Difendiamo i più deboli. Il lavoro di cura non può diventare un business

In una società in cui spesso non è possibile accudire in casa anziani e bambini, la cronica carenza di strutture e gli alti costi rendono possibile il proliferare di attività che mettono al primo posto non il benessere e la cura ma gli affari.
A chi affidiamo i più vulnerabili tra noi? E come facciamo a fidarci? È più che lecito chiederselo nei giorni in cui si moltiplicano le segnalazioni di abusi ai danni di bambini e anziani. Dagli asili degli orrori agli ospizi lager, i titoli dei servizi giornalistici non lasciano spazio a fantasie edulcorate: luoghi che consideriamo sicuri e a cui affidiamo i due estremi generazionali, nonni e nipoti, possono risultare pericolosi e terribili.
La chiave dell’inaffidabilità di prestazioni che dovrebbero essere ad alto livello in quanto a qualità e preparazione degli operatori va ricercata in tre fattori ugualmente perniciosi: la necessità, la carenza di strutture e i costi elevati. Si lavora tutti, donne e uomini, e questo richiede con urgenza che si trovi un servizio di assistenza per i vecchi e i bambini, due categorie che per molti anni sono state prese in carico da quella componente femminile di casa che non lavorava fuori oppure faceva parte della grande e numerosa famiglia e, magari, veniva destinata proprio alla cura degli altri. In tempi più recenti, un esercito di nonne ha accudito i nipoti fin oltre l’età scolare, senza dimenticare la suocera o l’anziano padre, ma il prolungarsi dell’età lavorativa e la mobilità sul territorio hanno fatto saltare anche questo welfare sommerso. E oggi che l’occupazione femminile è una conquista sociale e una necessità, tra le varie caselle dell’organizzazione quotidiana che restano scoperte, le principali fanno riferimento proprio alla logistica di chi non è ancora autosufficiente o, chi, viceversa, non lo è più. Vi sono casi in cui, per molte ragioni, non è possibile ricorrere a una baby sitter o a una badante e, allo stesso tempo, nulla è più impegnativo di una custodia continuativa. La cronica latitanza di asili e case di riposo a gestione pubblica o convenzionata, fa sì che accanto a strutture d’eccellenza (molte cattoliche) prosperi un fiorente mercato di servizi privati, quando non clandestini, che non sempre hanno i requisiti adeguati per operare, ma spesso offrono tariffe decisamente concorrenziali soprattutto nell’assistenza agli anziani: 700 euro al mese, rispetto a richieste del doppio della cifra, non necessitano di integrazioni troppo sostanziose oltre alla pensione già percepita. Però, dalla preparazione e attitudine del personale passando per l’inadeguatezza dei locali e della pulizia, le cronache raccontano di antri brutali in cui i bambini sono presi a schiaffi e strattoni e gli anziani seviziati e umiliati. Ciò che colpisce è che in alcuni casi, soprattutto quando si parla di anziani, i familiari fanno finta di non vedere ciò che accade, complici dell’abbandono e, anzi, documentava un reportage de “La Stampa”, quando intervengono le forze dell’ordine per porre fine agli abusi, i parenti rifiutano di andare a riprendersi il vecchietto dando prova di conoscere la famosa canzoncina: dove lo metto?
Per i bambini il discorso è diverso: come interpretare i pianti o il rifiuto di andare all’asilo? Sintomo di un disagio o capricci? C’è chi dice che certe cose sono sempre accadute, solo che prima non si sapevano per carenza di telecamere o comunque si subodoravano ma si pensava facessero parte dell’educazione. Quante volte da piccoli ci siamo sentiti ripetere dalle nostre mamme di non fare tante storie, che quelli erano capricci e che lì dovevamo andare perché non c’erano alternative? Ci maltrattavano oppure eravamo solo viziati? Domande destinate a restare senza risposta dopo quarant’anni, in mancanza di memoria che non sia collegata a un disco rigido o, al più, relegate al ruolo di rievocazione quasi goliardica: “ti ricordi le tirate d’orecchie?”.
In un’Italia in cui i bambini sono una risorsa scarsa e dove aumenta esponenzialmente il numero degli anziani, non è concepibile che il prendersi cura diventi un business esercitato sulla pelle di chi non può difendersi.