Silence: Martin Scorsese racconta la storia di due gesuiti in missione tra i cristiani perseguitati nel Giappone del ‘600

«E il Signore disse loro: andate nel mondo e predicate il Vangelo a tutte le creature viventi». Nel film “Silence” di Martin Scorsese, ispirato a una storia vera, il gesuita Padre Cristóvão Ferreira (Liam Neeson), seguendo alla lettera la missione dell’ordine al quale appartiene, si è recato in Giappone allo scopo di radicare nelle isole la fede cristiana.

Nel XVII Secolo i cristiani in queste terre lontane sono perseguitati come ai tempi dell’impero romano, arrestati, torturati e costretti a rinnegare la loro fede o a subire il martirio. Di Padre Ferreira non si hanno più notizie certe, (le ultime tracce lo danno per disperso durante una missione evangelica nei dintorni di Nagasaki), anzi sembra addirittura che il gesuita abbia abiurato la fede cristiana. «Ferreira è perduto per noi, ha denunciato Dio in pubblico e rinnegato la fede». Due giovani padri gesuiti portoghesi, Padre Sebastião Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre Francisco Garrpe (Adam Driver) decidono di partire clandestinamente per il Sol Levante con l’intento di ricercare il loro insegnante e mentore. «A me sembra che la nostra missione sia più urgente che mai. Dobbiamo andare a cercare Padre Ferreira».

Consapevoli dei rischi ai quali stanno per andare incontro, «dall’istante che metterete piede in quel paese sarete in grave pericolo», i sacerdoti una volta giunti in Giappone nella loro Via Crucis entrano in contatto (e si scontrano) con la cultura nipponica, completamente diversa dalla loro. Sebastião e Francisco incontrano alcune comunità cristiane decise a sacrificare la loro vita per proteggerli, nonostante ciò, i due gesuiti vengono arrestati e costretti a scegliere tra la fede e la vita. Inoltre Padre Rodrigues incontra Ferreira che ha abiurato calpestando una immagine sacra, abbracciando il buddismo ma il suo gesto nasconde un grande atto di generosità. Nel frattempo in quest’atmosfera tanto nebbiosa quanto pericolosa, le granitiche certezze di Padre Rodrigues cominciano a vacillare. «Io prego ma sono sperduto, alla mia preghiera risponde il silenzio».

Il Premio Oscar Martin Scorsese, ex seminarista, nato a New York nel 1942, ha impiegato 27 anni prima di adattare sullo schermo il romanzo storico “Silenzio” redatto dello scrittore giapponese cattolico Shūsaku Endō nel 1966 e edito da Corbaccio, che propone appunto le persecuzioni subite dai cristiani durante il periodo Tokugawa nella prima metà del XVII secolo in Giappone. «Quando l’ho letto il libro alla fine degli anni Ottanta, su suggerimento dell’arcivescovo Paul Moore, non sapevo che cosa mi avesse catturato. L’ho capito solo dopo, negli anni. È il modo in cui ci restituisce il dramma della condizione umana e il significato spirituale della vita», ha rivelato Scorsese. “Silence”, sceneggiato dallo stesso Scorsese con Jay Cocks, scene e costumi di Dante Ferretti, è un omaggio del regista al cinema di Kurosawa. Nella discussa pellicola “L’ultima tentazione di Cristo”,(1988) , il grande cineasta americano esplorava il dissidio tra tentazione della carne e fede, Il nuovo film di Scorsese la cui anteprima si è tenuta lo scorso novembre in Vaticano davanti a un pubblico ristretto di 400 padri gesuiti con il benestare di Padre James J. Martin, editore della rivista gesuita “America”, che ha collaborato come consulente, si sofferma sul silenzio di Dio di fronte alle umane sofferenze. Scorsese è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco, il quale pur non avendo visto il film ha detto «di sperare porti aiuto e sia di aiuto a chi soffre per la fede».

Film intenso, attualissimo, che tocca le corde dell’integralismo religioso, a volte un po’ lento (due ore e quaranta minuti di durata), al cui centro vi è il confronto tra Padre Rodriguez e il crudele inquisitore dagli occhi a mandorla che tortura e uccide i cristiani giapponesi per indurli all’apostasia. “Silence” pone allo spettatore la seguente domanda: è lecito rinnegare la propria fede pur di salvare delle vite umane? «Non sappiamo in che cosa il padre Ferreira storico abbia o non abbia creduto, ma nel romanzo di Endo sembrerebbe che avesse effettivamente perso la fede. Forse un altro modo di vedere le cose è che non riusciva a superare la vergogna di aver rinunciato alla propria fede, anche se lo ha fatto per salvare vite umane. Rodrigues, d’altra parte, è uno che rinnega la sua fede e, più tardi, la riacquista. Questo è il paradosso. Per dirla semplicemente, Rodrigues sente Gesù che gli parla, Ferreira invece no, ed è questa la differenza» ha dichiarato Martin Scorsese durante un’intervista esclusiva concessa a Padre Antonio Spadaro, direttore di “La Civiltà Cattolica”.