Cara Suor Chiara, domenica è la festa della vita. Mi sembra che non sia particolarmente sentita dalle nostre comunità cristiane. Se ne parla, mi sembra, perché se ne deve parlare. Tu come spieghi questo disinteresse? Grazie. Matilde
Cara Matilde, non so se quanto affermi rispecchia la situazione di tutte le comunità cristiane. L’interesse al tema della vita non emerge sempre come priorità o in modo esplicito, ma è come il “filo rosso” che si può ritrovare nella dedizione degli operatori pastorali e delle proposte offerte nelle parrocchie, le quali si spendono per promuovere una maggiore qualità della vita umana e cristiana delle persone.
IL CORPO VEZZEGGIATO E SVILITO
Certamente è un tema su cui il dibattito e la riflessione non possono venir meno, soprattutto nel nostro tempo in cui il tema della vita si presta a dei paradossi dai quali neppure i credenti sfuggono: infatti, se da un lato assistiamo alla cura eccessiva del corpo, alla preoccupazione per l’alimentazione, per la salute e la ricerca del benessere, dall’altro il nostro tempo è caratterizzato dallo svilimento del suo valore, dall’impoverimento della dignità umana ferita dalla violenza, dallo sfruttamento, da ogni forma di dipendenza, dalla trascuratezza dei bambini e degli anziani … Si devono lodare i progressi nell’ambito della ricerca scientifica, dell’educazione, della comunicazione, ma non possiamo tacere che tante sorelle e fratelli vivono una precarietà con conseguenze funeste sulla famiglia: cresce la solitudine, l’individualismo e l’indifferenza, si spegne la gioia di vivere e la possibilità di credere nel futuro.
Proprio per questo ai singoli e alle comunità cristiane spetta il compito e la responsabilità di ridare sacralità all’esistenza! È urgente un rinnovato riconoscimento della persona umana che va promossa, difesa e custodita dal concepimento alla morte naturale. Occorre ridare il primato all’essere umano non solo a parole, ma con scelte concrete nel piccolo e nel grande mondo, nelle famiglie e nei luoghi di decisione e di potere. C’è in atto una crisi antropologica che ha come ricaduta il deprezzamento della vita umana.
L’ESISTENZA È SACRA
I cristiani, quali seguaci del Dio della vita che ha scelto l’uomo come via di comunicazione e relazione, devono essere i primi impegnati in quest’opera di umanizzazione. Abbracciando la via dell’Incarnazione possono ricomprendere l’uomo come via di Dio, la vita come luogo in cui Lui dimora, suo spazio di salvezza e di rivelazione. Amare la vita è innanzitutto frutto di uno sguardo contemplativo che sa vedere in essa l’immagine e somiglianza del Creatore verso la quale tendere in un servizio di cura di tutto ciò che è umano. Servire ciò che è posto nella debolezza di ogni creatura, è un atto umano e divino che ridona a ciascuno la dignità di figli di Dio. Tale atteggiamento nasce dal riconoscimento che la vita è dono e non possesso, mistero e non pretesa, custodia e non sfruttamento. Occorre aprirsi continuamente a questo dono e non trattenerlo, in un movimento di solidarietà e di offerta che diviene restituzione del molto ricevuto. La vita cresce donandola, non soffocandola, e si fa promessa di pienezza che dona gioia. Un particolare compito nella promozione della vita spetta alle donne. Esse conoscono il significato profondo dell’accoglienza e della generatività che portano inscritte nel loro corpo; dell’essere spazio aperto alla vita e alla comunione; della fragilità, della forza e della cura che si apre all’altro con scelte di prossimità e generosità perché l’esistenza sia per tutti promessa e non condanna. La fantasia dell’amore può creare forme nuove di accoglienza per le famiglie e le comunità perché il “sì” alla vita sia sorgente di un nuovo umanesimo per il mondo.