Se ogni generazione esprime lo spirito del tempo per i costumi di carnevale, oggi ci troviamo di fronte a scelte decisamente originali. Una volta gli eroi erano pochi e i costumi di carnevale riflettevano il carattere prima che la moda. Tralasciando i bimbi piccolissimi, per lo più con abiti da coccinelle o da api confezionati in famiglia da mani valenti, è dai 4 anni che si rivendicava a pieno strepito il diritto di assomigliare a qualcuno. Notevolmente gettonato nelle scelte dei bambini (avallate dai genitori) era Zorro, seguito da Pierrot e Arlecchino (scelti dai genitori e basta), cowboy a profusione, diversi indiani e qualche pirata. Discorso a parte per le cento sfumature pastello di fatine/principesse, in fondo indistinguibili perché bastava cambiare gli accessori e il vestito andava bene lo stesso: è noto che la differenza tra uno scettro e una bacchetta passa per il puntale. Negli anni ha guadagnato posizioni l’Uomo ragno, mentre Batman è rimasto più di nicchia. E parliamo degli “evergreen”, perché se si aprisse il vaso di Pandora degli eroi stagionali avremmo un profluvio di Tartarughe ninja e di Super Sayan, oltre all’infinito e inesauribile assortimento di personaggi Disney.
Per molti di noi il carnevale, con le piccole feste organizzate a casa di chi aveva il soggiorno più grande o con il “carnevale dei bambini” a cura del Comune, era la prima occasione in cui le femmine potevano esibire trucco e parrucco (nel vero senso della parola) e i maschi ingaggiare tra loro battaglie senza quartiere a base di coriandoli scagliati a volte senza aprire il pugno. Da questi eventi normalmente si tornava con un febbrone da cavallo, perché essendo febbraio mese notoriamente freddo, le mamme si premuravano di imbottirci preventivamente sotto il costume. Il duplice risultato erano graziose mascherine innaturalmente farcite e bambini oltremodo sudati ed esposti a correnti d’aria gelate. Che uno pensava che l’anno dopo mamma avrebbe capito e ci avrebbe messo piuttosto due paletot, ma sopra. E invece invariabilmente il carnevale successivo si replicava il giro dell’oca.
Ogni generazione ha i suoi punti di riferimento ed è evidente che la televisione gioca un ruolo sempre più pressante nelle opzioni disponibili. Allo stesso modo, se per molte infanzie il costume di carnevale era qualcosa da andare a scegliere in un grande magazzino dal reparto apposito, oggi con due clic è possibile farsi recapitare a casa qualunque cosa. Le possibilità sono inenarrabili e sottoposte solo al giudizio del buon gusto, ormai soggettivo, ma rivendico che il bimbo zombie continua a farmi un po’ senso. Insomma, tecnicamente sarebbe un bambino morto, per dire. Non mi sembra così giocoso.
E mentre la Rete pullula di molteplici tutorial per un fai-da-te che coniughi portafoglio e originalità, a vedere le fotografie che in questi giorni popolano i social si direbbe che i bimbi di oggi siano precocemente adultizzati. Oppure che i genitori ne facciano vittime inconsapevoli di concorsi interni su Instagram. La voglia di stupire e di presentare qualcosa di unico spinge l’eccentrico a confini surreali. Voglio conoscere i due innocenti che davvero hanno implorato i genitori di travestirli da Maria De Filippi e Maurizio Costanzo, somigliantissimi peraltro. Oppure la bambina immortalata serissima in azzurro polvere, perle, cappellino e borsetta: una perfetta “mini me” della regina Elisabetta d’Inghilterra. La creatività partenopea vince a mani basse questa bislacca classifica, esibendo una carrellata di bambini che ripropongono fedelmente tutte le professioni e i personaggi possibili, in una sorta di presepe spensierato che si riversa nelle strade. Immancabile (e lo aspettiamo sotto forma di statuina a Natale) il dominatore di Sanremo: ecco il mini Gabbani con compagno gorilla. Trionfatore incontrastato sul web è però il bimbo sulla micro car bianca vestito da Papa, con annesse guardie di sicurezza mignon che lo scortano compunti, pettinati con la riga e muniti di cartellini identificativi. Omaggio a Francesco o faciloneria? Intanto prendiamolo come un buon augurio per il bambino in bianco che, peraltro, la Papamobile se la guida da solo.