L’amore costoso, l’unico capace di “entrare in paradiso” con il Risorto

Immagine: il Christus triumphans di Santa Maria Maggiore di Mirabella Eclano  (provincia di Avellino), prima metà del XII secolo

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito (vedi Vangelo di Giovanni 13, 31-35. Per leggere i  testi liturgici di domenica 24 aprile, quindi di Pasqua, clicca qui)

È un momento del “discorso di addio” del Signore. Siamo all’ultima cena e Gesù sta salutando i suoi: lascia loro il suo “testamento”.

GESÙ DI FRONTE ALLA SUA MORTE

Giuda è appena uscito dal Cenacolo. Gesù ha davanti a sé, sicura, la morte, e ne parla. Dice che la gloria che lo aspetta non è soltanto quella della risurrezione, ma anche quella che rifulge già nella morte che sta per affrontare. Anche la morte, infatti, per Giovanni, è innalzamento, glorificazione. La passione e la morte, infatti, riveleranno ai discepoli l’amore che Dio ha per gli uomini e questa è la “gloria” di cui Gesù parla.

Gesù sta per morire, dunque. I Giudei non avrebbero mai accettato un Messia che dovesse morire in croce e quindi non potranno mai capire Gesù che sta proprio per subire la morte più infamante. Gli stessi discepoli non sono ancora in grado di capire l’altezza del dono del Signore e quindi non possono seguirlo nella vita che sta per imboccare: quella, appunto, faticosissima, del Calvario.

“VI DO UN COMANDAMENTO NUOVO”

Questo è ciò che sta per capitare. Il dramma immane che sta per cadere su di lui e sui suoi Gesù lo anticipa, lo racconta ai suoi prima che avvenga, per prepararli, per aiutarli ad affrontarlo. Intanto lascia ad essi il suo testamento. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. È nuovo questo comandamento non nel senso che prima non esistesse, ma nel senso che il comandamento dell’amore diventa più esteso e più profondo di quanto non lo fosse finora. Già il libro del Levitico (18, 19) diceva di amare il prossimo. Ma la misura di quell’amore era colui stesso che amava: ama il prossimo tuo come te stesso. Anche il Vangelo, d’altronde, riprende questo comandamento. Ma adesso Gesù fa notare come il riferimento ultimo di ogni forma di amore è il suo stesso amore: come io vi ho amato voi, dice. Gesù sta per morire, per amore: dunque il suo è un amore spropositatamente generoso.  Come sta per fare lui, così devono fare i suoi amici: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Se faranno così il loro amore diventerà un annuncio, una forma esemplare di testimonianza. Gli amici di Gesù, infatti, la Chiesa che nascerà dal suo costato trafitto, deve testimoniare attraverso l’amore di essere semplicemente discepola del Signore. Gesù, infatti, non ha comunicato ai suoi una dottrina, ma un comportamento: il “modo di vivere” ispirato, precisamente, all’amore.

L’AMORE AUTENTICO COSTA

Gesù parla del suo amore per gli amici proprio mentre sta per morire e fa diventare il suo dono, il dono della vita, la misura stessa dell’amore. Ma perché per amare si deve “pagare”, perché si deve soffrire? Siamo abituati a una idea “giocosa” dell’amore e fatichiamo a capire un amore costoso come quello di cui ci parla Gesù.

Eppure capita, e non poche volte, che le vicende della vita ce lo impongano. Quando il vecchio genitore si ammala e dobbiamo assisterlo, quando il figlio si ribella e butta per aria tutti i valori su cui avevamo fondato la nostra proposta educativa, quando un affetto si cui si aveva scommesso tutto si scopre tradito… Allora si deve prendere atto che l’amore è sacrificio, sofferenza. Ma non abituati viverlo così, ci sembra che il mondo ci crolli addosso.

UN PICCOLO PARADISO 

Ora, questo tempo di Pasqua ci dice che l’amore che ha dato  tutto sbocca nella Risurrezione. Il Risorto che ha dato la vita non muore più. Il suo è, dunque, un amore insieme costosissimo e vittorioso e la vita donata, in una morte dolorosa, è entrata in paradiso, accolta definitivamente da Dio.

Allora possiamo sperare anche noi che l’amore che ci sforziamo di vivere “costosamente” possa essere davvero una piccola scintilla del Paradiso. Piccola ma capace di accendere una luce immensa in tutta la città moderna. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.

Esistono ancora uomini capaci di donare, uomini “eucaristici”. Per questo ci viene proposta la visione del capitolo 21 dell’Apocalisse. Noi oggi asciughiamo le lacrime, accettiamo la fatica e la sofferenza, perché quel giorno Dio stesso asciugherà le nostre lacrime e la morte non ci sarà più. La nostra piccola carità di oggi anticipa timidamente la strepitosa carità di domani.