Uno sguardo «da laico» sul consiglio pastorale parrocchiale: se diventa un motore senza trasmissioni?

Pubblichiamo la lettera che ci invia un parrocchiano di Seriate come spunto per un dibattito sul ruolo del Consiglio pastorale come anima e cuore della comunità. Cosa fare se questo organismo a un certo punto sembra diventare «un motore senza albero di trasmissione»? Se si ha e si trasmette, perlomeno, questa sensazione? Forse in altre parrocchie qualcuno ha riscontrato la stessa difficoltà. Forse le azioni ci sono ma non sono visibili a molti, sono piccoli segni che attendono di “sbocciare”. Forse c’è bisogno di più impegno non solo da parte dei consiglieri e dei sacerdoti ma della comunità intera che sta loro intorno… La materia per un confronto di esperienze e di idee, ognuno dal proprio punto di vista è ampia e interessante. Potete scriverci anche sui canali social, usando l’hashtag #regalaciltuosguardo. 

Leggendo il verbale di Martedi 29 settembre 2015 del Consiglio mi colpisce  questo: “Attilio Rossoni dice che se il CPaP è il motore, ci deve essere anche l’albero di trasmissione per funzionare. Spesso in passato le proposte del CPaP non hanno trovato strada”. Il mio dubbio allora sorge nel chiedermi a cosa serve un motore se non trasmette ?… non produce nulla …Leggendo ancora altri verbali difatti si denota un totale scollegamento tra i veri problemi della comunità e le azioni da apportare per risolvere.. esempio cosa fare per:

  • fare battezzare più bimbi ?
  • fare celebrare più matrimoni ?
  • contrastare la conversione all’Islam ?
  • ascoltare  quei  ragazzi e anche per quei genitori che sentono il bisogno di esprimere, di raccontare, di buttar fuori il proprio disagio, la propria fatica?
  • Ripensare un catechismo per i bambini , visto che abbiamo perso le nonne che ogni sera insegnavano preghiere e brani del vangelo ?
  • Ripescare i divorziati , conviventi e delusi che si sono allontanati , o fatti allontanare dalla partecipazione alla misericordia cristiana ?

L’elenco sarebbe ancora lungo ma urge una forte azione concreta da dare. Ho notato che il Consiglio lavora molto su profonde teorie sfornando anche dei bellissimi slogan ma poi tutto si ferma lì! Non sarebbe molto più utile concretizzare vere azioni a seconda delle zone e condividere con i parrocchiani il tema coinvolgendoli alla realizzazione? Finché rimane nella loro testa o  sul verbale… non hanno prodotto nulla… una perdita di tempo.

Mi sono permesso di esprimere un mio punto di vista ricordandomi del perché sono nate le zone a Seriate: “La suddivisione in Zone della Parrocchia di Seriate è stata una iniziativa di Mons. Labindo Serughetti che a tal proposito, stimolando le costituende Zone a darsi un nome e un logo, le invitava a ‘vedere, giudicare, agire’. Era l’anno 1970″.

Bernardo Perlman