A Makeni, in Sierra Leone, musulmani e cristiani studiano insieme nelle scuole cattoliche

Natale Paganelli,  missionario saveriano ordinato sacerdote nel 1980, originario di Grignano, dopo 22 anni trascorsi in Messico, dal 2005 si trova in Sierra Leone. Lì dall’aprile del 2012 è Amministratore Apostolico della diocesi di Makeni. «Ho vissuto i primi due anni nella missione di Madina – racconta -, poi alcuni mesi in quella di Lungi e dalla fine del 2007 mi trovo a Makeni, capoluogo della Provincia e sede della diocesi».
Padre Paganelli ha lasciato l’Italia subito dopo l’ordinazione sacerdotale: il Messico è stata la sua prima esperienza missionaria: «Posso dire che in Messico ho fatto un’esperienza pastorale bellissima, un’esperienza che mi ha aiutato a maturare molto sia come persona che come sacerdote missionario. Non è stato facile lasciare questo Paese, dove grazie a Dio avevo costruito delle belle e profonde relazioni con molta gente, ma l’idea di “fare il missionario in Africa” era sempre stata presente nel mio cuore. Quando frequentavo le scuole elementari al mio paese, Grignano, avevo visto dei film missionari ed era entrata in me quest’idea di fare il missionario in Africa. Idea che neppure la bella esperienza messicana aveva cancellato dalla mia mente».
Nel 2003 i suoi Superiori lo destinano alla missione in Sierra Leone: «Personalmente non conoscevo il paese – prosegue -: non ero mai venuto in Africa prima del 2005, ma avevo sentito parlare molto della Sierra Leone, fin da quando ero entrato, nell’ottobre del 1967, nella Scuola Apostolica dei Missionari Saveriani ad Alzano Lombardo. Durante tutto il periodo formativo avevo seguito con interesse la vita dei missionari saveriani nelle varie missioni. Quando i miei Superiori mi destinarono alla Sierra Leone, iniziai ad approfondire le mie conoscenze di questo Paese, anche se, a dire il vero, anche dopo nove anni di vita qui devo confessare che mi sembra di avere ancora molto da imparare».
Padre Paganelli si trova nella provincia nord della Sierra Leone, una parte del paese evangelizzata dai Missionari Saveriani, zona prevalentemente musulmana, molto povera, ma che negli ultimi anni sta sperimentando un notevole sviluppo dovuto alle miniere, principalmente di ferro, e alla presenza di una grossa industria che trasforma la canna da zucchero in bio diésel. «Purtroppo, fino ad ora, di questo sviluppo hanno beneficiato pochi: la maggior parte della gente continua a vivere nella povertà. La grande differenza rispetto a prima è che ora c’è un po’ più di speranza in tutti». «La mia vita in Sierra Leone si può dividere in tre semplici capitoli – continua padre Paganelli -. Il primo comprende i primi due anni e mezzo vissuti in due delle missioni, svolgendo le attività proprie di una missione: assistenza pastorale alle varie comunità cristiane, formazione dei catecumeni, in vista del battesimo, assistenza ai poveri e ammalati e coordinamento delle scuole. Tutte le missioni hanno diverse scuole elementari e alcune scuole medie. Il secondo capitolo comprende il periodo che va dal dicembre del 2007 all’aprile del 2012. In questo arco di tempo mi è stato chiesto il servizio di Superiore Regionale dei Missionari Saveriani in Sierra Leone. La mia attività si è quindi concentrata sull’animazione delle comunità saveriane: è stato un periodo interessante che mi ha permesso di conoscere meglio tutta la diocesi. In quel momento i saveriani avevano sette missioni, in diverse parti della diocesi. Il terzo periodo è il presente, iniziato a metà aprile del 2012 e che nessuno sa quando terminerà. A metà aprile di quell’anno Propaganda Fide mi ha nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Makeni. Accettate le dimissioni del vescovo di Makeni, monsignor Giorgio Biguzzi, per raggiunti limiti di età, il Santo Padre, Benedetto XVIº, nominò vescovo di Makeni monsignor Henry Aruna, sacerdote della diocesi di Kenema. La reazione di un buon numero di sacerdoti e laici a questa nomina fu immediata e forte: a tutt’oggi non si è ancora risolta. Il mio servizio quindi è quello di animare le varie attività della Diocesi, in attesa che si risolva questo triste e doloroso conflitto».
Le difficoltà durante questi anni non sono mancate: «La prima difficoltà è stata la lingua – prosegue padre Paganelli -: studiare l’inglese a quasi 50 anni non è stato facile, tutt’ora lo sento come uno dei miei limiti. Poi il clima: passare da quello meraviglioso del Messico,  dove ho vissuto sull’altopiano centrale con un clima caldo e umido, non è stato semplice. Questo problema adesso si è risolto, il corpo si è abituato. L’altra difficoltà è stata il passare da un intenso lavoro pastorale in un paese cattolico, dove i rapporti personali sono molto intensi e profondi, a piccole comunità dove le relazioni sono un po’ influenzate dal fattore economico. È considerato un buon missionario chi sa instaurare un buono rapporto con la gente, la sa ascoltare, sa “condividere” il suo tempo, ma, purtroppo, pesa ancora molto il fattore economico, ossia è un buon missionario chi aiuta molto economicamente. Questo è un vero problema, soprattutto perché la nuova generazione dei missionari viene da paesi “economicamente poveri”. Un’altra grossa difficoltà sono le molte lingue locali: ogni gruppo etnico ha una sua lingua, che io non conosco e la cultura della gente: per noi missionari è molto difficile conoscerla e capirla profondamente, per cui l’efficacia dell’azione pastorale è limitata». Quattro le diocesi presenti in Sierra Leone: l’arcidiocesi di Freetown e le diocesi di Makeni, Kenema e Bo. Ogni diocesi si occupa di una delle provincia della Sierra Leone.
«La forza della Chiesa cattolica sono le scuole – spiega padre Paganelli -: fin dall’inizio sia i Missionari Spiritani che i Saveriani hanno centrato la loro azione pastorale su di esse. La maggior parte della classe dirigente del Paese ha studiato nelle nostre scuole, sia musulmani che cristiani. Un aspetto molto positivo è la partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, sia nelle fasi decisionali sia operative. Purtroppo c’è una divisione interna alla chiesa cattolica che crea non poche difficoltà, divisione che viene da molti anni addietro. Sono vari i fattori che hanno contribuito ad essa, non ultimo il fattore etnico. Inoltre la Chiesa riflette, purtroppo, la realtà del paese che è politicamente e socialmente diviso in due».

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