Tanti alunni «stranieri» a scuola? Sorpresa: sono (quasi tutti) nati in Italia

“Maestra, quanti alunni stranieri che ha in classe quest’anno!”. Lo afferma un genitore, senza toni intolleranti. è solo una constatazione. Scorrendo i 25 nomi della classe, infatti, 12 non sono d’origine italiana. C’è il classico Mohamed, ma anche Lluvia, Manjot e così via. Quella classe fu la mia. Nel 1990, in quella scuola materna (che oggi chiamano “dell’infanzia”) dell’hinterland bergamasco, iniziai la mia ventennale carriera scolastica, ma riguardando le foto di allora trovo che il più “diverso” ero io. Ai tanti Andrea e Silvia che andavano di moda in quegli anni, Raffaele era il più “esotico”.

Del resto la sezione “azzurri” è lo specchio della società italiana in continua evoluzione. Trovare un compagno di classe non italiano al mio primo giorno di scuola sarebbe stato davvero un caso più unico che raro. Nel 1990, in tutta la penisola, erano 18.794 gli alunni stranieri frequentanti le scuole di ogni ordine e grado statali e non, ovvero circa 2 su mille (0,19%, fonte Rapporto Immigrazione 2015). Oggi sono il 9,2% (più di 800 mila nell’anno scolastico 2014/2015, a cui si riferiscono le ultime statistiche disponibili), ma il dato lombardo è più alto: 14 alunni stranieri ogni 100. La maggior parte degli alunni non italiani frequenta la scuola primaria (288 mila), 185 mila le scuole secondarie di secondo grado, 165 circa quelle dell’infanzia e altrettanti le secondarie di primo grado.

Tornando alla “mia” classe, basta scorrere il dito sulla colonna del luogo di nascita per accorgersi che oggi, come allora, gli alunni “azzurri” sono tutti nati in Italia. Bergamo, Seriate e Trescore, i paesi che ricorrono di più. Nulla di così strano, visto che il 60,6% degli alunni lombardi con cittadinanza straniera sono nati in Italia. Una percentuale che aumenta ancora di più nelle scuole dell’infanzia. Quindi ha senso considerare questi bambini come stranieri? Certo, occorre tener presente il background dei figli di migranti (o di coppie miste), ma al fine di valorizzarlo per tutta la classe. Così cresceremo delle persone che vivono il loro tempo, in una società dove l’“italianità” si esprime in modo multiculturale, plurilinguistico e plurireligioso.