiltà per porsi in un atteggiamento di ricerca e di cammino verso l’altro. Il perdono non è dimenticanza del male, perché esso rimane male che va riconosciuto e non rimosso e tantomeno scusato se è volontario. Si deve sempre affermare la verità, il riconoscimento dell’atto compiuto.
Ma non è un percorso che si può fare da soli: occorre l’aiuto di un fratello o di una sorella che, con pazienza, si faccia accoglienza della sofferenza espressa o taciuta, senza giudicarla. Occorre tempo affinché il perdono diventi un atto veramente umano e quindi cristiano. A volte è necessaria una distanza, un silenzio, un riconoscere che non si è ancora pronti per fare il passo necessario lasciando che il tempo operi ciò che nell’immediato resta impossibile.
Chiedere pregando la guarigione della memoria
Per questo è indispensabile attingere alla sorgente della riconciliazione che è il Signore Gesù. Dalla preghiera e dall’Eucarestia scaturisce l’impegno di conversione continua che trova la sua espressione nel sacramento della Riconciliazione. Lì, contemplando il volto della misericordia del Padre e l’amore con il quale ci avvolge attraverso il suo perdono, si può chiedere la grazia della guarigione della memoria, del male ricevuto o compiuto.
I fratelli feriti da nuove o antiche divisioni, faticano ad accettare l’esortazione al perdono, perché non si sentono compresi nel loro dolore e si sentono giudicati. Solo l’amore può compiere il miracolo del perdono! Ma per fare questo occorre ripercorre la strada ardua e difficile del dare la vita per il fratello, portando sulla propria carne il peso della riconciliazione. Solo attraversando il “peccato” della divisione vivendo la nostra Pasqua, come e con Gesù, potremo riavvicinarci al fratello o alla sorella. Potremo così ricostruire le relazioni ferite e interrotte, divenendo artefici di pace. Guardando al Signore crocifisso che implora al Padre il perdono per i suoi uccisori, impariamo a farci intercessori per tutti quei nostri fratelli e sorelle che attendono il miracolo della riconciliazione e del perdono perché possano rinascere a nuova vita.