«I giovani oggi si fermano solo se ottengono un’opportunità di lavoro»

Mezzo secolo, dieci lustri, ossia cinquant’anni. Insomma, un bel traguardo per il Celim Bergamo, che sabato si appresta a celebrare questo anniversario con un’iniziativa che unisce la celebrazione eucaristica con il vescovo monsignor Francesco Beschi e un convegno sulla cooperazione internazionale. Ne è passato di tempo da quel 1964, quando, grazie a don Pietro Ceribelli, direttore allora del Centro Missionario Diocesano, nacque a Bergamo l’organizzazione di volontariato internazionale cristiano Celim – Centro Laici Italiani per le Missioni.
Nel 1972 il Celim venne riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri come idoneo ad operare nei paesi in via di sviluppo, entrò a far parte delle Organizzazioni non Governative, redasse il proprio statuto e divenne socio fondatore della Focsiv – Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario.
«Già prima della sua fondazione – spiega Andrea Milesi, l’attuale presidente della Ong – erano partiti in missione alcuni volontari in Bolivia». Paese, che insieme ad Ecuador, Rwanda e Malawi fu tra i primi territori in cui il Celim svolse il suo lavoro. E qualche anno dopo la sua costituzione, altri laici missionari andarono in Bolivia, prima a La Paz e poi a Cochabamba dove vennero compiuti i primi passi per la «Ciudad del Niño». Un luogo che Milesi conosce bene perché «prima di essere presidente sono stato volontario e verso la fine degli anni ’90, da poco laureato in veterinaria, partii per la Bolivia nella zona di Cochabamba per realizzare un progetto agricolo-zootecnico». E questo è uno degli ambiti di intervento del Celim, insieme al settore educativo e di formazione professionale, sanitario, microcredito, sovranità alimentare e i diritti umani. Sono 50 i progetti di sviluppo realizzati fino ad oggi ed oltre 200 i volontari, formati da Celim, inviati in vari luoghi del mondo. «Celim supporta i progetti di sviluppo delle realtà locali che la interpellano e chiedono la co-partecipazione – continua Milesi – Sono progetti che hanno sempre un inizio e una fine: l’intervento che si svolge deve portare il progetto a sostenersi da solo, con le proprie gambe. La caratteristica dei progetti del Celim è di non essere calati dall’alto, ma è dal basso verso l’alto: un rafforzamento della base, cioè della società civile, che poi può svilupparsi e creare cooperazioni con enti del luogo».
Il Celim ha il volto dei volontari «sono sempre meno i professionisti, perché si hanno in loco, ma sono persone che mettono in relazione soggetti diversi: il volontario, che si riconosce nei valori del Celim e non è mai da solo, ma costantemente seguito, si inserisce nella realtà locale e opera in questa: vive in cogestione del progetto, di cui si fa portavoce. La responsabilità del progetto non cade su di lui, ma sull’ente locale di competenza che ha il proprio staff». Grazie proprio ai volontari, impegnati in vari paesi, ma anche sul territorio, i progetti si concretizzano. Ad oggi sono 4 i principali progetti internazionali attivi del Celim: il centro formativo di Eterazama in Bolivia, per dare ai giovani la possibilità di realizzarsi nel lavoro ed avere un’alternativa alla coltivazione della coca; le reti di sovranità e sicurezza alimentare e nutrizionale in Ecuador, per assicurare il cibo a 450 famiglie di 35 diverse comunità; acqua per le comunità di Gouran in Burkina Faso e «Una goccia in salute» in Bolivia per assistere gli ammalati della popolazione locale. Per il futuro sono allo studio un progetto di sicurezza alimentare in Bolivia, una nuova fase del progetto in Ecuador con la collaborazione di Focsiv e Cei e un ampliamento del progetto in Burkina Faso per potabilizzare l’acqua. «Di recente siamo stati chiamati dalla Focsiv, insieme ad altri soggetti, per un progetto nel Kurdistan iracheno dove si trovano migliaia di rifugiati, soprattutto bambini». Altre iniziative: «In previsione di Expo 2015, abbiamo proposto “Sconfiniamo”, che rivolgiamo alle scuole di ogni ordine e grado per lavorare attorno al tema di Expo ed introdurre i temi della mondialità, della solidarietàinternazionale, della condivisione del cibo e della giustizia. Al percorso è associato un concorso con il quale si chiede alle scuole di farsi protagoniste dell’integrazione, della solidarietà, dell’educazione allo sviluppo e alla cittadinanza mondiale».
Alla cittadinanza, ma soprattutto ai giovani è rivolto il percorso formativo “Inviati o invitati?” che in 6 incontri propone le motivazioni e le caratteristiche del volontariato internazionale e l’attivazione, per l’anno prossimo, del servizio civile internazionale. C’èattenzione verso i giovani: «Celim è un’organizzazione medio piccola, la cui forza è il radicamento sul territorio in cui agisce e la relazione con le persone del luogo – conclude il presidente -. Il bilancio di questi 50 anni è positivo, ma ci sono tanti punti di domanda: oltre alla questione economica che permetterebbe di realizzare grandi progetti, c’è la questione della carenza del mondo giovanile che in generale non si riconosce in questo tipo di struttura di volontariato: il giovane oggi fa tante esperienze, frammentarie, si ferma in una struttura solo se ha opportunità lavorative o di tirocinio o di servizio civile. La spinta emotiva ad andare nel sud del mondo, ad impegnarsi c’è, ma riscontriamo difficoltà a far parte di un’organizzazione. Questo ci preoccupa, perché potrebbe portare le organizzazioni come la nostra a scomparire. Rimarrebbero solo quelle grosse».