Il primo Natale a Seriate. Accoglienza, cammino, relazioni che resistono al tempo e allo spazio

Già Natale? Eh sì, è già Natale. Anzi, è già passato da qualche giorno, dato che mi metto alla tastiera la sera di Capodanno. È già 2024. Vola il tempo. Che Natale è stato? In questi giorni, un po’ più liberi, senza la scuola, dopo le tante celebrazioni liturgiche dei giorni scorsi, aspettando l’Epifania, è doveroso domandarselo, per non cadere nell’abitudine che fa perdere il senso a ciò che si vive e che si celebra. È stato il primo Natale. Il primo Natale a Seriate, dopo i tanti anni a Telgate e Grumello del Monte. Celebrando nella comunità di Seriate, nella “mia” chiesa a Paderno, opera di Mario Botta, guardavo la mia comunità. Inizio ad associare i nomi ai volti, a conoscere storie, ad abbinare i bambini e i ragazzi ai loro genitori e fratelli. Ho visto persone che ho accompagnato in momenti difficili, come la morte di una persona cara. Molte persone le sto conoscendo così, in occasione della visita ai defunti; ero abituato, da curato di oratorio, a celebrare 5/6 funerali all’anno; qui, in tre mesi ne ho celebrati 16. Faccio sempre una preghiera speciale per chi ha perso una persona cara da poco tempo, a Natale: è difficile, in quel giorno di festa, fare i conti con una sedia rimasta vuota, soprattutto se quella persona solo un anno prima era lì, sorridente e in salute. Le confessioni mi hanno permesso di incontrare storie belle, altre più faticose e di emozionarmi per le lacrime sincere di chi è tornato a gustare il perdono di Dio dopo trent’anni. Ho visto qualche adolescente che, timidamente, inizia a dirmi “ciao don!”, non più spaventato dalla barba rossa e dalla voce tonante, che uniti alla mia riservatezza possono creare qualche fatica. Ci sarà tempo per conoscersi e camminare insieme, se ci sarà la volontà. Ho ricevuto e fatto auguri, la notte di Natale e durante tutta la giornata del 25 dicembre: a Seriate, a Telgate, a Grumello. Ogni tanto durante gli avvisi mi capita di dire “la nostra comunità di Tel.. Seriate!”. Ed è bellissimo così. È la mia storia, che non è costruita a compartimenti stagni, ma è fatta di relazioni con le comunità che ho incontrato, con le famiglie, gli alunni di scuola, i sacerdoti, i volontari e i ragazzi che sono cresciuti con me e con i quali sono cresciuto anch’io. Sento fortemente la vicinanza delle comunità che ho lasciato qualche mese fa e che ringrazio: chi mi telefona e viene a trovarmi mi fa un gran bene. Come ho ripetuto spesso, la fine del mandato pastorale non è, e non deve essere, la fine del rapporto personale. Con alcune persone il rapporto rimane ed è giusto così: siamo fatti di relazioni e le relazioni vere resistono al tempo e allo spazio. E ringrazio Seriate, che mi ha accolto senza pregiudizi, accettando anche gli evidenti limiti che porto con me. È stato il primo Natale qui e ne sono contento. Il primo Natale… già, quello del Signore. Il più importante. Cerco sempre di vivere il Natale così, custodendo lo stupore di ciò che questo evento significa. Dio viene per me, per noi, oggi. Guardo quel bambino nella mia chiesa, immerso in una marea di fiori stupendi, come il germoglio più bello. È il Figlio di Dio che si affida alle mie mani, fragile creatura che si lascia prendere in braccio, esposto alla mia libertà, che può anche decidere di ferirlo. Prego perché Dio sia sempre per me e per le mie comunità una splendida novità e di avere il coraggio di ascoltarlo ogni giorno. E mi affido a Lui, portando nel cuore chi ho incontrato sulla mia strada in questi anni di vita e di ministero.